«L’evidenza della mancanza nella politica di un’idea della giustizia, del suo significato sociale e delle funzioni di chi vi opera è ben rappresentata dagli interventi, che si sono susseguiti o più frequentemente sono mancati, negli ultimi decenni, nell’ambito dell’edilizia giudiziaria e, più in generale, in tema di geografia giudiziaria». La vicepresidente del Cnf, Patrizia Corona, non ha dubbi: le emergenze che si registrano, da Nord a Sud, in tema di edilizia giudiziaria sono anche la conseguenza di una scarsa sensibilità da parte di chi ricopre rilevanti ruoli nelle istituzioni.

Avvocata Corona, l’edilizia giudiziaria è anche lo specchio della giustizia italiana?

L’attuale fotografia dei luoghi, ove è esercitata la giurisdizione, è impietoso. Da Nord a Sud le tante sedi degli uffici giudiziari sono caratterizzate da carenze strutturali degli edifici e degli impianti e dall’assenza di presidi di sicurezza. Ancor più grave la situazione di generale inadeguatezza dell’edilizia penitenziaria, ove gli spazi di detenzione, uniti al cronico sovraffollamento, sono al limite del rispetto della dignità umana delle persone ivi recluse. Questa realtà è frutto dell’incuria e del mancato ascolto delle tante istanze di chi in quei luoghi esercita la propria attività lavorativa, confrontandosi quotidianamente con i disagi che tale situazione implica e che si ripercuote inevitabilmente sulla durata dei giudizi.

Manca una strategia a lungo termine con la giusta attenzione verso i luoghi in cui realizza la giurisdizione?

Sino ad oggi, tranne isolate realtà, gli interventi sono stati motivati dalla necessità di porre rimedio a situazioni emergenziali ed è stata del tutto assente una pianificazione e revisione complessiva dell’edilizia giudiziaria che prendesse le mosse dalla considerazione sociale della funzione della giustizia e dalle necessità strutturali e tecniche per il suo miglior esercizio. Quando affrontiamo questo tema, non possiamo infatti limitarci alla legittima rivendicazione di edifici e luoghi di lavoro adeguati e sicuri ove magistrati, avvocati, personale amministrativo possano svolgere al meglio le loro funzioni e dove i cittadini possano accedere con facilità, ma dobbiamo rammentare che il Palazzo di Giustizia e la sua collocazione urbana esprimono e simboleggiano il valore che la comunità attribuisce all’esercizio della giurisdizione e alla tutela dei diritti che ivi vengono contesi e difesi.

Non sono mancate in questi anni situazioni drammatiche e scandalose…

Non vi è dubbio infatti che l’immagine di processi celebrati nelle tende, come recentemente è avvenuto a Bari, è la materiale rappresentazione del fallimento della politica in questo settore e, ciò che è più grave, veicola il messaggio ai cittadini che i diritti, che in quella sede cercano riconoscimento e protezione, non hanno dignità e contestualmente viene svilita l’immagine professionale sia dei magistrati che degli avvocati.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza potrebbe risolvere alcuni problemi?

Il Pnrr ripropone oggi il tema dell’edilizia giudiziaria, in quanto finalmente sono messi a disposizione i fondi, probabilmente insufficienti, per il recupero funzionale del patrimonio di Palazzi di Giustizia esistenti sul territorio nazionale, per la progettazione di nuovi edifici o cittadelle giudiziarie e per l’edilizia penitenziaria, oggi gravemente deficitaria e che in taluni casi costringe detenuti e agenti a vivere in un contesto di grave degrado. Da quanto consta sono circa 60 i progetti messi in cantiere per l’impiego parziale di tali risorse, ma per la quasi totalità si tratta di interventi di adeguamento energetico delle strutture e pochi volti a soddisfare esigenze di spazi nuovi e adeguati.

L’avvocatura va coinvolta sempre di più?

Certo. È necessaria la partecipazione e la condivisione dei futuri progetti con i locali Consigli degli Ordini e, a livello nazionale, la creazione di un tavolo di confronto con il Consiglio Nazionale Forense, affinché i progettisti possano tener conto delle valutazioni di coloro che, al pari dei magistrati, accedono a un luogo di lavoro e che sono i principali interpreti delle esigenze dei cittadini, che pure in varia veste, si pensi alle parti, ai testimoni, ai richiedenti certificazioni, devono farvi ingresso. Con questa finalità, già alcuni anni fa, il Cnf con la Fondazione dell’Avvocatura Italiana e in partnership con il Consiglio Nazionale degli Architetti, Paesaggisti e Pianificatori (Cnapp) ha ideato il progetto AdG-Architettura della Giustizia, allo scopo di unire le rispettive competenze e contribuire, attraverso lo studio della situazione dell’edilizia giudiziaria esistente, all’ideazione di proposte per il suo miglioramento. Architetti e ingegneri non potranno infatti progettare spazi e edifici funzionali se non partendo dalle attività che in tali ambiti vengono svolte.

C’è il rischio che si creino poli giudiziari del tutto avulsi dalle città e dalle loro comunità?

Alla ponderazione delle decisioni che verranno prese si dovrà tener conto di una molteplicità di fattori. Accanto agli indubbi vantaggi connessi alla realizzazione di nuovi e moderni Palazzi di Giustizia, rispondenti ai criteri costruttivi della ecosostenibilità e risparmio energetico, sarebbe opportuno che faccia da contrappeso la necessità di non disperdere il patrimonio culturale e di bellezza, che caratterizza moltissimi edifici storici, attuali sedi di Tribunali o Corti di Appello, e quello di non allontanare gli edifici della giustizia dai centri cittadini per garantire quella giustizia di prossimità già gravemente compromessa con la soppressione di molte sedi giudiziarie. Valutazioni e scelte rispetto alle quali l’avvocatura rivendica, quindi, un ruolo che deve essere riconosciuto come imprescindibile e fondamentale per dare all’esecutore tecnico le direttrici per un intervento che sia realmente adeguato a garantire una prestazione di una giustizia di alta qualità e soddisfare le aspettative degli utenti.