L’ Università della Calabria, a Rende (Cs), è stata la sede scelta dagli avvocati civilisti italiani per la nona assemblea nazionale dell’Unione delle Camere civili, presieduta dal presidente Antonio de Notaristefani. I civilisti riunitisi in assemblea si chiedono oggi quale sia la funzione dell’avvocato alla luce delle tante norme che nel corso del tempo hanno stravolto il settore civile. Tre elementi su cui interrogarsi: la tutela dei diritti, gli obblighi di solidarietà e le ragioni di efficienza. Ad aprire i lavori l’Inno d’Italia suonato dal primo reggimento “Bersaglieri” di Cosenza. La presidente della Camera Civile di Cosenza Tiziana Broccolo ha ringraziato l’Unione nazionale per aver scelto la sede cosentina.

Tra gli interventi di saluto anche quello del magistrato Gabriella Reillo, presidente facente funzioni della Corte d’Appello di Catanzaro: «Nel settore civile c’è sempre più necessità di confronto, visto che è il cuore nella gestione dei rapporti tra l’autorità giudiziaria e l’avvocatura in difesa dei cittadini onesti. Oggi purtroppo il legislatore produce norme che sono astratte e scollegate con la realtà dei nostri uffici giudiziaria». Reillo ha bocciato la riforma Cartabia: «Non si abbreviano i processi abbreviando i termini. Si rende un servizio migliore al cittadino con maggiori risorse. Basti pensare che in Italia ci sono 7.500 magistrati per 60 milioni di persone, mentre in Germania sono 18mila i colleghi che lavorano nella giurisdizione». Non poteva mancare una battuta sul Pnrr: «Alcune novità sono state introdotte senza che gli attori principali, avvocatura e magistratura, partecipassero alla discussione, vedi gli addetti all’ufficio del processo, che sono risorse positive e preziose che andrebbero calibrate nel verso giusto per ottenere i risultati sperati».

Prima della relazione introduttiva del presidente de Notaristefani, la platea presente ha ascoltato le parole del presidente dell’Ordine degli avvocati di Cosenza, Ornella Nucci, la quale ritiene che «l’avvocatura» sia «sempre più sola e quando non si sente la voce degli avvocati, questo causa un grave danno al corretto funzionamento della giustizia». Atteso infine il saluto del presidente dell’Unione delle Camere Civili. «L’Inno di Mameli ha scaldato i cuori di tutti» ha esordito l’avvocato civilista ringraziando tutti per la loro presenza a Rende nell’ambito di un tema su cui inizialmente non era d’accordo: «Quando il Consiglio dei presidenti decise di proporre questi argomenti mi sono chiesto se era il caso di parlare ancora della nostra funzione, poi ho pensato che negli ultimi tre anni il mondo è cambiato ed era giusto discutere di questo» ha aggiunto de Notaristefani che si è detto d’accordo al 90% con quanto detto dal giudice Reillo, ricordando però che la riforma Cartabia è stata scritta dai professori e dai magistrati. «L’avvocatura non c’era».

Antonio de Notaristefani ha menzionato anche la questione del Pnrr, esprimendo un giudizio critico verso l’Europa, che «oggi ordina in qualità di creditore». «Sono cambiati anche i rapporti di forza nell’individuazione degli obiettivi della giustizia civile: sotto la minaccia delle rate del Pnrr, l’Europa non dà più suggerimenti. Forse, è anche comprensibile: le cambiali che si firmano vanno pagate». Anche la professione dell’avvocato è soggetta a mutamenti. «Non dobbiamo subire supinamente ogni ingiustizia» ma valutare e accettare «la modernità e il cambiamento» senza per forza di cose intendere questi due elementi come una sorta di imposizione da parte di «corporazioni e lobby che sono riuscite ad occupare gli spazi lasciati liberi dalla politica».

Il presidente nazionale si è detto convinto che «la giustizia civile ha bisogno di maggiore efficienza», che non deve intendersi come una minaccia per avvocati e cittadini a colpi di sanzioni, intimidendo i legali «con lo spettro di dichiarazioni di inammissibilità collegate a criteri sempre più formali, sempre più evanescenti e sempre più discrezionali». Il presidente ha rivolto quindi un appello: «L’efficienza della giustizia non si persegue rendendo gli strumenti di impugnazione non più garantiti, ma tollerati, a condizione che non se ne abusi, facendo perdere troppo tempo a chi deve decidere».

Secondo de Notaristefani l’avvocato ha il dovere di farsi capire e invita i colleghi a una preparazione più moderna, «che tenga conto di una tradizione formidabile». Rispettarla «significa custodirne il fuoco, non adorarne le ceneri. Questo significa una modernità consapevole». Modernità richiamata dal presidente soprattutto nel caso di Eluana Englaro, dove sono stati analizzati gravi questioni di bioetica che hanno imposto «non solo una conoscenza del diritto positivo, ma una sensibilità sociale e una competenza di ascolto dei nuovi bisogni di cui l’avvocato deve sapersi dotare», come nel caso di chi ha difeso la povera ragazza morta nel 2009 dopo aver vissuto per 17 anni in stato vegetativo a causa di un terribile incidente stradale.