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Sono in corso le celebrazioni dei 150 anni della fondazione dell’Ordine degli avvocati Pisa. Un anniversario importante che ieri è stato onorato con una tavola rotonda intitolata “Sovranità mediatica: tutela della persona e diritto di cronaca”. L’evento, svoltosi nell’Aula Magna Nuova del Palazzo della Sapienza, ha visto la partecipazione di professori universitari, avvocati, magistrati, ed esponenti delle istituzioni e si è articolato in due sessioni.
In quella mattutina, moderata da Alberto Marchesi (già presidente del Coa pisano), sono intervenuti Giuseppe Campanelli (professore ordinario di Diritto costituzionale presso il Dipartimento di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in medicina e chirurgia dell’Università di Pisa, prorettore per gli affari giuridici UniPi), con una relazione sull’utilizzo dei social media da parte dei magistrati e alcuni riferimenti alle fonti e alle sollecitazioni “provenienti dal piano sovranazionale”, e Beatrice Dani (presidente del Tribunale di Pisa) che ha parlato del “conflitto tra libertà di espressione del magistrato e i limiti imposti dalle fonti nazionali e sovranazionali”. I penalisti Francesco Petrelli (presidente della Giunta dell’Unione delle Camere penali italiane) e Tullio Padovani (già professore Ordinario di diritto penale presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e accademico dei Lincei) hanno affrontato i temi della gogna mediatica e dei limiti che incontra il diritto di cronaca giudiziaria.
Nel corso della sessione pomeridiana gli approfondimenti sul “processo mediatico” sono proseguiti con le relazioni di Teresa-Angela Camelio (procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pisa) e Lucia Secchi Tarugi (avvocata del Foro di Siena, consigliera Cnf). «La tavola rotonda organizzata dal Coa di Pisa – ha commentato Secchi Tarugi – offre spunti di riflessione e di approfondimento di grandissimo livello, che si agganciano tutti all’attualità. Un’occasione di crescita in cui le voci dei protagonisti, avvocati, magistrati, accademici, si sono confrontate con grande onestà intellettuale, evidenziando criticità ed errori della categoria di appartenenza, così come ha evidenziato pure il presidente dell’Ordine degli avvocati, Paolo Oliva».
Il direttore del Dubbio, Davide Varì, ha parlato del caso Tortora e dello schema perverso del processo mediatico–giudiziario, attuato con l’incarcerazione del giornalista e conduttore televisivo. Giampiero Cassi, avvocato del Foro di Firenze e consigliere Cnf, si è soffermato sul difficile connubio tra esposizione mediatica dell’avvocato e deontologia. «Ho sempre pensato – ha rilevato Cassi - che per gli avvocati debba valere il principio che i processi si celebrano solo nelle aule di giustizia e che solo nelle aule di giustizia si pronunciano le sentenze di assoluzione o di condanna. Peraltro, oramai, soprattutto relativamente ai processi penali che destano l’interesse della pubblica opinione, già nella fase delle prime indagini, e cioè quando ancora, nella maggior parte dei casi, si è ben lontani dall’accertamento della verità, la regola è la spettacolarizzazione dell’evento, con trasmissioni televisive, articoli sui giornali e interventi sui social, che molto spesso hanno una chiara impostazione colpevolista».
Il presidente del Coa di Pisa, Paolo Oliva, sottolinea il valore delle iniziative, compresa quella di ieri, in corso nella città toscana. «Le celebrazioni dei 150 anni della fondazione dell’Ordine degli avvocati di Pisa – dice - sono un’importante occasione per ricordare la storia del Foro pisano, ma anche per riflettere sul presente e sul futuro della nostra professione. In origine l’Ordine aveva due attribuzioni essenziali: la tenuta degli albi, in virtù del principio secondo cui la professione legale può essere svolta solo da chi abbia acquisito le necessarie competenza ed esperienza, e la funzione disciplinare, nella condivisa necessità di garantire l’indipendenza e l’autonomia dell’avvocato quali presìdi essenziali a salvaguardia della parte ancora prima che del professionista. Poiché è evidente che l’attribuzione del giudizio disciplinare ad un altro potere statale pregiudicherebbe i principii di autonomia e indipendenza che sono fondamentali per il libero esercizio della professione forense. Di una professione che da sempre ha e per sempre avrà come funzione essenziale, come nucleo centrale, la tutela dei diritti».
L’avvocatura pisana si è distinta nell’accademia e non solo. «Molti nostri iscritti – ricorda il presidente del Coa - hanno ricoperto la carica di sindaco. L’avvocato Mario Gattai merita una menzione speciale: egli, come commissario prefettizio, fu nei tremendi mesi dell’estate pisana del 1944 l’unico riferimento delle istituzioni laiche cittadine, l’unico mediatore fra gli occupanti tedeschi e la popolazione, e gestì la città nella difficilissima fase di passaggio tra l’occupazione nazifascista e la liberazione».
Gli avvocati hanno offerto un prezioso contributo anche alla vita culturale cittadina. «Tra le nostre fila – conclude Paolo Oliva - annoveriamo poeti, scrittori, attori e commediografi. Ricordo che Carlo Goldoni esercitò la professione a Pisa tra il 1744 e il 1748. Questa partecipazione alla vita pisana, questa compenetrazione fra la città e l’avvocatura, ha una sua propria ragion d’essere nelle caratteristiche intrinseche della nostra professione. Leopoldo Testoni, in occasione della cerimonia per il centenario, osservava: “L’avvocato crede nella necessità di non chiudersi nel proprio mondo ma di partecipare alla vita in tutte le sue manifestazioni. All’avvocato interessa l’uomo nella sua interezza, nel bene e nel male; la sua presenza a fianco dei propri simili è una presenza di ragionevole speranza che rifugge dal facile entusiasmo come dalla disperazione”. Dopo mezzo secolo le parole del presidente Testoni sono sempre attuali».