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L’avvocatura è, secondo il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, una «componente indefettibile di ogni riforma». Questa definizione è emersa dopo gli incontri con i vertici del Consiglio nazionale forense, Ocf, Cassa forense e Camere penali, e sottolinea la considerazione nei confronti del Foro. Ma il responsabile di via Arenula ha anche affermato che si è aperta una nuova fase in cui «ci saranno sempre tavoli a tre gambe: governo, avvocatura e magistratura».
Nel ministero della Giustizia, dunque, sembra che respiri un’aria diversa con una autentica apertura verso i protagonisti della giurisdizione, avvocatura compresa. Sin dai prossimi giorni ci potrà essere l’occasione per un reale coinvolgimento ed un costruttivo confronto. Non mancano, infatti, alcune tappe significative che potrebbero sugellare l’alleanza tra ministero della Giustizia e avvocatura. Si pensi, ad esempio, all’attuazione della riforma Cartabia nel penale (i limiti alle impugnazioni sono stati criticati dalle rappresentanze forensi) o alla revisione della improcedibilità, introdotta dalla legge delega.
Altro tema rilevante, inoltre, è quello delle pene extracarcerarie per le quali non mancano orientamenti della politica più restrittivi. Il coordinatore dell’Ocf, Mario Scialla, è fiducioso in merito all’interlocuzione avviata. «Vogliamo contribuire – commenta - ai cambiamenti e far parte di un sistema che funzioni al meglio». Nell’incontro avuto due giorni fa con il ministro Nordio sono stati affrontati diversi temi. «L’avvocatura italiana – dice Scialla - sta avendo una voce quasi unica con richieste insistenti e ben argomentate. Il ministro della Giustizia ha preso atto di questa situazione e non a caso gode di grande credito da parte dell’avvocatura. Ho avuto diverse conferme in tal senso. Conoscevamo le idee del ministro e ho colto la sua determinazione».
Il riferimento del coordinatore dell’Ocf è al passaggio fatto da Nordio sul superamento della crisi economica. «Ho ricordato al ministro della Giustizia – aggiunge - il nostro favore in merito alla approvazione dell’equo compenso nei termini illustrati alla Commissione Giustizia.
La compensazione dei crediti fra i crediti professionali derivanti dalle difese dell’ufficio del patrocinio in favore dei non abbienti con le debenze in favore di Cassa forense, comprese nella legge di bilancio, ha rappresentato un passaggio importante». Sul penale, invece, il «dialogo è stato estremamente costruttivo e in alcuni momenti di grande trasporto». Il riferimento è alle misure cautelari. «Oggi – afferma Scialla - è il Gip che sta nello stesso tribunale del Pm. Cosa succede? Alcune volte un Gip giovane, ancora con poca esperienza, può trovarsi di fronte ad una richiesta di misura cautelare proveniente da un pubblico ministero affermato ed importante. A quel punto non è semplice smarcarsi. Abbiamo sul punto un’idea ben precisa, derivante dall’esperienza quotidiana nelle aule. Fino a qualche anno fa avevamo in Italia il 34% dei detenuti in custodia cautelare su una media europea inferiore di oltre la metà. Se noi portiamo a decidere, anziché il gip, una sezione della Corte d’appello, le cose cambierebbero. Si sposterebbe il fascicolo in un altro ambiente, con magistrati più anziani ed esperti, per una decisione collegiale e più rispondente».
Secondo Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere penali italiane, si è aperta una fase che può portare a risultati importanti. «Dopo l’incontro con il ministro Nordio – dichiara Caiazza -, verrà aperto un tavolo in merito ai necessari interventi sui decreti attuativi della riforma Cartabia. Le Camere penali si sono impegnate su questo, consegnando un lavoro approfondito. I decreti attuativi hanno in più parti snaturato la riforma o l’hanno svuotata di significato lì dove aveva una particolare efficacia. Il lavoro da fare è tutto interno alla delega».
Caiazza si sofferma poi sul tema della prescrizione: «È stato un bene superare con la ministra Cartabia la riforma sciagurata Bonafede. Però, è stato pagato un prezzo altissimo. Mi riferisco alla pretesa del M5S di non modificare il principio fissato dalla Bonafede per la fine della prescrizione sostanziale nella sentenza di primo grado e quindi inventandosi l’istituto della improcedibilità in appello, che è un grande pasticcio. Oggi il quadro politico è diverso e non bisogna pagare nessun tributo a nessuno».
Sulle pene extracarcerarie il numero uno delle Camere penali è convinto che ci sia una convergenza con le idee personali di Nordio. «Sono – rileva Caiazza - radicate nella cultura liberale. Il ministro è lontano da alcuni slogan che lo vogliono caratterizzare sulle politiche carcerarie e sull’esecuzione della pena. Le Camere penali sostengono la strada della decarcerizzazione. Le misure alternative devono, però, essere molto più efficaci. Richiedono grandi sforzi e vanno rese effettivamente sanzionatorie e idonee a costruire un vero percorso di recupero fuori dal carcere. È questa la strada da intraprendere».