La giunta dell’Unione delle Camere penali italiane ha proclamato lo stato di agitazione esprimendo la propria «contrarietà» alle norme contenute nel “pacchetto” sicurezza approvato dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana.

La Giunta dell’Ucpi chiede anche di poter incontrare il ministro della Giustizia Carlo Nordio, anche per «trattare i temi più urgenti attinenti agli interventi correttivi in materia di processo penale», riservandosi «ogni ulteriore iniziativa».
I penalisti rilevano che «con l’ennesimo pacchetto sicurezza approvato dal governo si prosegue nella introduzione di nuove fattispecie di reato, nell’inasprimento delle pene per i reati già esistenti, nella previsione di vincoli nel giudizio sul bilanciamento delle aggravanti, nell’estensione del catalogo dei reati ostativi previsti dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario e della limitazione dei benefici penitenziari». Inoltre, con lo schema di decreto legislativo che «dovrebbe attuare le misure correttive alla riforma Cartabia» sul processo penale «non si recepisce - osserva la Giunta Ucpi - alcuna delle numerose proposte di modificazione già da tempo formulate in modo puntuale dall’avvocatura penale, neppure l’abrogazione dei commi 1 ter e 1 quater dell’articolo 581 cpp, rispetto alla quale il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva assunto in più occasioni un preciso impegno, con un chiaro e deplorevole intento deflattivo in danno delle categorie di soggetti più deboli sottoposti a procedimento penale che, spesso privi di stabile domicilio e assistite da un difensore d’ufficio, sono poste nella condizione di non potere accedere ai successivi gradi di giudizio».

Per i penalisti «affidare al sistema repressivo penale la soluzione di ogni situazione di conflitto sociale, anziché percorrere la strada dell’incremento degli strumenti di prevenzione e della riduzione delle cause di disagio sociale che generano quei fenomeni criminali, finisce con l’alimentare una irrazionale domanda di punizione e con l’incrementare un sistema carcerocentrico produttivo di sovraffollamento e di inaccettabili condizioni di vita, incompatibili con ogni forma di rieducazione, a loro volta causa dell’aumento del fenomeno della recidiva».
Nella delibera della giunta dell’Ucpi si sottolinea come di «particolare gravità risulta essere la cancellazione del differimento obbligatorio della pena per le donne incinte o madri di prole in tenera età e la previsione di detenzione delle stesse negli istituti a custodia attenuata per detenute madri, luoghi evidentemente incapaci di gestire le più elementari urgenze sanitarie, la cui limitatissima presenza sul territorio (4 in tutta Italia), rischia di confinare dietro le sbarre ordinarie dei penitenziari femminili le madri ed i loro neonati, detenuti senza colpa, quando invece si sarebbe dovuto proseguire nel solco della proposta di legge, presentata nella scorsa legislatura, tesa ad istituire in ogni regione case-famiglia per madri detenute e bambini e in questa direzione avrebbe dovuto muoversi l’azione del governo».
I penalisti sottolineano che «il contenuto del pacchetto sicurezza, lungi dal porsi in sintonia con un programma di riforma della giustizia in senso liberale, rivela una matrice securitaria sostanzialmente populista e profondamente illiberale caratterizzata da un irragionevole rigore punitivo nei confronti dei fenomeni devianti meno gravi ed ai danni dei soggetti più deboli, caratterizzandosi per l’introduzione di una iniqua scala valoriale, in relazione alla quale taluni beni risultano meritevoli di maggior tutela rispetto ad altri di eguale natura, in violazione del principio di eguaglianza e di proporzionalità».