La Corte di Cassazione è tornata sui suoi passi, correggendo d’ufficio con un procedimento d’urgenza una sua precedente ordinanza in tema di notifiche a mezzo pec. L’ordinanza “rettificata” affermava con un obiter dictum il principio di diritto secondo il quale solo l’indirizzo tratto dal Registro generale degli Indirizzi elettronici ( Reginde) sarebbe idoneo a produrre effetti, considerando invece nulle le notifiche effettuate ad un indirizzo tratto da Ini- pec ( Indice nazionale degli indirizzi di posta certificata).

Con l’ordinanza numero 29749 del 2019, i giudici della Suprema Corte hanno riconosciuto espressamente l’errore materiale contenuto nell’ordinanza, disponendone la correzione e ristabilendo la regola di diritti secondo la quale gli indirizzi pec sono estraibili da entrambi i registri pubblici, considerato anche che il registro “Reginde” contiene solo gli indirizzi dei professionisti, mentre quello “Ini- pec” ha portata più vasta, contenendo anche quelli delle aziende e società. Non solo, con la stessa ordinanza la Cassazione ha anche preannunciato che è in corso un procedimento identico di correzione di errore materiale anche per la sentenza 3709/ 2019, che per prima aveva affermato l’inadeguatezza delle notifiche a mezzo pec con indirizzo tratto dal registro pubblico Ini- pec. In questo modo, dunque, i giudici puntano a porre uno stop definitivo alla perpetrazione in via giurisprudenziale di questo orientamento errato.

Il tema era stato portato all’attenzione del primo presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Mammone, da parte del Cnf con una nota, nella quale si sottolineava che «il registro Ini- pec è stato istituito dall’art. 5 del dl 179/ 12 ed è regolato dall’articolo 6- bis del Codice dell’Amministrazione digitale, che lo qualifica espressamente come pubblico elenco. Tale qualificazione gli è attribuita anche dall’art. 16- ter dl 179/ 12, agli specifici fini della notificazione e comunicazione degli atti in material civile, penale amministrativa e stragiudiziale». Il Cnf, inoltre, prospettava al presidente della Corte le conseguenze «preoccupanti» di una giurisprudenza di cassazione che erroneamente escludesse dai registri pubblici l’Ini- pec, «perchè verrebbero messe in discussione centinaia di migliaia di notifiche già effettuate e con esse i diritti dei cittadini».

La Cassazione, dunque, ha riconosciuto la condivisibilità della tesi prospettata dal Cnf, correggendo d’urgenza una sua stessa ordinanza proprio per «evitare che detto principio venga inteso come espressione di un effettivo convincimento esegetico della Corte nei termini in cui figura letteralmente espresso».