«I nostri diritti sono stati lesi». A dirlo è Riccardo Prisciano, vicepresidente nazionale dell'associazione "Libera e giovane avvocatura", che ha depositato una denuncia alla Commissione europea chiedendo di aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia per riformare l’esame di abilitazione alla professione di avvocato. Una richiesta che è solo l’ultimo capitolo della protesta degli aspiranti avvocati, che hanno aspramente criticato «la posizione con cui il Governo ha deciso di non compattare le prove scritte in un’unica prova orale da sostenere a distanza online, dopo l’estate, come invece stabilito per le altre professioni, fra cui i commercialisti e i farmacisti».

Il report: «Lesi i nostri diritti»

  Nel report inviato alla Commissione europea, Ligavv lamenta la violazione tra le altre, della Direttiva 2006/123/CE nella parte relativa all’accesso al mercato, in questo caso delle cosiddette “professioni vigilate”, e per ciò che concerne la lesione dei principi di non discriminazione e proporzionalità. Ma ci sarebbe anche una violazione della Direttiva 958/2018 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 giugno 2018, «relativa a un test della proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni», che dovrebbe entrare in vigore il 30 luglio 2020, «ma che è direttamente applicabile in Italia sotto il profilo della incondizionalità, chiarezza e precisione delle disposizioni e sotto il profilo dell'articolo 9 che concerne il diritto di accesso effettivo alla giustizia».I praticanti criticano, in primis, il metodo di valutazione degli esami scritti da parte delle commissioni, che, si legge nel report, «si riuniscono in gran segreto e non motivano le loro decisioni, limitandosi a indicare un voto numerico che, da solo, corrisponde anche alla motivazione dello stesso», in contrasto con la legge 247/2012 (nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense). «Ma lo Stato italiano - sottolinea Ligavv - continua a posticipare l'entrata in vigore delle norme che disciplinano la correzione e la motivazione degli elaborati scritti».

Slitta ancora la riforma

  Il decreto Milleproroghe, infatti, ha fatto slittare di ulteriori due anni la riforma dell’esame di avvocato, arrivando, così, alla quarta proroga. Il tutto mentre il Consiglio di Stato, con la sentenza numero 7 del 2017, ha stabilito che non vi è alcun obbligo di motivazione oltre il voto numerico. Insomma, afferma Ligavv, una «valutazione soggetta a segreto di Stato», con «una palese lesione della libera concorrenza». Nel report i praticanti citano anche un intervento del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che il 2 ottobre scorso ha affermato pubblicamente che «l'esame finale attualmente non risponde a criteri di razionalità e troppo spesso si presta a esiti casuali e non sempre rispondenti agli effettivi meriti degli aspiranti avvocati». Gli stessi denunciano, dunque, il mancato «controllo giurisdizionale sull'operato delle commissioni». A ciò si aggiunge la beffa del Decreto Rilancio, che, affermano, violerebbe la Direttiva 958/2018 dell’Ue, che all’articolo 9 garantisce «un mezzo di ricorso effettivo». L'articolo 254 stabilisce che «su richiesta motivata dei presidenti delle sottocommissioni del distretto di Corte d'Appello il presidente della commissione centrale può autorizzare la correzione da remoto degli elaborati scritti, purché siano mantenuti i medesimi criteri di correzione già adottati dalle commissioni d'esame», senza alcun riferimento «alla motivazione della valutazione numerica delle prove scritte o alla possibilità di verificare l'operato delle commissioni esaminatrici». E la possibilità di correzione da remoto, concludono i praticanti, «introduce un ulteriore vulnus sul controllo delle commissioni esaminatrici e dei loro membri».