di Martin Luther King

Lettera dal carcere di Birmingham.

Quello che pubblichiamo è un estratto della lunga lettera scritta da Martin Luther King dal carcere di Birmingham ( Alabama) dove era stato ricnhiuso al termine di una manifestazione di protesta contro la segregazione dei neri. Era l’aprile del 1963.

Sappiamo per dolorosa esperienza che l’oppressore non concede mai la libertà per decisione spontanea: sono gli oppressi che devono esigere di ottenerla.

Francamente, non mi è ancora accaduto di intraprendere una campagna di azione diretta che apparisse ' tempestiva' agli occhi di quanti non hanno subito indebite sofferenze a causa del morbo segregazionista. Da anni sento dire la parola ' Aspettate! ', che risuona all’orecchio di ogni nero con stridente familiarità. Questo ' Aspettate' significa quasi sempre ' Mai'.

Noi dobbiamo arrivare a comprendere, insieme a uno dei nostri massimi giuristi, che ' la giustizia ottenuta troppo tardi è giustizia negata'. Noi aspettiamo da oltre 340 anni di ottenere i nostri diritti sanciti dalla Costituzione e donati da Dio.

Le nazioni asiatiche e africane si muovono con velocità supersonica verso l’indipendenza politica, mentre noi ancora ci trasciniamo, al passo di un calessino all’antica, per cercare di ottenere una tazza di caffè al banco delle tavole calde. Forse dire ' Aspettate' è facile per chi non è mai stato ferito dalle frecce aguzze della segregazione. Ma se uno vede plebaglie inferocite lasciate libere di linciare vostra madre, vostro padre, di annegare i vostri fratelli e sorelle a piacimento; se vede poliziotti pieni d’odio insultare, prendere a calci e perfino uccidere i vostri fratelli e sorelle neri; se uno vede la stragrande maggioranza dei venti milioni di suoi fratelli neri che soffocano, in una gabbia di povertà a tenuta stagna, nel bel mezzo di una società opulenta; se uno sente che la lingua s’inceppa e le parole escono in un balbettio perché bisogna cercare di spiegare alla figlia di sei anni come mai non può andare al parco pubblico di divertimenti che la televisione ha appena finito di pubblicizzare, e si accorge che le vengono le lafa crime agli occhi appena sente che la Città dei divertimenti è vietata ai bambini di colore, e vede minacciose nubi di inferiorità cominciare a formarsi nel suo piccolo cielo mentale, e la sua personalità cominciare a distorcersi nello sforzo di maturare un inconscio rancore verso i bianchi; se uno deve cercare di rispondere a un figlio di cinque anni che chiede: ' Papà, ma perché i bianchi trattano così male la gente di colore? '; se uno, quando fa un viaggio in macchina, si trova costretto una notte dopo l’altra a dormire in posizione disagiata, in un angolo dell’automobile, perché non lo accettano in nessun motel; se tutti i giorni, immancabilmente, uno vive incalzato da umilianti cartelli su cui sta scritto ' bianchi' e ' di colore'; se il suo nome di battesimo diventa ' negraccio', il secondo nome ' ragazzo' ( qualunque sia la sua età) e il cognome diventa ' John', e se per sua moglie o sua madre nessuno usa mai il titolo di cortesia di ' signora Taldeitali'; se il fatto di essere un nero lo tormenta di giorno e l’ossessiona di notte, lo costringe a vivere sempre in punta di piedi, senza sapere che cosa può capitare da un momento all’altro, se lo sentire angustiato da ogni sorta di paure interiori e da ogni sorta di risentimento verso l’esterno; se uno non può mai smettere di lottare contro la corrosiva sensazione di ' non essere nessuno'... se tutte queste cose accadessero a voi, capireste perché per noi è difficile aspettare.

Arriva il momento in cui la coppa della sopportazione trabocca, e gli uomini non accettano più di sprofondare nell’abisso della disperazione. Spero, signori, che possiate comprendere la nostra legittima e inevitabile impazienza. Sembrate molto in ansia per la nostra dichiarazione di disponibilità a violare la legge. Si tratta senza dubbio di una preoccupazione legittima. Dal momento che con tanta diligenza noi insistiamo perché sia osservata la sentenza emanata nel 1954 dalla Corte suprema, in base alla quale il regime segregazionista è bandito dalle scuole pubbliche, potrebbe in effetti apparire un paradosso che noi stessi, consapevolmente, ci disponiamo a violare le leggi. Si potrebbe chiedere: ' Come potete propugnare la violazione di alcune leggi e l’osservanza di altre? '.

