Una prova scritta. Un orale mutuato in parte dal modello emergenziale, ma integrato con un prova obbligatoria in materia deontologica. Ecco il sistema che governerà l’accesso alla professione di avvocato per la sessione 2023. Modello d’esame che è l’esito dell’intesa fra Cnf, Ocf e ministero della Giustizia, dove si è impegnato fin dal principio Francesco Paolo Sisto, viceministro della Giustizia con delega alle Professioni. Trasferito poi in Parlamento, lo schema è stato fatto proprio sia da Forza Italia e da Fratelli d’Italia, presentato come emendamento al Dl Enti locali nella commissione congiunta Affari costituzionali-Bilancio della Camera, riformulato dal governo e approvato pochi minuti fa.

Si tratta di un punto di caduta equilibrato messo a punto a via Arenula, con le massime rappresentanze forensi, dopo l’iniziale ipotesi di un repentino ritorno all’esame pre-covid, ipotesi messa sul tavolo dagli uffici ministeriali ma subito giudicata impraticabile dal Cnf, visto il margine temporale strettissimo per i praticanti, che intanto avevano impostato la preparazione sul canovaccio del “doppio orale” adottato durante la pandemia.
L’emendamento reca le firme degli azzurri Tommaso Calderone e Pietro Pittalis e di Ylenja Lucaselli e Alessandro Urzì, rispettivamente capigruppo FdI in I e V commissione alla Camera. «Un nuovo modello che incontra le richieste e le istanze dell’avvocatura», segnala un’altra deputata del partito della premier, Marta Schifone, responsabile Professioni di via della Scrofa.

«Sono molto soddisfatto che l’accesso alla professione forense veda finalmente un esame davvero teso a verificare le capacità concrete degli aspiranti avvocati», osserva a propria volta Sisto. Secondo il viceministro della Giustizia, è stata accantonata un tipo di prova che nella concretezza dell’attività forense «non trovava alcun riscontro». È sempre Sisto a illustrare nel dettaglio la struttura dell’esame da avvocato 2023: «Una sessione scritta, con la redazione di un atto su materia a scelta del candidato. E una orale, con la riproposizione del caso pratico da risolvere e tre materie a scelta tra diritto penale, civile e amministrativo e procedura penale e civile, con l’obbligo di scegliere almeno una procedura. A queste materie si aggiunge, irrinunciabilmente, la deontologia professionale».

Soddisfazione anche dalla rappresentanza forense che più da vicino esprime le istanze dei praticanti, l’Associazione giovani avvocati, che per voce del proprio presidente Francesco Paolo Perchinunno «accoglie positivamente l’emendamento: governo e forze politiche si sono mostrate disponibili all’ascolto delle diverse ipotesi suggerite» dall’avvocatura, e hanno così optato per una «modalità transitoria che tenesse conto dell’attuale preparazione dei praticanti».

Secondo il leader dell’Aiga, «il risultato raggiunto, grazie anche al supporto di Cnf e Ocf, ossia l’atto giudiziario come prova scritta, è motivo di soddisfazione», e «la prova orale suddivisa in tre fasi rappresenta un test che non vuole eliminare il buon esito della modalità sperimentata con il doppio orale».
Soprattutto, Perchinunno osserva che la sessione 2023 sarà «un banco di prova» per definire poi un futuro esame di abilitazione «che vada di pari passo a una modifica organica dell’accesso alla professione. Sul punto», conclude Perchinunno, «Aiga chiede di avviare un tavolo di confronto da settembre, così da valutare insieme al ministero e al Cnf i passi da compiere per una rivisitazione della professione, partendo dall’aggiornamento del percorso di laurea in Giurisprudenza».