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Marta Cartabia rincara la dose. Martedì aveva presenziato alla conversione in legge del “decreto avvocati”. Ieri mattina ha tradotto in una nota stampa il senso dei quel gesto, in fondo già chiaro: l’impegno di governo e Parlamento sulle regole straordinarie per il prossimo esame forense «è stato un grande sforzo collettivo e un bellissimo esempio di unità, nell’interesse dei nostri giovani». Ci tiene molto, la ministra, a far risaltare il dato. Perché la quasi unanimità assoluta (383 voti favorevoli e 4 contrari) su un provvedimento in materia di giustizia è da guinness. Ma è anche, dal punto di vista della guardasigilli, un paradigma. Serve a far capire che la condivisione, sulla giustizia, è possibile. Sull’esame da avvocato, certo, si trattava di un servizio ai giovani. Ma Cartabia vuol veicolare esattamente quel messaggio: la giustizia è servizio, funzione sociale, non strumento di propaganda. Perciò ieri mattina ha innanzitutto esaltato l’unità del giorno precedente. Ma ha anche dato notizia di aver firmato, martedì sera, «il decreto ministeriale che fissa al 20 maggio l’inizio delle prove per l'esame». Precisa subito di aver nominato «1.500 membri delle sottocommissioni esaminatrici, tra avvocati, docenti universitari e magistrati». Visto che si è ridotto da 5 a 3 il numero dei componenti di ciascun drappello di esaminatori, viene centrato l’obiettivo indicato nelle scorse settimane da via Arenula: le subcommissioni disponibili sono 500. Vuol dire tempi accettabilmente brevi per il “primo orale preselettivo”, che potrà davvero chiudersi a luglio. Nel secondo dei due comunicati, diffusi l’uno a pochi minuti dall’altro, Cartabia si sofferma ancora sull’aspetto della condivisione. Dopo aver augurato «buon lavoro» ai quasi 26mila aspiranti avvocato e ai 1.500 membri delle sotto-commissioni esaminatrici, spiega: «Abbiamo voluto consentire a così tanti giovani di non rinviare oltre un appuntamento così importante e atteso per la loro vita. Questo obiettivo è stato raggiunto con un grande sforzo organizzativo del Ministero, dell’avvocatura, della magistratura e del mondo accademico». Doveroso. Ma il passaggio politicamente cruciale viene subito dopo: «Questo traguardo è stato possibile soprattutto grazie a tutte le forze politiche, che hanno dato prova di saper trovare punti di convergenza, nell’interesse dei giovani, in questo momento così complesso di pandemia. E con grande velocità hanno portato a compimento l’iter parlamentare». È successo per l’esame da avvocato. Può succedere ancora. Anche su dossier più controversi. Ecco il messaggio. Cosa stabilisce il decreto ministeriale Intanto c’è la notevolissima mobilitazione politica per la professione forense. Pure questo è un dato, rivendicato martedì alla Camera da tutti i partiti, compresi quelli che, come Fratelli d’Italia, sono all’opposizione. La sollecitudine si traduce anche nel decreto ministeriale firmato dalla guardasigilli subito dopo il via libera dell’Aula alla conversione del Dl. Va subito detto che il provvedimento non è lo strumento con cui viene risolta l’incognita sulla preparazione dei quesiti, aspetto che — come chiarisce anche la sottosegretaria alla Giustizia Anna Macina — sarà evaso con un separato documento della commissione centrale contenente le linee guida sullo svolgimento della prima fase. Ma nel Dm ci sono diversi altri contenuti rilevanti. Innanzitutto le modalità di sorteggio degli abbinamenti fra Corti d’appello “esaminatrici” e distretti d’afferenza dei candidati. Il criterio prevede ovviamente che tali abbinamenti possano avvenire solo fra distretti omogenei per numero di candidati e, dunque, di subcommissioni assegnate. Nella fascia delle Corti d’appello più affollate, Roma, Milano e Napoli, ciascuna sede ha 35 subcommissioni, e col sorteggio si stabilirà, per esempio, se i candidati del distretto di Napoli (ben 4.000) saranno esaminati dalle subcommissioni della Corte d’appello di Roma o da quelle di Milano. Oltre a dare istruzioni per il sorteggio della lettera con cui si inizierà, dal 20 maggio, a svolgere il primo orale, il decreto ministeriale ricorda che l’area riservata sul portale del ministero consentirà a ciascun praticante sia di conoscere la data della propria prova sia di comunicare la scelta della materia (civile, penale o amministrativo). Interessanti le previsioni relative alla pubblicità delle sedute. Innanzitutto, come ribadisce l’articolo 4, «nei locali adibiti allo svolgimento delle prove mediante collegamento da remoto, l’accesso è consentito esclusivamente ai candidati e al personale amministrativo incaricato dello svolgimento delle funzioni di segretario e dei compiti di vigilanza». Il presidente e gli altri due componenti della subcommissione saranno collegati da remoto, ciascuno per proprio conto. Ma potranno entrare nella “stanza virtuale” anche tutti gli altri candidati, ovviamente a microfono spento, e fino a un massimo di ulteriori 40 «soggetti terzi». Finito l’esame orale del singolo aspirante avvocato, la subcommissione “esce” dalla stanza virtuale, ne apre un’altra che fa da camera di consiglio, stabilisce il voto, quindi rientra nella stanza d’esame e comunica l’esito al candidato. Sembrano microdettagli ma si tratta di testimonianze notevoli sull’adattamento delle procedure concorsuali alla pandemia.Da ultimo, c’è un passaggio del Dm dedicato all’uso della mascherina: il praticante deve indossarla «salvo che non presenti patologie o disabilità incompatibili». Ma per fortuna tutti i candidati, «nel corso della discussione», potranno essere autorizzati dal presidente della subcommissione a rimuovere il dispositivo. Sempre condizione che, nella sede fisica, il candidato osservi la distanza di 2 metri dai vigilanti. Anche qui, un misto di rigore e buonsenso.