Una serie di interventi legislativi, non tutti coordinati fra loro, ha generato una disparità di trattamento tra soggetti appartenenti alla medesima categoria professionale, gli “avvocati iscritti all’albo da più di 5 anni”, al punto da rendere necessario o l’intervento del legislatore (con la modifica dell’art. 73, comma 11 bis del Dl 69/2013) oppure della giurisprudenza nomofilattica, vista l’errata interpretazione data, dagli Ordini, alla norma.

La legge professionale forense (legge n. 247/2012), all’art. 41, nel disciplinare le modalità di svolgimento del tirocinio, al punto 6 dispone che “il tirocinio può essere svolto: a) presso un avvocato, con anzianità di iscrizione all'albo non inferiore a cinque anni; b) presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o presso un ufficio giudiziario per non più di dodici mesi”. A sua volta, l’art. 73, comma 11 bis, del Dl 69/2013 (il cosiddetto “Decreto del fare”) afferma: “L'esito positivo dello stage, come attestato a norma del comma 11, costituisce titolo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario, a norma dell'articolo 2 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni. Costituisce altresì titolo idoneo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario lo svolgimento del tirocinio professionale per diciotto mesi presso l'Avvocatura dello Stato, sempre che sussistano i requisiti di merito di cui al comma 1 e che sia attestato l'esito positivo del tirocinio”.

Il combinato disposto delle due norme comporta che il tirocinio di preparazione che consente di sostenere l’esame di Stato per l’esercizio della professione forense può essere svolto per 18 mesi presso un avvocato iscritto all’albo da non meno di 5 anni o presso l’Avvocatura dello Stato.

Qui sorge una incomprensibile disparità di trattamento, che non incide minimamente sullo svolgimento della professione forense degli avvocati degli enti pubblici, ma dispiega effetti tragici sui giovani che alla professione forense vorrebbero avviarsi. Infatti, presso le avvocature pubbliche, i cui avvocati, si ricorda, sono iscritti agli albi territoriali (sia pure in elenchi speciali), il tirocinio è ingiustificatamente limitato a soli 12 mesi. Occorre sottolineare, peraltro, che la pratica forense può essere svolta presso l’Avvocatura dello Stato i cui componenti non sono iscritti all’albo, ovvero presso avvocati del libero foro i quali, a volte, possono essere iscritti ad albi speciali (come quello dei professori universitari). Proprio in tale caso, non risulta che gli Ordini rifiutino la pratica ai giovani che intendano svolgerla presso studi di professori universitari, i quali per l’appunto, sono iscritti negli elenchi speciali.

Tali disposizioni creano all’evidenza un’ingiustificata disparità di trattamento nei confronti degli avvocati delle avvocature pubbliche, anch’essi – come detto – iscritti ai competenti Ordini territoriali, i quali esercitano pienamente la professione, in tutti i gradi di giudizio per gli appartenenti all’albo dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori, con l’unico limite dell’esclusività del patrocinio nei confronti dell’ente di appartenenza, così come accade per gli Avvocati dello Stato, i quali però non esercitano fuori dal distretto di assegnazione.

La pratica che un giovane tirocinante svolge presso una Avvocatura, ad esempio, comunale, è a 360 gradi: una pratica di quantità e qualità giuridico-forense che non ha eguali presso alcuno studio libero professionale.

Ecco allora che l’attuale disciplina – così come interpretata – sfavorisce i giovani neolaureati che decidano di svolgere la pratica presso un’avvocatura pubblica, i quali, dopo un periodo di 12 mesi, dovrebbero individuare uno studio in cui completare il tirocinio residuo (e difficilmente uno studio legale sarà disposto ad accettare un tirocinio per un periodo temporale così ristretto).

Se, al contrario, la volontà del legislatore era quella di favorire e ampliare la possibilità di pratica per i giovani laureati, la modifica all’art. 73 è necessaria, e vuole porre fine all’attuale ingiustificata disparità, equiparando (sotto il profilo del tirocinio) gli avvocati dipendenti di enti pubblici agli altri colleghi del libero foro e a quelli dell’Avvocatura dello Stato.

Come Unione Nazionale degli Avvocati degli Enti Pubblici avevamo avanzato nella scorsa legislatura una proposta di legge, il cui tenore era il seguente: “All’art. 73, comma 11 bis, del Dl. 69/2013 (c.d. Decreto del Fare), dopo le parole “presso l’Avvocatura dello Stato” sono aggiunte le seguenti: “ovvero presso le Avvocature degli enti pubblici i cui legali siano iscritti agli albi degli ordini territoriali forensi””.

La pratica forense svolta presso un avvocato iscritto all’elenco speciale annesso all’albo da più di cinque anni è l’unico dato oggettivo cui occorre fare riferimento. Il resto sono interpretazioni disincentivanti l’avvio dei giovani alla professione.