Mentre la previdenza pubblica si trova in una situazione finanziaria sempre più difficile, quella dei professionisti presenta conti in ordine e una solida patrimonializzazione, facendone quindi unisola felice in un mare tempestoso. I dati della Banca dItalia relativa a entrate e uscite del sistema previdenziale pubblico, pubblicati nella relazione annuale del Governatore di fine maggio (tavola a11.4 dellappendice alla relazione), sono a dir poco inquietanti: a fronte di 240,4 miliardi di euro di contributi previdenziali incassati nel 2021, le prestazioni degli enti previdenziali pubblici sono stati pari a 374,5 miliardi, con un disavanzo quindi di 134 mld in un solo anno. Questo disavanzo è stato coperto dallo Stato con uniniezione di 145,2 mld, sempre solo nel 2021, considerato che vi sono altre spese per il funzionamento degli enti previdenziali (pari a 11 mld in un anno), e che i redditi di capitale degli enti previdenziali valevano appena 1,4 mld lanno. Tuttaltra situazione è quella presentata da Adepp, lassociazione che riunisce 20 casse previdenziali di altrettanti ordini professionali, che ricorda che nel 2020 (ultimo anno i cui dati sono disponibili al momento di scrivere questo articolo) i contributi incassati ammontavano a 11,2 miliardi di euro, a fronte di prestazioni pagate nel medesimo anno, pari a 7,4 miliardi, con un avanzo quindi di 3,8 mld in un solo anno.È il caso di precisare che il 2020 è stato, sul piano dei risultati, un anno analogo a quelli precedenti, essendosi registrato anche negli ultimi esercizi un sistematico avanzo di gestione per linsieme delle casse dei professionisti: +3,8 mld nel 2019, +3,7 nel 2018, +3,5 nel 2017, +3,8 nel 2016.Per contro, il disavanzo del sistema previdenziale pubblico è in crescita, come denunciano i dati della Banca dItalia per gli anni precedenti al 2021. Infatti gli enti previdenziali che entrano nel perimetro delle Pa hanno registrato, dopo il disavanzo di 134 miliardi di euro nel 2021, uno pari a quasi 150 mld nel 2020 (375,1 mld di erogazioni e 225,4 mld di contributi incassati), a 104 mld nel 2019 (341,8 mld di erogazioni e 238 mld di contributi), a 99 mld nel 2018 (328,7 mld di erogazioni e 230,3 mld di contributi), a 101 mld nel 2017 (322,6 mld di erogazioni e 221,3 mld di contributi). Unaltra differenza sostanziale tra il sistema previdenziale pubblico e quello dei professionisti è lassetto patrimoniale. Dopo la vendita dei beni immobiliari degli enti previdenziali pubblici, prevista negli ultimi anni 90, ed attuata nel primo decennio del 2000, il sistema pubblico della previdenza ha ormai un patrimonio ridottissimo, mentre le casse previdenziali che fanno parte di Adepp a fine 2020 contavano su un patrimonio che aveva superato la soglia dei 100 miliardi di euro. Per effetto degli avanzi di bilancio, e di unattenta gestione del patrimonio stesso, questultimo è andato crescendo sensibilmente negli ultimi anni, passando dagli 80 miliardi del 2016 ai 100 del 2020.Pur non essendo disponibili dati sul rendimento medio del patrimonio, ve ne sono sullasset allocation, ossia sulle modalità di investimento del patrimonio delle casse di previdenza dei professionisti.A fine 2020 il 29,9% del patrimonio delle casse risultava impiegato in fondi di investimento mobiliari (pari a 30 mld), il 20,6% in altri fondi di investimento (20,7 mld), e il 15,7% in titoli di Stato (15,7 mld). Il restante terzo del patrimonio è investito in azioni (7,1 mld), in obbligazioni (4,4 mld), in immobili direttamente posseduti (4,2 mld), in polizze assicurative (0,6 mld), in partecipazioni in società immobiliari (0,5 mld), in altre attività (8,7 mld), a cui si aggiungono gli 8,3 mld detenuti come liquidità.Questo patrimonio è gestito direttamente dalle casse dei professionisti per poco più di un terzo dellintero valore (34,7%), mentre metà del patrimonio (49,5%) è assegnato a OICR (Organismo di Investimento Collettivo del Risparmio), a OICVM (Organismo di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari), e a compagnie assicurative (che emettono le polizze assicurative). Il restante 15,8% è rappresentato da altri soggetti (intermediari specializzati) incaricati di gestire i beni in cui sono investiti i soldi degli iscritti alle casse, come è il caso degli immobili. Questa gestione felice dei patrimoni delle casse è la conseguenza, oltre che di unattenta opera dei vertici delle casse, anche del positivo andamento degli iscritti alle casse. Basta segnalare al riguardo che essi sono andati crescendo nel corso del tempo, passando dagli 1,31 milioni del 2005 agli 1,68 milioni del 2020, sebbene a partire dal 2017 (1,67 milioni) il numero si sia stabilizzato. Per contro il reddito, che è il parametro base per la quantificazione dei contributi, è rimasto abbastanza stabile, passando da una media di 34.698 euro del 2005 a una di 36.772 nel 2020, con un incremento quindi di appena 6 punti percentuali in 15 anni. A fronte di 1,68 milioni di iscritti, le casse hanno erogato nel 2020 pensioni (Ivs) ad appena 448.000 beneficiari, di cui 138.000 superstiti (ossia il coniuge delliscritto defunto).Va detto che nel 2005 i beneficiari erano molti meno, ossia 284.000, e sono andati aumentando in modo continuo in tutti gli anni successivi, con una media di circa 11.000 beneficiari in più ogni anno. Insomma, lottimo andamento delle casse dei professionisti si spiega principalmente per il notevole sbilancio numerico tra iscritti e beneficiari delle prestazioni pensionistiche, il cui rapporto è quasi 4 a 1 (ossia 3,75 iscritti ogni pensionato).Va detto che questo rapporto è molto minore a livello nazionale, se si pensa che, secondo gli ultimi dati Istat, a fronte di 23,1 milioni di occupati in Italia (a settembre 2022), ci sono 16 milioni di pensionati (fine 2020), con un rapporto di 1,4 a 1 (ossia ci sono 1,4 lavoratori ogni pensionato).Insomma per ora va tutto bene per la previdenza dei professionisti, ma con tutta probabilità bisognerà attrezzarsi quando il rapporto tra numero di iscritti e numero di beneficiari andrà riducendosi, come emerge dal trend attuale.