La relazione tecnica relativa agli emendamenti del governo per il ddl sulla riforma del processo civile (Atto Senato 1662) indica ulteriori stanziamenti per gli incentivi alla mediazione, che si aggiungono a quelli già illustrati nell’articolo uscito sul Dubbio del 19 giugno. Infatti, accanto agli importi previsti per l’esenzione dall’imposta di registro (6,1 milioni di euro l’anno a regime), e per l’estensione del credito di imposta ai compensi pagati agli avvocati che assistono i propri clienti nelle mediazioni concluse con un accordo (che quindi non sarà più limitato alla remunerazione degli organismi di mediazione) con relativo aumento da 500 a 600 euro (47,6 milioni di euro l’anno a regime), sono previste ulteriori somme per altri incentivi fiscali per il ricorso alla mediazione. Il terzo incentivo riguarda l’estensione del riconoscimento del credito di imposta per il contributo unificato (pari a 518 euro) versato dalle parti di un giudizio estinto, per effetto del raggiungimento di un accordo nel procedimento di mediazione. Per questa agevolazione sono stanziati 3,4 milioni di euro l’anno a regime.  Ai fini della quantificazione di questa cifra, il governo ha utilizzato come base di calcolo le circa 140.000 mediazioni che sono intervenute in media ogni anno nel triennio 2017-2019, delle quali però sono solo 110.000 quelle da considerare ai fini della stima del costo del provvedimento, in quanto le rimanenti mediazioni sono state avviate al di fuori di un processo civile (mediazioni volontarie e demandate dal giudice).  A questo numero si applica la percentuale del 30%, essendo questa la quota delle mediazioni che si concludono con un accordo, secondo le stime del ministero della Giustizia. La quarta agevolazione per stimolare il ricorso alla mediazione consiste nell’estensione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti anche ai procedimenti di mediazione finalizzati alla conciliazione delle controversie civili e commerciali (di cui al D.Lgs. 28/2010), e di negoziazione assistita da uno o più avvocati (di cui al D.L. 132/2014, artt. 2-11), a condizione che tali procedure costituiscano condizione di procedibilità, e che necessitino dell’assistenza obbligatoria di un legale. Questa misura è stata ideata dal governo sia per rendere effettivo il diritto di difesa anche nella fase che necessariamente precede l’instaurazione della controversia, sia per parificare l’accesso a queste procedure, recentemente introdotte nel nostro ordinamento giuridico, a quello degli altri istituti di risoluzione stragiudiziale delle controversie, sia per garantire, mediante l’adeguata consulenza professionale, il corretto compimento di valutazioni e scelte, dal cui esercizio possono derivare conseguenze sul piano dell’effettività della tutela dei diritti. A questo scopo si destinano al finanziamento di questa misura 2,1 milioni di euro l’anno a regime. Per la quantificazione di questo importo la Ragioneria dello Stato ha fatto delle ipotesi che potrebbe essere interessante conoscere. Partendo sempre dai 110.000 procedimenti di mediazione l’anno, e quindi dai 33.000 che in media si concludono con un accordo (30% del totale), si ipotizza che solo la metà dovrebbero essere le mediazioni obbligatorie con assistenza del difensore (16.500), di cui solo il 10% riguarderebbero i soggetti meno abbienti (1.650). Il Mef presume poi che in media un avvocato percepisca 2.520 euro per la mediazione, che diventano, ai fini del rimborso a carico dello Stato, 1.510 euro, in virtù dell’art. 130 del Testo Unico sulle spese di giustizia (Dpr 115/2002).  Il quinto ed ultimo stimolo al ricorso della mediazione concerne il credito di imposta in favore degli organismi di mediazione, laddove la parte non sia abbiente (ossia, si trovi nelle condizioni per l’ammissione a spese dello Stato).  La spesa per questa misura è quantificata in 0,8 milioni di euro l’anno a regime, sulla base dell’ipotesi che la remunerazione per tali organismi sia mediamente di 240 euro.