Ora una simile posizione viene definita estremista. Ma sebbene sul momento mi disturbasse essere messo nel novero degli estremisti, continuando a riflettere sull’argomento sono arrivato pian piano a ricavare una certa soddisfazione da questa etichetta. Gesù non era forse un estremista dell’amore? ' Amate i vostri nemici, fate bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi calunniano e vi perseguitano' [ Lc, 6, 27? 28]. Amos non era forse un estremista della giustizia? ' Il diritto abbia il suo corso come l’acqua, e la giustizia come un fiume perenne' [ Am, 5, 24]. Paolo non era forse un estremista del vangelo cristiano? ' Io porto nel mio corpo le impronte di Gesù' [ Gal, 6, 171]. Martin Lutero non era forse un estremista? ' Qui sto e non posso altrimenti, che Dio mi aiuti'. E John Bunyan: ' Preferisco restare in prigione fino alla fine dei miei giorni piuttosto che fare scempio della mia coscienza'. E Abraham Lincoln: ' Questa nazione non può sopravvivere schiava per metà e libera per metà'. E Thomas Jefferson: ' Noi riteniamo queste verità essere evidenti di per sè: che tutti gli uomini sono creati uguali... '.

Perciò non si tratta tanto di sapere se siamo estremisti o no, ma piuttosto quale tipo di estremisti siamo. Siamo estremisti dell’odio o dell’amore? Siamo estremisti nel difendere l’ingiustizia o nell’estendere l’ambito della giustizia? Nella drammatica scena del calvario ci sono tre uomini crocefissi. Non dobbiamo mai dimenticare che tutti e tre sono stati crocefissi per lo stesso delitto, un delitto di estremismo: due erano estremisti dell’immoralità, e quindi sono caduti al di sotto del loro 7 ambiente; il terzo, Gesù Cristo, era un estremista dell’amore, della verità, della bontà, e in virtù di questo si è innalzato al di sopra del suo ambiente. Forse gli stati del Sud, la nazione e il mondo hanno un estremo bisogno di estremisti creativi.

Ho viaggiato in lungo e in largo in Alabama, nel Mississippi e in tutti gli altri stati del Sud. Nelle afose giornate estive e nelle frizzanti mattinate autunnali ho guardato le bellissime chiese del Sud, con le loro alte guglie puntate verso il cielo. Ho osservato il profilo imponente degli edifici dove si attua l’educazione religiosa. Mi sono sorpreso più e più volte a pensare: ' Di che genere sono le persone che pregano qui? Chi è il loro Dio? Dov’era la loro voce quando dalle labbra del governatore Barnett scaturivano parole di compromesso interlocutorio e di nullification? Dov’erano, quando il governatore Wallace faceva risuonare una fanfara di sfida e di odio? Dov’erano le loro voci a sostegno quando uomini e donne neri, feriti e stanchi, hanno deciso di sollevarsi dalle buie segrete dell’autocompiacimento fino ai monti luminosi della protesta creativa? '.

Sì, questi interrogativi sono ancora nella mia mente. Profondamente deluso, ho pianto per la negligenza della chiesa. Ma siate certi che le mie lacrime erano lacrime d’amore. Non può esserci una profonda delusione se non dove c’è un profondo amore. Sì, io amo la chiesa. Come potrei non amarla? Mi trovo in una situazione unica: sono il figlio, il nipote e il pronipote di pastori. Sì, vedo la chiesa come il corpo di Cristo. Ma, ahimè, di quanti sfregi e cicatrici abbiamo coperto questo corpo per negligenza verso la società e per la paura di apparire non conformisti!

C’è stato un tempo in cui la chiesa era molto potente: il tempo in cui i primi cristiani si rallegravano per essere considerati degni di soffrire per quello in cui credevano. Allora la chiesa non era un semplice termometro che misurava le idee e i principi dell’opinione pubblica: era un termostato, che trasformava il costume della società. Quando i primi cristiani entravano in una città, le autorità si allarmavano e subito cercavano di imprigionare i cristiani perché ' disturbavano l’ordine pubblico' ed erano ' agitatori venuti da fuori'. Ma i cristiani non cedettero, convinti di essere ' una colonia del cielo', chiamati a obbedire a Dio e non agli uomini.

