Con la rivisitazione della geografia giudiziaria di dieci anni fa il Tribunale di Avellino ha accorpato quello di Sant’Angelo dei Lombardi con il conseguente incremento degli iscritti nell’albo degli avvocati del capoluogo irpino. Attualmente i professionisti del Coa di Avellino sono 2269 (1025 donne, 1244 uomini). Dall’anno della pandemia al 2022 le cancellazioni sono però aumentate, passando da 60 a 121, con un incremento anche delle sospensioni (15 nel 2020, 37 nel 2022).

Il presidente del Coa di Avellino, Fabio Benigni, parte proprio dall’annus horribilis dell’emergenza sanitaria per inquadrare la situazione che si vive nel Foro del capoluogo irpino. Allo stesso tempo si sofferma sul quadro complessivo riguardante la professione forense.

«È innegabile – dice al Dubbio - che l'avvocatura, oramai da tempo, attraversi un momento di enorme difficoltà, determinato da una crisi economica devastante che si rivolge al mondo professionale e a quello imprenditoriale. In tale situazione ha inciso negativamente la fase emergenziale accentuando i disagi esistenti. L’avvocatura è condizionata dai cambiamenti sociali. Nell’ultimo trentennio, purtroppo, abbiamo registrato un decadimento di quei valori comportamentali che costituivano e devono costituire riferimenti imprescindibili per il cittadino ed il professionista. Ritengo che parte del sistema universitario, che rispetto al passato è cambiato sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo, non sia adeguato a garantire una formazione necessaria per esercitare la professione forense. La professione, inoltre, è cambiata anche a seguito dell’informatizzazione e dell’avvento del processo telematico».

Sulla fuga dall’avvocatura ( tema che il nostro giornale sta affrontando da oltre tre anni) il presidente Benigni non riesce ad essere molto ottimista per il futuro. «Il dato che deve indurre ad una riflessione – commenta il rappresentante delle toghe avellinesi - riguarda l'inversione di tendenza registrata negli ultimi anni e relativa al numero degli iscritti presso gli Ordini forensi. In particolare ad Avellino, in pochi anni, il numero degli avvocati si è ridotto di circa il 15%. Il numero delle cancellazioni è delle sospensioni su base annuale supera quello delle iscrizioni, nel mentre in passato il dato era completamente diverso, nel senso che il numero complessivo degli avvocati, ogni anno, aumentava di circa 80- 100 professionisti. Presumo che queste risultanze, con leggere variazioni, siano comuni a tutti gli Ordini del territorio nazionale e, probabilmente, l’unica eccezione sia rappresentata da Milano, dove il numero degli iscritti aumenta ancora, dall’anno precedente al successivo, per ragioni geografiche, sociali e soprattutto economiche». L’ingresso di tanti ex avvocati nella Pubblica amministrazione, compresi gli uffici giudiziari, segna, a detta di Fabio Benigni, un cambio di passo nella professione.

Le scelte che tante ( ex) toghe fanno sono precise e dettate da esigenze precise.

«Molti vincitori di concorso – aggiunge il presidente del Coa di Avellino -, mi riferisco sia alla funzione di cancelliere che all’Ufficio del processo, hanno già lasciato la toga. In alcuni casi, e questo è il dato preoccupante, si tratta di avvocati iscritti da diversi anni e che, comunque, hanno raggiunto un’affermazione professionale. Il dato, da un lato presenta degli aspetti positivi nel senso che chi ha svolto la professione forense e oggi si trova nelle cancellerie riesce a comprendere le difficoltà del nostro lavoro, ponendosi nel rapporto con l’avvocato in maniera collaborativa, attraverso la condivisione del problema e della soluzione da adottare; per altro verso, però, sollecita una riflessione sulla crisi dell’avvocatura».

La pandemia è un brutto ricordo e le risorse del Pnrr, destinate pure alla giustizia, non vanno considerate come la soluzione dei problemi che ogni giorno affrontano tutti i protagonisti della giurisdizione. In modo particolare gli avvocati hanno assistito a tanti cambiamenti nelle attività quotidiane. Una vera e propria “rivoluzione” in termini di organizzazione del lavoro e rapporti con i colleghi. «Non penso – riflette l’avvocato Benigni - che le somme derivanti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza possano sortire effetti positivi. Altro problema da considerare riguarda l'abuso delle modalità di gestione alternative delle udienze civili attraverso la trattazione scritta. In questo modo si incide negativamente anche su uno degli aspetti fondamentali della nostra professione e precisamente su quelle forme di interazioni tra colleghi, con i magistrati e con il personale amministrativo. A mio avviso, nonostante i tentativi valorizzati in passato, questi ultimi non hanno sortito l'effetto desiderato poiché il cittadino rinuncia difficilmente all'esercizio del potere giurisdizionale. Bisognerebbe quindi cercare di valorizzare tutti quei sistemi alternativi di risoluzione delle controversie, che possono rappresentare uno strumento per combattere la crisi dell'avvocatura».

In riferimento agli strumenti di Adr l’avvocato Benigni sottolinea «l'impegno del Consiglio nazionale forense nella creazione della Camera arbitrale nazionale e nel promuovere l'istituzione delle Camere arbitrali nei singoli Ordini». «A mio avviso – conclude il presidente del Coa di Avellino - possono costituire strumenti alternativi e credibili solo nell'ipotesi in cui siano in grado di offrire adeguate garanzie di terzietà, competenza e professionalità».