«Lavvocatura è molto più di una passione. È una scelta, consapevole e totalizzante. Da questa consapevolezza deriva una grande dignità del nostro ruolo, un ruolo pubblico non inferiore a nessuno». È questa la premessa con cui il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto ha avviato il suo intervento alla Conferenza nazionale delle Scuole forensi che si è tenuta ieri a Roma. «Lesame di abilitazione alla professione forense è percepito come un esame di serie b ha spiegato Sisto -. Ma questa percezione va eradicata dalla comune opinione. Ecco il primo mantra da registrare: lesame non può essere pensato come esaustivo, va rafforzato il percorso formativo che lo precede». Promossa dal Consiglio Nazionale Forense con la Scuola Superiore dellavvocatura, la giornata di ieri rappresenta la prima occasione di confronto sulle prove di accesso alla professione forense della sessione 2020 che si sono svolte nella nuova modalità dellorale rafforzato. Come ha sottolineato la presidente del Cnf Maria Masi in apertura dei lavori, liniziativa si pone infatti come ponte tra la prima esperienza in fase emergenziale e la prossima sessione (per la quale sono state già confermate le stesse modalità di svolgimento) al fine di «perfezionare e rendere ancora più giusto laccesso alla professione». Masi ha quindi ribadito il ruolo fondamentale delle scuole forensi nel percorso di formazione dellavvocato. Un ruolo, ha precisato, che non si esaurisce con riferimento dellesame di abilitazione. Si tratta di una valutazione condivisa allunanimità da tutti i relatori intervenuti nel corso della sessione mattutina e ribadita in particolare dal vicepresidente della Scuola Superiore dellAvvocatura, Salvatore Sica, e dal consigliere Cnf delegato alle Scuole forensi, Vincenzo di Maggio. Ai loro interventi sono seguiti quelli dei presidenti delle Commissioni di esame dei maggiori distretti Luca di Donna per Roma, Ciro Falanga per Napoli e Marcello Perillo per Milano che hanno raccontato il loro lavoro e la loro esperienza insieme al componente della Commissione centrale, Leonardo Salvemini, e allispettore ministeriale, Daniele DElia. Lavvocato Sica ha invece ripercorso lattività della Scuola Superiore che, già prima della pandemia, si inquadrava in una «visione unitaria della formazione» con lideazione di un percorso coerente che unisse il programma universitario alla formazione post universitaria. In questo quadro si inserisce anche il tassello relativo alla formazione obbligatoria attraverso le scuole forensi un «tassello fermo», sottolinea Sica. Le scuole forensi infatti sono state previste dalla riforma ordinamentale del 2012 che prevedeva per il tirocinante un percorso di formazione integrativo della pratica vera e propria, da svolgere frequentando obbligatoriamente una scuola per tutti i 18 mesi di tirocinio, con lobiettivo di far conseguire allaspirante avvocato competenze tecniche e pratiche. Lentrata in vigore dellobbligatorietà, prevista per il 2 aprile 2018, avrebbe riguardato i tirocinanti iscritti al registro speciale partire dal successivo settembre (così il DM 17 del 9 febbraio 2018). Il termine è stato poi prorogato a più riprese, fino alla prossima scadenza fissata ad aprile 2022. A questo passaggio bisognerà affiancare il percorso di riforma dellesame, per il quale il modello appena sperimentato rappresenta un buon punto di partenza. «La nuova frontiera dei professionisti è di diventare garanti della legalità. Ed è in questottica che il percorso formativo ha grande rilevanza», ha chiosato Sisto. Che nelle scuole forensi intravede un modello formativo preciso: «Dobbiamo operare sulle università con lintroduzione di una specializzazione forense allinterno del percorso accademico - ha spiegato - e pensare alle scuole forensi come master dellavvocatura dove portare la vita pulsante della professione».