Erano un piccolo numero, ma la loro dedizione era grande. Erano troppo inebriati di Dio per cedere a ' intimidazioni spaventose'. Con il loro impegno e il loro esempio misero fine a mali antichi, come l’infanticidio e le lotte fra i gladiatori. Oggi la situazione è diversa. Troppo spesso la chiesa di oggi è una voce inefficace, debole, dal suono incerto. Troppo spesso è la prima a difendere lo status quo. Per lo più, la struttura di potere di una comunità non è affatto allarmata dalla presenza della chiesa, anzi è confortata dalla silenziosa - e spesso perfino stentorea approvazione dello status quo da parte della chiesa stessa. Ma sulla chiesa incombe il giudizio di Dio, come non era mai accaduto prima. Se la chiesa di oggi non recupera lo spirito di sacrificio della comunità ecclesiale dei primi tempi, perderà la sua autenticità, renderà vana la fedeltà di milioni di aderenti, e sarà messa da parte come una associazione qualunque, priva di qualsiasi senso per il XX secolo.

Tutti i giorni incontro dei giovani in cui la delusione nei confronti della chiesa si è trasformata in vera e propria avversione. Forse sono ancora una volta troppo ottimista. Forse la religione organizzata è legata allo status quo da nodi talmente inestricabili da non essere in grado di salvare la nazione e il mondo intero?

Forse devo rivolgere la mia fede alla chiesa interiore e spirituale, la chiesa all’interno della chiesa, come vera ecclesia e speranza del mondo. Ma anche qui, sono grato a Dio che nelle file della religione organizzata alcune anime nobili si siano liberate dalle catene paralizzanti del conformismo e si siano unite a noi per prendere parte attiva alla lotta per la libertà. Hanno lasciato la sicurezza delle loro congregazioni e insieme a noi hanno percorso le strade di Albany in Georgia. Hanno viaggiato per le autostrade del Sud nei tortuosi percorsi dei ' viaggi della libertà'. Sì, sono andati in prigione con noi. Alcuni sono stati espulsi dalle loro chiese, hanno perduto il sostegno dei loro vescovi e confratelli ecclesiastici. Ma hanno agito sostenuti da una fede assoluta: che la giusta ragione, anche quando viene sconfitta, è più forte del male trionfante. La loro testimonianza è stata il sale dello spirito che in questi tempi tumultuosi ha preservato intatto il significato autentico del vangelo. Sono riusciti a scavare una galleria di speranza nella montagna tenebrosa della delusione.

Io spero che la chiesa nel suo insieme raccoglierà la sfida di quest’ora decisiva. Ma anche se la chiesa non dovesse venire in aiuto della giustizia, non dispero del futuro. Non ho timore circa l’esito della nostra lotta a Birmingham, anche se per ora le nostre motivazioni rimangono incomprese. Raggiungeremo il traguardo della libertà, a Birmingham e in tutta la nazione, perché la libertà è l’obiettivo dell’America.

Per quanto maltrattati e vilipesi, il nostro destino è legato a quello dell’America. Prima che i pellegrini sbarcassero a Plymouth, noi eravamo qui. Prima che la penna di Jefferson vergasse le solenni parole della Dichiarazione d’indipendenza sulle pagine della storia, noi eravamo qui. Per oltre due secoli i nostri antenati hanno lavorato in questo paese senza ricevere compenso; hanno fatto del cotone una ricchezza; hanno costruito le case dei loro padroni mentre pativano macroscopiche ingiustizie e vergognose umiliazioni: e tuttavia, grazie a una inesauribile vitalità, hanno continuato a crescere e a svilupparsi.

Se le crudeltà inaudite della schiavitù non sono riuscite a fermarci, l’opposizione con cui oggi abbiamo a che fare dovrà senza dubbio fallire. Noi conquisteremo la nostra libertà, perché nelle nostre reiterate richieste si incarnano il sacro retaggio della nostra nazione e l’eterna volontà di Dio.

Se in questa lettera ho detto qualcosa che dipinge la verità in colori troppo accesi e indica impazienza irragionevole, vi prego di perdonarmi. Se ho detto qualcosa che dipinge la verità in colori troppo smorti e indica che la mia capacità di pazientare mi permette di accettare qualcosa di meno della fraternità, prego Dio di perdonarmi.