La visione distorta di chi non ha ben presente il diritto inviolabile della difesa sfocia spesso nell’associare l’avvocato al suo assistito. Da qui derivano pure gli attacchi degli haters sui social. Nei casi più gravi si arriva all’invio di lettere di minaccia. Lo sa bene Massimiliano Orrù, penalista di Rimini, difensore di fiducia del cittadino di origine albanese Klajdi Mjeshtri, accusato dell’omicidio di Giuseppe Tucci. Il vigile del fuoco foggiano è deceduto lo scorso 11 giugno a seguito di una lite con Mjeshtri, buttafuori di un noto locale di Rimini. In una lettera minatoria inviata ad alcune testate giornalistiche si preannunciano ritorsioni nei confronti dei proprietari del locale in cui è avvenuta la lite, che ha poi portato alla morte di Tucci, e, seppur non si indichi espressamente il nome dell’avvocato Orrù, un passaggio è a dir poco farneticante in merito alla difesa di Mjeshtri: «E che nessun avvocato provi a difenderlo perché saranno guai anche per lui».

«Questo episodio – dice al Dubbio Massimiliano Orrù – mi ha lasciato indifferente, avendo una famiglia sono però preoccupato più per i miei familiari che per me. Se ogni avvocato dovesse prendere in considerazione una lettera come quella che è stata fatta recapitare nei giorni scorsi ad alcuni giornali, non farebbe più il proprio lavoro. Si tratta, comunque, come è stato rilevato da più parti, di una lettera scritta molto bene. Non è il frutto dell’elaborazione di uno sprovveduto o di un disgraziato che dà sfogo ad una serie di pensieri. Io, comunque, sto mantenendo un profilo molto basso anche per spersonalizzare al massimo la vicenda e per la delicatezza dei fatti che si sono verificati. Equiparare l’avvocato all’assistito è una distorsione. Sono sereno e non ho nessuna intenzione di rinunciare alla difesa, che reputo un diritto sacrosanto». A questo punto il penalista riminese si sofferma sul ruolo di chi indossa la toga: «Quando mi viene rivolta la fatidica domanda, “come fai a difendere un assassino?”, emerge con chiarezza che tante volte non c’è affatto la cognizione sul nostro delicato lavoro, senza prendere in considerazione i fatti che vanno sempre interpretati da un punto di vista tecnico-giuridico».

Massimiliano Orrù fa pure un ragionamento di più largo respiro e riflette sul momento che sta affrontando tutta l’avvocatura. «Una parte di responsabilità – commenta – è da attribuire a noi avvocati stessi. Spesso ci delegittimiamo a vicenda. Ormai non c’è più rispetto nei confronti della categoria. Alcune volte sembra quasi che si gioisca quando ad un collega non va bene una cosa. Il senso di appartenenza alla categoria sembra essere smarrito. Prima di essere dei professionisti, siamo persone e purtroppo ci sono alcune mele marce come in tutti i settori. E queste mele marce vanno a delegittimare la categoria. Oggi il cliente si sente quasi autorizzato a trattare a pesci in faccia l’avvocato. Cosa che una volta non succedeva. Il cliente si rivolge all’avvocato per risolvere determinati problemi, se poi non li risolve il bersaglio diventa il proprio avvocato».

Il Coa di Rimini è intervenuto prontamente per dimostrare vicinanza e solidarietà nei confronti di Orrù. Garantire il diritto di difesa distingue uno Stato di diritto da uno “Stato barbaro”. «È ormai una triste consuetudine – sottolinea il presidente degli avvocati riminesi Roberto Brancaleoni - che, in occasione di ogni fatto di sangue, si scatenino puntualmente delle violentissime campagne d'odio, non soltanto nei confronti di coloro che sono accusati del reato, ma anche dei loro difensori. Ciò che differenzia uno Stato civile da uno Stato barbaro è proprio l'inderogabilità del diritto di difesa: chiunque sia accusato di qualsiasi reato, anche il più grave, per essere punito deve prima avere un processo giusto con un difensore che lo assista, perché il suo diritto di difesa sia garantito».

Il presidente Brancaleoni si sofferma sul ruolo del difensore con alcuni riferimenti ad episodi del passato, senza tralasciare l’importanza della difesa anche per l’autore delle minacce contenute nella lettera inviata alla stampa. «L’avvocato – afferma - svolge una funzione voluta dalla nostra Costituzione come sacra, non può e non deve mai essere assimilato al suo assistito, così come non vi è alcuna differenza tra l'avvocato che assiste l'imputato e l'avvocato che assiste le persone offese. Non è un caso che ci siano stati avvocati uccisi dagli stessi terroristi che erano chiamati a difendere d'ufficio, perché per un terrorista riconoscere il difensore significa riconoscere l'esistenza di uno Stato di diritto. La frase "che nessun avvocato provi a difenderlo perché saranno guai anche per lui" è vile e inaccettabile. L'Ordine degli avvocati di Rimini auspica che l'autore di queste minacce sia individuato e, ovviamente, assistito da un difensore in un giusto processo, equamente punito. Manifesta tutta la possibile solidarietà al difensore minacciato, così come manifesta assoluta vicinanza per il dolore dei famigliari della vittima del reato oggetto del giudizio».