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È iniziata oggi alla Camera la discussione generale sull’esame della proposta di legge Meloni-Morrone-Mandelli in materia di equo compenso delle prestazioni professionali. Il testo, dopo un lungo iter nelle commissioni competenti, è approdato in aula con le integrazioni e i suggerimenti giunti da tutte le forze politiche presenti in Parlamento. Nei prossimi giorni, in base alla calendarizzazione dei lavori che avverrà tra domani e l’inizio della prossima settimana, si passerà alla discussione degli articoli per poi giungere al voto finale. Sin dal primo momento il Cnf ha chiesto di moltiplicare gli sforzi per avere una legge in grado di tutelare i professionisti anche di fronte ad atteggiamenti non sempre corretti di soggetti quali banche e compagnie assicurative. Quattro anni fa l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando non rimase insensibile alle richieste dell’avvocatura e delle professioni in genere: la disciplina dell’equo compenso venne così introdotta nella scorsa legislatura per porre rimedio a situazioni di squilibrio nei rapporti contrattuali tra i professionisti e i cosiddetti “clienti forti”. Ora l’iter avviato fa ben sperare in un miglioramento della normativa. A illustrare il contenuto del provvedimento, composto da 10 articoli, a conclusione dell’esame in sede referente è stata la deputata della Lega Ingrid Bisa (Lega).Il compenso, stabilisce la legge, per essere considerato equo deve essere non solo genericamente «proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione» ma anche «conforme ai parametri per la determinazione dei compensi» previsti dall’ordine e dai collegi di appartenenza. La disciplina si applica al compenso dei professionisti in relazione alle attività che hanno ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del codice civile. Sempre secondo la normativa già in vigore da fine 2017, rientrano nella tutela le attività svolte in favore di imprese bancarie e assicurative, a cui si aggiungono tutte le imprese che nell’anno precedente all’incarico hanno occupato più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi superiori a 10 milioni di euro. Ora, il terzo comma dell’articolo 2 della nuova proposta di legge, con le modifiche apportate in commissione, estende la disciplina a pubblica amministrazione, società a partecipazione pubblica e agenti della riscossione. La tutela del professionista ha la sua essenza nell’articolo 3, che stabilisce la nullità delle clausole, tra le quali sono previste quelle che «non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera». L’articolo 4 del testo all’esame della Camera ribadisce che spetta al giudice, rilevato il carattere iniquo del compenso, rideterminarlo, condannando il committente al pagamento del dovuto. Inoltre, il giudice può «condannare il cliente al pagamento di un indennizzo in favore del professionista pari a una somma fino al doppio della differenza tra il compenso e quello originariamente pattuito». Viene istituito presso il ministero della Giustizia (articolo 10) l’Osservatorio nazionale sull’equo compenso. Tale organismo ha il compito, tra l’altro, di vigilare sul rispetto della legge, esprimere pareri o formulare proposte sugli atti normativi che intervengono sui criteri di determinazione dell’equo compenso. L’Osservatorio, nominato per tre anni con decreto del ministero della Giustizia, dovrà essere composto da un rappresentante designato dal ministero del Lavoro, un rappresentante per ciascuno dei Consigli nazionali degli Ordini interessati e due rappresentanti, designati dal ministero dello Sviluppo economico, per le associazioni professionali. «Siamo molto soddisfatti – commenta Carolina Varchi, capogruppo di FdI in commissione Giustizia alla Camera – per l’arrivo in Aula della proposta di legge a prima firma di Giorgia Meloni. Questa legge ha i requisiti per consentire maggiori tutele soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, dove c’è divario tra uomini e donne e meno possibilità di affermazione professionale per i giovani». Sulla stessa linea Marta Schifone, responsabile del dipartimento Professioni di FdI: «Si tratta di una vittoria piena per le professioni del nostro Paese: da sempre difendiamo il modello italiano, che esiste, resiste ed è basato sulla conoscenza, sulla competenza e sullo studio». Alfredo Bazoli (Pd) nel suo intervento alla Camera ha voluto ridimensionare gli entusiasmi provenienti da destra e ricordato che «l’equo compenso nel nostro ordinamento già c’è, perché lo ha introdotto, nella scorsa legislatura, l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando. Lo sanno benissimo i professionisti che dell’equo compenso di quella legge già si sono avvalsi».