«L’avvocatura è sempre stata in prima linea per difendere non soltanto i diritti dei cittadini, ma il diritto degli altri avvocati a tutelare i cittadini e la comunità quando viene violato il principio di libertà». Vittorio Minervini, consigliere del Cnf e vicepresidente della Fai, volge lo sguardo al passato per spiegare il senso dell’iniziativa “Guerra e diritto” che prenderà il via venerdì a Siracusa.

Nel corso della due giorni organizzata presso la Camera di commercio dal Consiglio nazionale forense e dalla Fondazione dell’avvocatura italiana, in collaborazione con l’Ordine degli avvocati di Siracusa e dall’Unione degli Ordini forensi della Sicilia, si discuterà di tribunali internazionali e del ruolo della giustizia nei conflitti in corso nel mondo. Con un focus, nella giornata di sabato, sugli avvocati nelle zone di guerra e di confine. «Il tema è declinato secondo tre aspetti – spiega Minervini, che coordinerà una delle sessioni della tavola rotonda dedicata all’argomento -. Ci sono gli avvocati che sotto le bombe continuano a tutelare i diritti dei propri assistiti e a lavorare nei tribunali sotto attacco. Poi ci sono i difensori che tutelano i colleghi di confine, come i legali curdi, che sono sotto il giogo del potere. E infine ci sono gli avvocati che dismettono temporaneamente la toga per andare a combattere. L’esempio più alto di questo tipo, a mio parere, si trova nelle storie di quegli avvocati che durante la Resistenza hanno abbandonato lo studio per raggiungere i monti, anche al prezzo della vita».

Il consigliere del Cnf pensa a Fulvio Croce, l’avvocato torinese scampato al nazifascismo che venne ucciso dalle Brigate rosse per averne voluto assumere la difesa nel processo. Ma pensa anche agli avvocati che strenuamente, da Kiev a Mosca, difendono i diritti fatti a pezzi dalla guerra. Come dimostrano tutte quelle storie raccolte nel libro “Avvocati di guerra” (Guerini e associati editore) del giornalista del Dubbio Gennaro Grimolizzi, di cui si discuterà in chiusura dell’evento. «La giustizia non può arrestarsi», sottolinea Minervini. E ribadirlo è proprio l’obiettivo dell’intera iniziativa: «Abbiamo rilevato – prosegue il consigliere Cnf - che non c’è molta conoscenza sulla differenza tra lo ius ad bellum, il diritto che possono esercitare le nazioni come strumento di risoluzione dei conflitti internazionali, e lo ius in bello. Cioè tra il diritto alla guerra e il diritto in guerra».

Ecco, dunque, le due questioni al centro dell’iniziativa di Siracusa: da una parte la protezione internazionale rispetto alla guerra e ai crimini di guerra; dall’altra il ruolo degli avvocati nelle zone di conflitto. Di diritto internazionale, a partire dalle Convenzioni di Ginevra del 1949, si discuterà nella prima giornata, che si aprirà con i saluti del sindaco Francesco Italia e del presidente del Cnf Francesco Greco. Mentre sabato, a partire dalle ore 10, si passerà alla sessione sugli avvocati in guerra con gli interventi, nel panel coordinato da Minervini, di Leonardo Arnau, componente del Cnf e coordinatore della commissione diritti umani del Cnf, e Paolo Bargiacchi, ordinario di diritto internazionale dell’Università degli Studi di Enna “Kore”.

Il dialogo proseguirà nel pomeriggio con le testimonianze dell’avvocato Dmitry Zakhvatov, difensore di alcuni dissidenti russi, e dell’avvocata Darya Kondratyeva del Foro di Milano. Protagonisti di giornata anche gli avvocati turchi Ebru Timtik e Aytac Unsal, ai quali è dedicato il servizio giornalistico che sarà proiettato in chiusura di lavori. Si tratta della legale morta nelle prigioni di Erdogan dopo 238 giorni di sciopero della fame e del suo collega ancora sepolto in carcere per aver chiesto un giusto processo. «È la difesa della difesa – ribadisce Minervini. Gli avvocati che sublimano l’attività professionale nel rendersi avvocati di altri avvocati». Coloro che sono il primo bersaglio di ogni regime, e presidio di quelle libertà che la guerra pretende di annientare. Al punto da chiedersi: sarà il diritto a salvarci? «Il diritto è fondamentale e ha un grande potere, ma prevede sempre una condivisione tra Stati. Ed è per questo che bisogna domandarsi: che prezzo avrà la pace? Possiamo forse ottenerla rinunciando alla nostra libertà?».