Anche in Turchia - fa scuola, evidentemente, il modello russo- putiniano - l’assimilazione tra assistito e difensore è diventata una regola.

Dopo l’attentato di due giorni fa contro il palazzo di giustizia di Istanbul, che ha portato all’uccisione di due presunti terroristi, la polizia turca ha fatto irruzione in varie sedi di organizzazioni forensi. Quattro avvocati, Betul Vangölü Kozagacli, Seda Saraldi, Berrak Caglar e Didem Baydar Ünsal sono stati arrestati. I professionisti finiti in manette fanno parte dell'associazione “Avvocati progressisti” ( ÇHD). Betül Vangölü Kozagaçli fa parte del consiglio esecutivo del sodalizio. Secondo gli inquirenti, gli attentatori del tribunale di Istanbul farebbero parte dell’organizzazione terroristica di estrema sinistra DHKP- C, un movimento attivo in Turchia da molti anni che si ispira alle Brigate Rosse. Nel 2015 il DHKP- C si è reso protagonista di un altro attacco ai danni dello stesso palazzo di giustizia di Istanbul. Nove anni fa venne ucciso un magistrato. Nello stesso anno l'organizzazione ha compiuto due attentati: uno al consolato e l'altro all'ambasciata americana in Turchia.

L’iniziativa delle forze di polizia nei confronti dei legali non è casuale. Già in passato gli “Avvocati progressisti” sono finiti nel mirino. Selçuk Kozagaçli, Barkin Timtik, Aytaç Ünsal e Oya Aslan sono in carcere da anni, così come altri 18 colleghi accusati a vario titolo. L’organizzazione forense ha difeso presunti membri e sostenitori del DHKP- C in diversi procedimenti penali. La conseguenza di tale impegno professionale ha portato all’incredibile accusa di essere complici del DHKP- C. «Questa inammissibile equiparazione tra avvocati e clienti – evidenzia l’ELDH- Associazione europea degli avvocati per la democrazia e i diritti umani nel mondo - sembra essere anche la ragione della perquisizione della polizia nella sede degli “Avvocati progressisti”».

Al momento, in base alle poche notizie diffuse, gli avvocati arrestati sono trattenuti nel quartier generale della polizia di Vatan e non potranno avere contatti con i loro difensori per almeno 24- 48 ore. «Poiché vige un ordine di riservatezza – scrive l’ELDH -, anche i colleghi che agiscono come difensori degli avvocati non possono accedere al contenuto dei fascicoli e alle accuse. Condanniamo l'inammissibile assimilazione degli avvocati ai loro assistiti e chiediamo l'immediato rilascio».

Sulla vicenda degli avvocati turchi è intervenuto prontamente il Consiglio nazionale forense. «ll Cnf – si legge in una nota - esprime profonda preoccupazione per l'arresto, operato martedì in Turchia, a seguito dell’attentato terroristico del 6 febbraio 2024 contro il palazzo di giustizia di Istanbul, degli avvocati Betul Vangölü Kozagacli, Seda Saraldi, Berrak Caglar e Didem Baydar Ünsal, tuttora trattenuti senza aver potuto incontrare né i familiari né i difensori. In attesa di conoscere le motivazioni ufficiali degli arresti, il Consiglio nazionale forense chiede alle Autorità turche di garantire agli arrestati l'esercizio del diritto alla difesa, attraverso la nomina dei difensori e il pieno rispetto dei principi della presunzione di innocenza e del giusto processo».

Le condizioni in cui sono costretti a lavorare in Turchia gli avvocati inducono ad una profonda riflessione e a non abbassare la guardia. «Come succede spesso in Turchia e Russia – commenta l’avvocato Leonardo Arnau, coordinatore della Commissione diritti umani del Cnf -, il difensore viene considerato sullo stesso livello del proprio assistito. Un approccio inconcepibile per lo Stato di diritto. Le avvocature di tutto il mondo devono mobilitarsi per fare conoscere sempre di più le precarie condizioni in cui lavorano i colleghi in Turchia e in altri Paese in cui il diritto di difesa è di continuo minacciato o negato».

L’Oiad ( Osservatorio internazionale degli avvocati in pericolo) ha sollecitato le autorità turche a rilasciare immediatamente e incondizionatamente gli avvocati Kozagacli, Saraldi, Caglar e Baydar Ünsal. «Occorre adottare – evidenzia l’Oiad - tutte le misure necessarie per garantire il diritto al giusto processo, alla difesa legale e all'accesso alla giustizia nel caso dei colleghi turchi fermati pochi giorni fa.

Inoltre, è necessario garantire, in ogni circostanza, che tutti gli avvocati in Turchia siano in grado di svolgere le loro legittime attività professionali senza timore di ritorsioni e liberi da ogni indebita restrizione, comprese molestie giudiziarie, arresti arbitrari, privazione della libertà o altre sanzioni arbitrarie, nel pieno rispetto dei principi fondamentali delle Nazioni Unite sul ruolo degli avvocati adottati a L’Avana nel 1990».

Infine, a sostegno degli avvocati turchi è scesa in campo l’associazione “Giuristi democratici”: «Il diritto di difesa è non solo uno dei principi cardine di ogni sistema democratico, ma la garanzia minima che ogni sistema statale deve darsi per non cadere nell'arbitrio; gli avvocati ne sono portatori e apportano un contributo fondamentale, nell'interesse non solo dei loro assistiti ma delle stesse pubbliche autorità e dell'accusa, alla pienezza e trasparenza della funzione giurisdizionale. Siamo certi che i nostri colleghi turchi in arresto hanno sempre operato a tal fine, in difesa delle garanzie dei loro assistiti che è anche difesa della giustizia. Ne chiediamo dunque l'immediata liberazione» .