«Il riconoscimento della professionalità degli avvocati, che potranno svolgere le funzioni di curatori speciali dei minori, non è un regalo contenuto nel progetto di riforma della giustizia civile». Secondo Grazia Ofelia Cesaro, Presidente dell’Uncm (Unione nazionale camere minorili) si tratta di un traguardo meritato che richiederà per i legali massimo impegno, professionalità e conoscenze specialistiche. Avvocata Cesaro, con la riforma civile gli esperti di diritto di famiglia avranno un ruolo sempre più rilevante? Il progetto di riforma, con i lavori della Commissione Luiso, ha certo dato rilievo alla professionalità degli avvocati esperti nella materia, ad esempio arrivando ad ampliare le ipotesi nelle quali gli avvocati potranno essere nominati curatori speciali dei minori in base all’articolo 78 del Codice di procedura civile, in particolare nei procedimenti di famiglia e minorili ad alta complessità, nei quali i minori, per effetto del conflitto d’interessi con gli adulti, sono privi di un rappresentante processuale. Come ho più volte dichiarato, si tratta di un importante riconoscimento per l’avvocatura, in particolare con riferimento alla funzione sociale dell’avvocato, sentinella dei diritti fondamentali e  soggetto attivo nella tutela dei diritti all’infanzia. Ma non è un regalo. Difendere un minore è un lavoro meraviglioso ma pieno di difficoltà e insidie. Gli avvocati dovranno essere specializzati e formati a questo difficile ruolo.  Che comporta un cambiamento di prospettiva ma anche di competenze: prima fra tutti la capacità di ascolto attivo e connessione con i reali bisogni di benessere della persona, minore o adulto. La tutela dell’infanzia ha trovato una giusta considerazione nelle riforme che si stanno realizzando?  Come Unione nazionale camere minorili abbiamo valorizzato ed espresso assenso verso una riforma del processo con il rito di famiglia che mira a una miglior efficienza e riduzione dei tempi dei procedimenti  e ciò in linea con un nostro documento programmatico del 2014, intitolato «Per una separazione dei genitori a misura di minori», nel quale, ispirandoci alle linee guida del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa «Per una giustizia a misura di Minore» del 17 novembre 2010,  indicavamo  direttive di riforma. Tra queste giudizi rapidi, disclosure dei redditi, nomina del curatore speciale, mediazione, modelli standardizzati di atti per una giustizia più efficiente. Tutti aspetti toccati, con eccezione dei modelli di atti, dal progetto di riforma. I nostri modelli di atti avevano come obiettivo non solo una migliore sintesi degli atti introduttivi delle separazioni, ma anche l’obbligo per il professionista di dare tutte le informazioni necessarie sulla vita dei figli minori coinvolti.  Mi è rimasto impresso il commento di un giudice, che espresse queste parole: «Sappiamo tutto di come si sono conosciuti e nulla dei loro bambini, se non la data di nascita, a volte anche sbagliata». Sul rito minorile e ipotesi pendenza giudizi familiari e minorili  ex articolo 38  disposizioni per l’attuazione del Codice civile abbiamo invece alcune perplessità e richieste integrative che illustreremo nelle sedi competenti. Considerata, dunque, la delicatezza delle questioni da affrontare si impone per gli avvocati una sempre maggiore specializzazione, come auspica la Commissione Famiglia del Cnf? Assolutamente sì. Non è solo la delicatezza delle questioni di famiglia, ma anche il fatto che ormai nella nostra società, proiettata verso evoluzioni sempre più veloci, in ogni settore è richiesta una specializzazione. Nessuno si sognerebbe di affrontare un problema dermatologico con un oculista. Gli avvocati giovani hanno ben chiaro questo passaggio epocale della nostra professione e infatti stanno chiedendo di poter iscriversi alle Scuole di alta formazione. Uncm, per esempio, ne ha una in convenzione con l’Università di Ferrara e la Scuola superiore dell’Avvocatura. Siamo in attesa dei passaggi formali ministeriali per far partire anche nuove edizioni. Le specializzazioni dovrebbero arricchire anche il bagaglio dei magistrati con cui vi confrontate in continuazione? Certamente. La necessità della specializzazione interessa altresì il magistrato, che deve avere competenza esclusiva. Inoltre, a mio avviso, dovrebbe essere eliminato anche il limite della decennalità per i magistrati assegnati alle Sezioni che si occupano di diritto di famiglia e delle persone. Credo si possa dire vi sia ormai un buon consenso. Poco invece si parla di quanto sia importante che i Tribunali siano dotati dei necessari supporti telematici, eppure anche la pandemia ci ha insegnato quanto siano fondamentali.  I nostri Tribunali per i Minorenni non hanno il Pct. Inoltre, le banche dati dei minori coinvolti in procedimenti avanti ai Tribunali per i Minorenni e Tribunali ordinari non comunicano tra loro, e così dati importantissimi non possono essere condivisi. Ferma anche la Banca dati dei minorenni dichiarati adottabili e delle domande e disponibilità all’adozione, che aspetta di essere implementata dal dicembre 2001, secondo la legge 149/2001, così come la S.In.Ba (Sistema informativo per la cura e la protezione dei bambini e loro famiglie) per rilevazione minorenni fuori famiglia, dati utili anche per le politiche pubbliche coerenti con i dati di realtà.  Insomma, importanti investimenti in questi settori, implementando i sistemi informativi, non sono più rinviabili se si vuole davvero parlare di una giustizia al servizio delle famiglie  e dei minori. L’avvocato deve avere anche una robusta cultura extra-giuridica. È d’accordo con chi afferma questo? Dopo la laurea in giurisprudenza e una tesi  tra diritto e psicologia giuridica, oltre trent’anni fa, come una pioniera, sono stata ammessa ad una specialità di Medicina in Criminologia Clinica. È avvenuto un po’ per caso, perché volevo occuparmi di famiglia e minori, ma sentivo che mi mancavano delle basi e non capivo quali.  Sono stati tre anni di esami e studi intensi, in sociologia, psichiatria, psicologia, ma è stato un bagaglio formativo importante per la mia carriera professionale.  Oggi ogni percorso di studi in ambito di famiglia vede anche l’innesto di queste importanti scienze umane e i colleghi lo richiedono sempre più. Sottolineo che, oltre alle materie extra giuridiche, la formazione dell’avvocato di famiglia ora deve vedere tra i suoi strumenti anche la tematica dei diritti umani, e del diritto internazionale. Con coppie sempre più “miste”, o che si spostano tra Stati diversi, non è più possibile solo ragionare in termini di diritto interno.