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Sono gli studenti del liceo classico Morelli di Vibo Valentia a conquistare il primo posto nella seconda edizione del torneo “Dire e Contraddire” organizzato dall’avvocatura. I giovanissimi della squadra “Communia” si sono sfidati a colpi di eloquenza con i ragazzi di altri due istituti italiani - la squadra “Gaia scienza” del liceo scientifico Severi di Castellammare di Stabia, e i “peripatetici” dell’Istituto Salesiano S. Ambrogio di Milano - nel corso della finalissima che ha avuto luogo mercoledì scorso presso la sede del Consiglio Nazionale Forense a Roma.
Un traguardo raggiunto dopo molte sfide, a cominciare dal primo girone di qualificazione a livello territoriale, fino alle semifinali chiuse i primi di maggio con la proclamazione dei tre finalisti. Delle 36 squadre in gara, per un totale di oltre 1300 studenti provenienti da 16 città italiane, da Nord a Sud del Paese, a contendersi il trofeo erano in 35. E a spuntarla sono stati coloro che, a giudizio della giuria, hanno argomentato in maniera più efficace la propria tesi ( e antitesi) fondata sulla celebre frase attribuita a Giulio Andreotti, “una smentita è una notizia data due volte”.
Ma vincitori lo sono tutti i ragazzi, e con loro gli insegnanti, che hanno partecipato al progetto. Lo ha sottolineato la presidente del Cnf Maria Masi, che ha avviato la disputa finale e premiato i vincitori, e lo ha ribadito la coordinatrice della commissione di Educazione alla legalità del Cnf, Daniela Giraudo. Che ha organizzato la competizione insieme agli ordini forensi locali, 16 per questa edizione, nonostante le difficoltà poste dalla pandemia. Ma l’emergenza sembra ormai alle spalle, e proprio il ricordo di questa felice esperienza può essere un ottimo punto di partenza: Giraudo ha già lo sguardo rivolto al futuro, alla prossima edizione, con l’auspicio di aumentare di anno in anno le adesioni al progetto per promuovere in maniera sempre più ampia l’educazione alla legalità nelle scuole. Se infatti il punto d’arrivo di un torneo è la proclamazione di un vincitore, la missione reale «è attribuire agli studenti una competenza nuova, diversa», di quelle che normalmente non si insegnano a scuola, ricorda Giraudo. Ed ecco il ruolo dell’avvocatura, «la sua funzione sociale più cristallina»: offrire una prospettiva diversa sul mondo, diffondendo i valori e le peculiarità della professione forense anche tra i banchi di scuola.
“Sono un uomo, e in quanto tale, nulla di ciò che è umano lo ritengo a me estraneo”, recitava il motto della squadra vincitrice. Una citazione di Terenzio che i ragazzi hanno fatto propria sposando lo spirito del progetto ideato dagli avvocati Vincenzo Di Maggio, consigliere Cnf, e Angela Mazzia, coordinatrice nazionale del Torneo. L’obiettivo è chiaro: allenare la capacità di ascolto e le tecniche di argomentazione delle proprie idee, incoraggiando gli studenti a un confronto dialettico corretto ed efficace. Il tutto attraverso l’arte della retorica - secondo tre pilastri: ethos, logos e pathos - che diventa l’arma del nuovo cittadino digitale per dichiarare guerra all’hate speech. Saper dire, approfondire, ascoltare, ribattere con pacatezza - e infine divertirsi - è l’unico invito rivolto ai ragazzi. Che da parte loro hanno dato filo da torcere alla giuria composta da Anna Macina, sottosegretaria alla Giustizia, Francesca Sorbi, vicepresidente della Fondazione dell’avvocatura italiana, Donato Di Campli, consigliere Cnf, Bruno Mastroianni, esperto di linguaggio social, e dal direttore del Dubbio, Davide Varì.
«Far parte della giuria è stata una esperienza simpatica ma che abbiamo preso tutti molto sul serio. Ci siamo più volte riuniti in “camera di consiglio” per valutare ciascuna delle classi che di volta in volta si sono sfidate a colpi di buona retorica. Abbiamo fatto i complimenti a tutti i ragazzi e, me lo lasci dire, ai bravissimi docenti che li hanno allenati», spiega la sottosegretaria Macina. Gli studenti hanno dato prova infatti di essere preparatissimi, e hanno tenuto alto il livello dell’ultimo “duello” oratorio secondo le regole e le tempistiche loro assegnate. «Sperimentare il gusto per la dialettica argomentata, approfondita e pacifica, è il più grande insegnamento che i giovani possono ricevere per diventare cittadini adulti e consapevoli chiosa Macina -. Credo sia una bellissima iniziativa perché insegna il rispetto per l’interlocutore e l’obbligo di approfondire gli argomenti per poterli argomentare e sostenere. Non solo, i ragazzi si misurano anche con la capacità di controllare i propri stati emotivi, come l’ansia, parlando davanti ad un pubblico attento». Il linguaggio d’odio è sconfitto, vince la parola gentile.