Finora la funzione irrinunciabile dell’avvocato aveva convinto il governo ad adottare una particolare cautela nell’imporre il green pass per l’esercizio della professione forse. Al punto da prevedere una disciplina distinta negli uffici giudiziari: certificazione obbligatoria per chiunque debba recarsi in Tribunale in qualità di dipendente pubblico, magistrati inclusi, ma non per chi deve assicurare il corretto esercizio del diritto di difesa, gli avvocati appunto, esonerati dall’obbligo al pari di parti, testimoni e consulenti. Ma il nuovo decreto Covid esaminato ieri in Consiglio dei ministri modifica un po’ l’impatto del green pass sul mondo dell’avvocatura: viene infatti previsto che per la sessione 2021 dell’esame di abilitazione professionale «l’accesso ai locali deputati allo svolgimento delle prove è consentito esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi Covid- 19».

Secondo il provvedimento, che potrebbe essere pubblicato nelle prossime ore, «la mancata esibizione» del green pass «da parte dei candidati al personale addetto ai controlli» costituirà «motivo di esclusione dall’esame». La nuova sessione si svolgerà secondo lo schema adottato per l’esame del 2020: non ci sarà lo scritto ma il “doppio orale”. Il governo ha dunque ritenuto necessario subordinare al possesso della certificazione verde l’accesso ai Palazzi di giustizia in cui praticanti, come per il “primo orale” celebrato nei mesi scorsi, sosterranno l’esame alla presenza del segretario della commissione, con gli altri esaminatori in videocollegamento.

IL CNEL: EQUO COMPENSO URGENTE

Un altro provvedimento delicatissimo, per l’avvocatura ma anche per altre professioni, sarà discusso nei prossimi giorni in Parlamento: si tratta della legge sull’equo compenso professionale, in calendario nell’Aula della Camera per martedì. In attesa del decisivo parere della commissione Bilancio, si esprime sulla materia anche il Cnel, attraverso la propria Consulta per il lavoro autonomo e le professioni.

In un documento indirizzato a governo e Parlamento, l’organismo definisce «urgente una regolazione dell’equo compenso delle prestazioni professionali. La disciplina attualmente vigente appare complessa», si legge nella sintesi del testo, «limitata sotto il profilo del campo di applicazione, oltre che inefficace per la carenza di strumenti di controllo». Il Cnel ha voluto dunque «contribuire al processo legislativo in corso con la formulazione di puntuali proposte di revisione del testo unificato attualmente all’esame della Camera, che vanno dai parametri economici alle clausole vessatorie, dai rapporti con la Pa agli strumenti di controllo fino al perimetro di applicazione dell’equo compenso, che non può limitarsi ai rapporti di natura convenzionale, ma deve riguardare anche le singole prestazioni professionali».