Il Consiglio nazionale forense premia Nasrin Sotoudeh, avvocata iraniana in prima fila per la difesa dei diritti umani.

Reduce dall’ennesimo arresto per aver osato partecipare al funerale della giovane Armita Garavand senza hijab, nel 2018 è stata condannata a 148 frustate e 33 anni e mezzo di carcere, dei quali dovrà scontarne almeno 12 per «propaganda sovversiva» e per «aver incoraggiato la corruzione e la dissolutezza», in quanto avvocato delle donne che si sono rifiutate di portare il velo. Un processo, quello a suo carico, che si è svolto in sua assenza e contro il quale il Consiglio nazionale forense italiano ha alzato la voce, attirando l’attenzione del mondo sulla sistematica violazione dei diritti umani in Iran e sul sacrificio degli avvocati a tutela dei diritti. Già condannata nel 2011 a sei anni di reclusione per propaganda e attentato alla sicurezza dello Stato, l'attivista era stata rilasciata nel 2013 dopo uno sciopero della fame di 50 giorni, che ha suscitato indignazione in tutto il mondo. Il Cnf ha deciso di conferirle oggi il Premio dell’avvocatura italiana, assegnato a personalità del mondo della cultura, delle professioni e di ogni altra appartenenza, che abbiano profuso un incessante e significativo impegno nella salvaguardia dei diritti fondamentali e contro tutte le violenze.

Sotoudeh, si legge nella motivazione del riconoscimento, si è distinta «per il costante impegno profuso in favore del rispetto dei diritti umani e per le libertà di tutte le donne, senza mai arrendersi di fronte ai processi, alle condanne, ai lunghi periodi trascorsi in prigionia, svolgendo in modo indefettibile il suo ruolo di persona, di donna, di avvocata così rappresentato in modo esemplare per noi tutti e per le future generazioni».

Il premio verrà consegnato virtualmente nel corso della prima giornata del Congresso nazionale forense, durante il quale verrà proiettato un videomessaggio di Sotoudeh dall’Iran, indirizzato al Consiglio nazionale forense e a tutti i partecipanti al Congresso. «Per affermare i diritti delle donne - aveva raccontato in una recente intervista al Dubbio -, la comunità mondiale deve insistere sui valori umani comuni, sul diritto alla libertà di parola, sui diritti delle donne, sulla non violenza contro le donne e sul diritto delle donne di scegliere il proprio abbigliamento. Negli ultimi 45 anni, la Repubblica islamica ha abusato unilateralmente dell'idea di rispetto per le diverse culture per imporre la sua prospettiva reazionaria al mondo: basti pensare alla questione del velo».