A cavallo della pandemia (2018-2022) il lavoro indipendente in Italia si riduce del 5,5%, con il principale contributo negativo proveniente dai lavoratori autonomi (247.000 in meno: -8,1%). Si riduce anche la consistenza dei liberi professionisti (-5,3%), mentre gli imprenditori vanno in controtendenza, con un aumento del 27% in quattro anni. È quanto emerge dal 57° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2023.

Il Censis prende in considerazione, in particolare, il caso degli avvocati, che in Italia sono poco più di 240.000 (facendo riferimento agli iscritti alla Cassa Forense e comprendendo i pensionati contribuenti): se ne contano 4,1 ogni mille abitanti. Nel 2022 gli iscritti si sono ridotti dello 0,7% rispetto al 2021. A partire dall'anno accademico 2000-2001 il numero degli iscritti all'università a un gruppo giuridico (a un corso di laurea triennale, magistrale o magistrale a ciclo unico) cala drasticamente di oltre 120.000 unità, passando da un totale di 265.509 studenti agli inizi del 2000 a 143.371 studenti nell'anno accademico 2021-2022.

Di conseguenza, anche il numero di laureati subisce una contrazione del 13,2%, attestandosi su un totale di poco superiore alle 20.000 unità nell'ultimo anno accademico. I risultati dell'ultima indagine sull'avvocatura condotta dal Censis evidenziano che il 27,9% dei giovani avvocati ritiene abbastanza critica la propria situazione, e il 22,1% molto critica, a causa del poco lavoro e di una generalizzata incertezza nella professione. 

Welfare aziendale questo sconosciuto. Tra i lavoratori, infatti, persiste una certa confusione sul significato del welfare aziendale. Solo il 19,8% dichiara di sapere bene cosa sia, il 45,1% lo conosce a grandi linee e il 35,1% non ne sa nulla. Sono i numeri del gap esistente tra lo spazio effettivamente conquistato dagli strumenti del welfare aziendale nelle scelte normative e nella contrattazione aziendale e il suo riconoscimento diretto e compiuto da parte dei lavoratori. 

Per le imprese il welfare aziendale è diventato una delle leve con cui attirare e trattenere lavoratori, e per stimolarne l'engagement offrendo dispositivi che, oltre a integrare il reddito, alleviano difficoltà della vita quotidiana dei lavoratori, a cominciare da una migliore conciliazione tra i tempi della vita privata e quelli del lavoro. Oggi l'81,3% dei lavoratori valuta positivamente lo smart working proprio perché consente una migliore conciliazione tra famiglia e lavoro.

L'occupazione italiana ha invertito un ciclo storico passando dal 2022 ad un record di occupati anche se il sistema produttivo lamenta sempre più frequentemente la carenza di manodopera e di figure professionali. Una fase espansiva avviatasi nel 2021 e consolidatasi nei primi sei mesi del 2023 che ha portato con se la riduzione dei lavoratori inattivi e un forte ridimensionamento delle persone in cerca di occupazione, ora tendenzialmente sotto la soglia dei 2 mln di lavoratori. L’Italia resta però, ancora nel 2022, nonostante tutto, all'ultimo posto nell'Unione europea per tasso di  attività e tasso di occupazione. All'appello infatti, per raggiungere il livello medio Ue, mancherebbero 3,6 mln di occupati.

Il tasso di occupazione della popolazione con età compresa tra i 15 e i 64 anni in Italia è pari al 60,1%, aumentato di 2 punti percentuali tra il 2020 e il 2022, ma ancora distante di quasi 10 punti rispetto al dato medio europeo (69,8%). Per la componente maschile, l'indicatore raggiunge il 69,2% contro il 74,7% della media Ue. Per la componente femminile, si ferma al 51,1% contro il 64,9% della media Ue.

Gender gap

Il divario di genere investe le retribuzioni tra i lavoratori italiani. Fatto 100 il salario di un uomo 25-34enne, il salario di una donna della stessa età è pari a 90 tra chi possiede al massimo il titolo secondario di primo grado, a 85 con diploma di scuola secondaria di secondo grado, a 89 con l'istruzione terziaria.