Il progetto Polis, che vede impegnato il ministero della Giustizia con Poste italiane e il ministero delle Imprese e del Made in Italy, suscita aspre critiche nell’avvocatura. Neanche una settimana fa (si veda Il Dubbio dell’ 8 aprile) è partita la sperimentazione negli uffici postali di 8 Comuni, dove è possibile attivare alcuni servizi riguardanti la volontaria giurisdizione. In particoilare si potranno proporre ricorso per l’istituzione dell’amministratore di sostegno e inoltrare il rendiconto dello stato patrimoniale della persona sottoposta ad amministrazione di sostegno o a tutela.

L’Organismo congressuale forense, non senza un pizzico di ironia, parla di “giustizia postale” e teme che possano essere sacrificati i diritti dei cittadini con un conseguente svilimento del lavoro degli avvocati.

«L’Organismo Congressuale Forense – evidenzia il coordinatore Mario Scialla –, pur accogliendo con favore qualsiasi iniziativa volta a supportare le richieste dei cittadini con canali di comunicazione più agevoli, non può che esprimere grande preoccupazione in ordine alla prospettata apertura di sportelli giudiziari direttamente negli uffici postali: tale decisione, infatti, è stata adottata in assenza del necessario confronto con l’avvocatura, soggetto rilevante della giurisdizione, e si sta risolvendo in un vano tentativo di colmare le significative criticità preesistenti, divenute dirompenti a seguito della prima riforma della geografia giudiziaria».

Secondo l’Ocf, si sta cercando di «compensare i territori privati dei presìdi giudiziari con fantomatici sportelli di prossimità, definiti dalla politica “l’ultima frontiera” del sistema giudiziario». «Già qualche anno fa – aggiunge Scialla –, il ministero aveva varato l’istituzione, presso i Comuni, degli sportelli di prossimità, mai concretamente decollati, che avrebbero anche la funzione di offrire servizi, consulenze, con l’ausilio di personale dello stesso Ente, nella delicata materia della volontaria giurisdizione.

Ocf ritiene che detti sportelli dovrebbero limitarsi al più al rilascio di certificati o all’inoltro di istanze per la sola nomina di amministratori di sostegno, procedimenti nei quali, purtroppo, non è ritenuta necessaria la difesa tecnica, nonostante la giurisprudenza di legittimità sia di contrario avviso».

Molto critico anche l’Ordine degli avvocati di Roma, che invita il guardasigilli a rivedere l’intero progetto Polis, tenendo conto del ruolo fondamentale degli avvocati. «Va benissimo – commenta il presidente del Coa capitolino, Paolo Nesta – la giustizia di prossimità e il fatto di semplificare la vita ai cittadini, permettendo di ottenere ad esempio dei certificati con rapidità. Nelle realtà più piccole questo sicuramente rappresenta un vantaggio.

Quello che ci lascia perplessi invece è quella parte dell’accordo che prevede la possibilità di chiedere la nomina di un amministratore di sostegno con un semplice modulo, come se si trattasse di acquistare dei francobolli, delle raccomandate».

A detta del presidente Nesta stiamo assistendo ad una «deriva», che sembra «ridurre via via gli spazi di assistenza tecnico- legale, quasi che l'avvocato fosse un fastidioso orpello non più necessario, mentre qui in gioco c'è il diritto dei cittadini a confrontarsi con situazioni tanto complesse conoscendo adeguatamente i propri diritti e doveri».

Il Movimento forense lamenta a propria volta il mancato coinvolgimento dell’avvocatura nel progetto Polis da parte di via Arenula. «Mentre il governo – dicono i presidenti facenti funzioni Elisa Demma e Alberto Vigani – si impegna a varare la norma sull’equo compenso, il ministero della Giustizia sottoscrive una intesa che fissa in euro 6,20 il costo per una amministrazione di sostegno, demandando a un ente, i cui dipendenti sono privi della terzietà e della formazione minima necessaria per far fronte alle necessità di soggetti deboli e bisognosi di tutela dei diritti fondamentali. Il tema non è il costo del servizio, ma quello della tutela dei più fragili, lasciati alla discrezionalità dei dipendenti di un ente».