«Sono convinta della necessità di ricordare». Queste le parole della deputata di Fratelli d’Italia Carolina Varchi durante l’apertura del convegno “Autorevolezza e martirio nell'avvocatura” che si è svolto alla Camera dei deputati, organizzato dalla Anai nazionale e dalla sezione di Palermo col presidente Carmelo Belponer.

Ricordare - ha puntualizzato la parlamentare che è anche vicesindaca di Palermo - tre figure illustri dell’avvocatura italiana che hanno sacrificato la propria vita per non aver voluto fare un passo di lato e far così valere un diritto fondamentale della Carta costituzionale, quello alla difesa. Varchi ha quindi parlato degli avvocati Giorgio Ambrosoli, Fulvio Croce e Enzo Fragalà, considerandoli pilastri dell’ordinamento forense e ha aggiunto di essere profondamente convinta che servano incontri di questo genere «perché un popolo senza memoria è un popolo che non ha futuro».

Il convegno ha visto la partecipazione di molti avvocati e anche di esperti come Giulio Prosperetti, giudice della Corte costituzionale, che hanno messo in risalto nelle loro mille sfaccettature, le vite, sia lavorative che personali, di quelli che oggi vengono considerati eroi dell’avvocatura e figure che fino alla fine sono stati coscienti del loro ruolo fondamentale nella difesa di un diritto a tal punto da sacrificare per questo la propria vita. Ad apertura dei lavori a portare il saluto del presidente del Consiglio nazionale forense, Francesco Greco, impegnato in incontri istituzionali, è intervenuto il consigliere nazionale Antonino Galletti

A parlare di Giorgio Ambrosoli, «esempio di libertà responsabilità e professionalità», è stato il figlio, l’avvocato Umberto Ambrosoli del Foro di Milano, che ha messo in risalto la figura del padre, cosciente del suo importantissimo ruolo di commissario liquidatore della Banca Privata italiana e delle attività finanziarie del banchiere Sindona. «Partiamo dalla parola martirio – ha esordito -. Si tratta di una parola complicata, testimone della propria fede e nel caso in specie, testimone dei propri valori, di quelli per i quali ci sono state figure che hanno voluto ispirare la loro vita sino a sacrificarla». «Il 12 luglio 2023 – ha continuato Ambrosoli – si è tenuto a Bergamo un convegno in occasione dell’anniversario della morte di mio padre. Tra i presenti Eugenio Fusco, procuratore aggiunto alla procura di Milano. Da tanti anni il magistrato si dedica a indagini in ambito economico. Fusco ha detto: “Giorgio Ambrosoli è stato anche un illuminato arguto preparatissimo avvocato, personalmente mi sentirei di aggiunge il padre delle moderne indagini in materia di criminalità economica. Ambrosoli è stato un innovatore nel metodo delle indagini nel settore dell'economia e della finanza così come Giovanni Falcone lo è stato per le indagini su Cosa nostra”». 

Nell'intervento Ambrosoli ha ricordato come il padre, occupandosi di procedure concorsuali, abbia «allargato le sue conoscenze all’economia, alla finanza, essendo capace di leggere i bilanci con le lenti del giurista, diverse da quelle di chi è avvezzo ai numeri, ma non anche ai codici». Toccante, poi, la lettera che l’avvocato trucidato inviò alla moglie quando si rese conto di rischiare la vita, letta in Aula dalla moderatrice del convegno, l’avvocata Isabella Maria Stoppani, presidente Anai. Una missiva con la quale Ambrosoli fa coraggio alla consorte scrivendole: «Qualunque cosa succeda sono certo che saprai fare benissimo...».

Il ricordo dell’avvocato Fulvio Croce sul tema “Grandezza e dovere di un eroe dell’avvocatura” è stato fatto con dovizia di particolari dall’avvocato Enrico Maggiora, presidente della Fondazione “Fulvio Croce”. Prima di lui ha preso la parola la presidente dell’Ordine di Torino, Simona Grabbi che ha dedicato tanto tempo a far conoscere la figura del collega trucidato e ha ricordato molti particolari di quel periodo storico in cui Croce si trovò ad affrontare l’emergenza storica del primo grande processo contro le Br «in cui – ha ricordato – la prima mossa assolutamente sottile, meditata da fine menti giuridiche degli imputati fu quella di revocare il mandato ai difensori di fiducia». E Croce si ritrovò ad essere nominato difensore di ufficio cosciente di cosa stava accadendo e di cosa rischiasse. Grabbi ha anche ricordato un episodio molto delicato in cui gli avvocati difensori d’ufficio minacciati ad un certo punto presentarono un esposto alla magistratura. «La Procura di Bologna chiese il rinvio a giudizio, ma il tribunale emiliano il 4 aprile del ’77, 24 giorni prima dell’omicidio di Croce, assolse i brigatisti dalle minacce perché motivò che non si trattava di minacce gravi».

Maggiora, invece, oltre a parlare del ruolo dell’ex presidente dell’Ordine degli avvocati, ucciso brutalmente dalle Br, ne ha dipinto anche i tratti privati, ricordando la ritrosia del legale nel mettersi in mostra: “Non si fa l’avvocato – recitava uno dei suoi motti- ma si è avvocati”, perché chi indossa la toga non la abbandona mai. Raffigurato anche quel delicato periodo storico in cui si mosse Croce, che si trovò davanti a un tragico destino ed ebbe «il coraggio di svolgere il proprio dovere, abbracciando in maniera convinta il suo ruolo, senza ergersi su un piedistallo…Quindi – ha puntualizzato Maggiora - non è vano ricordare il sacrificio di un uomo che ha tenuto alto il valore del diritto alla difesa e che non ha fatto un passo indietro, pur avendo la piena consapevolezza di quello che lo stava aspettando. È per questo motivo – ha concluso Maggiora - che credo che la celebrazione di oggi debba portarci a considerare Fulvio Croce non solo il presidente del consiglio dell’Ordine di Torino, ma il presidente di tutti noi avvocati».

La terza figura di avvocato ucciso, ricordata al convegno, è stata quella di Enzo Fragalà, legale del foro di Palermo, per più legislature deputato nazionale, che sacrificò la propria vita per garantire il diritto alla difesa di un pentito di mafia nonostante la criminalità lo avesse più volte invitato a rinunciare. A condividere il proprio ricordo la figlia del legale ucciso, l’avvocata Marzia Fragalà del Foro di Palermo, che emozionata ha detto che quando sua padre venne ucciso aveva appena svolto l’esame da avvocato. 

Nel corso dell’incontro sono stati ricordati altri avvocati uccisi, come Serafino Famà, trucidato dalla mafia catanese. E anche tutti quelli “ammazzati dai loro clienti”, come ha puntualizzato a chiusura della commemorazione il giudice della Corte costituzionale Giulio Prosperetti. Ricordando i suoi 45 anni di carriera legale, Prosperetti ha detto di essere pianamente convinto che «la giustizia cammini sulle gambe degli avvocati e noi dobbiamo riaffermare questo principio».