L’avvocato ha diritto all’onorario nonostante la nullità della procura alle liti. Tale diritto si basa sulla natura del contratto di patrocinio, che può essere ricondotto alla categoria del mandato, mentre la procura alle liti si occupa principalmente degli aspetti procedimentali legati alla nomina dell’avvocato. Questo è quanto ha stabilito la Cassazione nell’ordinanza n. 28204/2023, ribaltando la decisione del Tribunale di Perugia.

La vicenda

Il caso affrontato coinvolge un cliente che aveva sollevato opposizione a un decreto ingiuntivo notificato dal suo avvocato nel quale richiedeva il pagamento dei compensi per l'attività professionale svolta nel giudizio di separazione e per la redazione di un parere stragiudiziale.

Tuttavia, durante il corso dell'opposizione, sono emerse due questioni cruciali. In primo luogo, si è scoperto che l'avvocato era stato nominato difensore solo in corso di causa, sostituendo difensori precedenti che avevano sostenuto la parte in giudizio fino al deposito delle memorie. Questo fatto aveva posto in discussione il diritto dell'avvocato successivo a richiedere un compenso. In secondo luogo, è stata avanzata l'argomentazione sulla nullità della procura alle liti, poiché questa non era stata redatta a margine o in calce a un atto processuale.

Inizialmente, il Tribunale di Perugia aveva rimesso gli atti al Presidente del Tribunale, e successivamente aveva emesso un'altra ordinanza, dichiarando la tardività dell'opposizione al decreto ingiuntivo poiché non era stata presentata entro i termini previsti. La confusione generata da un cambio nella giurisprudenza relativa alle procedure relative ai compensi giudiziali civili aveva contribuito a questa decisione.

Tuttavia, l'avvocato ha deciso di non accettare questa conclusione e ha presentato un ricorso per Cassazione, sostenendo che l'ordinanza del Tribunale aveva erroneamente dichiarato tardiva l'opposizione, nonostante questa fosse stata notificata tempestivamente.

Il ricorso presentato ha messo in luce due punti chiave. In primo luogo, l'avvocato ha contestato la decisione del Tribunale di dichiarare nulla la procura alle liti. In secondo luogo, ha sostenuto che il contratto di patrocinio tra l'avvocato e il cliente era valido, legittimando così il diritto all'adeguato compenso.

La decisione della Cassazione

Dopo un esame attento dei motivi del ricorso, la Corte Suprema ha rovesciato la decisione del Tribunale, evidenziando la fondamentale distinzione tra la procura alle liti e il contratto di patrocinio. La procura alle liti rappresenta un atto unilaterale che investe il difensore del potere di rappresentare una delle parti in giudizio, mentre il contratto di patrocinio costituisce un accordo bilaterale in cui l'avvocato è incaricato di svolgere la sua opera professionale a vantaggio del cliente.

Il collegio di legittimità ha precisato che, per la conclusione del contratto di patrocinio, il rilascio della procura alle liti non è un requisito indispensabile. Quest'ultima è richiesta solo per lo svolgimento dell'attività processuale. Nel caso in questione, è emerso chiaramente che l'incarico per la difesa era stato conferito e che l'attività in giudizio era stata svolta. Di conseguenza, la ritualità della procura non doveva influire sul diritto dell'avvocato a ricevere il compenso.