La tavola rotonda dal titolo “Il rilievo costituzionale dell’avvocatura”, moderata dal presidente del Consiglio Nazionale Forense, Andrea Mascherin, si è svolta nella prima giornata del congresso catanese. Il convegno ha avuto come obiettivo quello di presentare ai congressisti il tema centrale del trentaquattresimo congresso nazionale: la costituzionalizzazione della professione forense.

MASSIMO LUCIANI

Il costituzionalista Luciani è autore materiale della proposta di costituzionalizzazione dell’avvocatura nell’articolo 111 della Costituzione e ne ha spiegato i contenuti. «La costituzione repubblicana porta bene i suoi settant’anni, ma questo non significa che non possa essere migliorata e ragionare su questo, come ha fatto il Cnf nel settantesimo anniversario, è molto importante». Il professore ha spiegato come del tema discusse anche l’assemblea costituente ma non si giunse a una esplicita costituzionalizzazione per ragioni tecniche: non si voleva che si confondesse la difesa tecnica con l’autodifesa. L’iniziativa di introdurre una presenza esplicita, «non significa una funzionalizzazione del ruolo, ma al contrario una rilevanza costituzionale dell’opera degli avvocati, che ha attinenza con la tutela dei diritti costituzionali».

Gli avvocati, dunque, hanno nei fatti una missione di corrispondenza al mandato costituzionale. Il locus in cui incardinare l’avvocato è l’articolo 111 della Costituzione: «L’iniziativa non contrappone l’avvocato alla posizione del giudice ma rende chiaro che nel processo ci sono alcuni protagonisti, tra i quali l’avvocato».

ROBERTO GAROFOLI

Il presidente della II sezione del Consiglio di Stato ha sottolineato come «l’avvocatura è una professione chiamata ad adeguarsi sempre ai cambiamenti continui dell’ordinamento, facendo i conti anche con la dimensione internazionale». L’avvocato, infatti, oggi non opera solo nella «tradizionale sede processuale ma anche nella soluzione non giudiziale dei conflitti: cambiano le sedi di esercizio della attività forense ma non cambia il nucleo dell’attività, ovvero la tutela dei diritti soggettivi». In questo senso, Garofoli ha salutato con favore la proposta di costituzionalizzazione. Anche nel processo, infatti, l’attività difensiva ha una «doppia dimensione: quella di difesa tecnica e quella di concorso nel corretto esplicarsi della funzione giurisdizionale». Proprio questo giustifica la proposta di inserimento nell’articolo 111 della Carta.

Garofoli ha ricordato anche come la Corte Edu riconosca l’essenzialità del ruolo di avvocato «come soggetto che concorre al dinamismo della funzione giurisdizionale». L’indirizzo giurispudenziale non rende tuttavia inutile la costituzionalizzazione, che va incontro al rinnovato ruolo dell’avvocato, dovuto all’innalzamento «degli standard di tutela delle posizioni soggettive, grazie agli ordinamenti sovranazionali» .

SPANGHER

Il professore emerito di diritto processuale penale ha esordito spiegando le ragioni per cui la costituzionalizzazione del ruolo di avvocato non può avvenire nell’articolo 24 della Costituzione: «Quell’articolo riguarda i diritti civili e politici della persona. L’avvocato è soggetto della giurisdizione e quindi deve andare nella seconda parte della Costituzione». Spangher ha anche teorizzato che la Carta dovrebbe «prevedere una norma ad hoc per l’avvocatura, perchè inserirla nel 111 significa perpetuare un equivoco: lo riduce a parte processuale nel sistema del giusto processo.

Oggi, invece, il ruolo ha dimensioni di gran lunga superiori alla mera partecipazione paritaria nel processo».

GIOVANNI CANZIO

Il presidente emerito della Corte di Cassazione ha sottolineato che «uno stato di diritto che tu- tela i diritti fondamentali delle persone si fonda sulla giurisdizione. La sua buona salute è direttamente proporzionale alla forza dell’architettura istituzionale della giurisdizione. Non sono assiomi astorici e aspaziali, non vanno dati per scontati». Canzio, infatti, ha ricordato che i principi di indipendenza e libertà sono frutto di lotta e di resistenza, per questo «bisogna capire insieme come mantenerne la forza e la qualità».

A riprova di come l’autonomia e l’indipendenza dell’avvocatura sia un valore a difesa dello stato di diritto, il presidente emerito ha ricordato come il regime totalitario fascista si sia «battuto ferocemente contro magistratura e avvocatura, perché portatori di interessi non compatibili con un regime ed eccentrici rispetto a uno stato autoritario. Definiva magistrati e avvocati “caste autarchiche”». Questo ha riguardato anche l’avvocatura perchè ha sempre avuto «un ruolo di mediazione professionale tra ceti sociali e ceto politico e questa mediazione professionale infastidiva il regime: così gli avvocati subirono la stessa sorte dei magistrati, a partire dalla pretesa della tessera del partito fascista». Da magistrato, Canzio ha espresso la propria gratitudine all’opera di un avvocato, Piero Calamandrei, che nella carta costituzionale ha esplicitato il ruolo della magistratura, findandolo sull’indipendenza e l’autogoverno. Così anche l’avvocatura, come parte del sistema dello stato di diritto, «ha diritto ad avere un riconoscimento forte in Costituzione».

PIETRO RESCIGNO

Il professore emerito di diritto civile ha ricostruito le posizioni di chi lo ha preceduto negli interventi, ricordando come «l’avvocato sia coprotagonista del sistema di giustizia. Per questo, si tratta di tradurre in esplicita dichiarazione nel testo ciò che già rappresenta un dato sicuro del sistema». Secondo il professore, «la collocazione passa in secondo piano, ma condivido l’idea che la norma sul giusto processo sia quella ideale, perchè inquadra la posizione istituzionale dell’avvocato».

Ha infine definito quello di magistrati e avvocati come un «coprotagonismo» con una «complementarità di funzioni». Quanto alla preoccupazione di una eccessiva funzionalizzazione, Rescigno ha confermato come «il rilievo costituzionale non cozzi con la conservazione del ruolo privatistico della funzione» e ha concluso ricordando come «il ruolo dell’avvocato appartenga a pieno titolo alla storia della cultura».