Ridurre il numero di prove scritte «non basta per poter parlare di riforma dell’esame da avvocato». E le norme sul compenso per il praticante sono paradossali, giacché «ne propongono uno minimo in favore di chi avvocato non è ancora, laddove, per chi già lo è, i minimi sono stati aboliti». Due chiodi fissati dall’Associazione nazionale forense, nelle audizioni svolte ieri in commissione Giustizia alla Camera, sulle proposte di rivedere la prova di abilitazione professionale. In particolare su quella del deputato 5 stelle Gianfranco Di Sarno, che prevede appunto il “compenso minimo obbligatorio” dopo il primo mese di tirocinio.

Analisi severa, da parte dell’Anf, ma assai diversa da parte di Aiga, l’Associazione giovani avvocati, che ricorda di aver ispirato l’altro testo, presentato dal deputato pd Carmelo Miceli, e di auspicare «una sintesi fra le due proposte di legge».

Il segretario generale dell’Anf Luigi Pansini esprime, anche nella nota scritta depositata in commissione, più di una riserva sulla proposta di legge Di Sarno: per esempio, «sulla norma che impedirebbe di svolgere il tirocinio presso un avvocato radiato: previsione superflua», fa notare l’Anf, «che tradisce nettamente una scarsa conoscenza del sistema ordinamentale dell’avvocatura». L’associazione indica un ordine di priorità: «Valorizzare il merito e nello stesso tempo favorire l’accesso dei giovani alla professione, considerato che i dati sulla partecipazione all’esame abilitante sono in costante calo dal 2014».

D’altronde «deve trattarsi di una prova d’abilitazione», dice appunto Pansini, «da non trasformare in un concorso». Quindi «sarebbe necessario passare dalle tre prove scritte a uno schema che preveda prima un test a risposta multipla e poi un atto redatto su una traccia scelta fra tre argomenti, con un orale basato sulla discussione di un caso pratico».

Ma la semplificazione «non deve essere eccessiva» , motivo per cui il segretario dell’Anf trova non adeguato anche il ddl Miceli. E in ogni caso il limite che, secondo l’associazione, entrambe le proposte non possono superare riguarda «la necessità di una rivisitazione del percorso universitario».

La forte perplessità sull’ipotesi, prevista dal ddl Di Sarno, di modificare la già esistente disciplina dei compensi per il praticante riguarda anche la «difficoltà, dopo un solo mese, nel commisurare l’effettivo apporto». Sul piano generale, l’Anf chiede che venga superata «l’obbligatorietà di frequenza delle Scuole forensi in modo da garantire la libertà del percorso formativo». Considerazioni che distinguono il giudizio rispetto a quello espresso nell’audizione di ieri dal presidente dell’Aiga Antonio De Angelis. Il quale chiarisce appunto come il testo Miceli nasca proprio dall’impostazione dei giovani avvocati.

L’ipotesi di ridurre le prove scritte dalle attuali 3 a una soltanto, per i giovani avvocati, si giustifica anche perché «a parti- re dal 2022 diventeranno obbligatorie le scuole forensi, che prevedono lo svolgimento di tre prove scritte, due intermedie e una finale: e se l’esame di abilitazione non venisse riformato, il praticante si troverebbe costretto a svolgere ben 6 scritti, prima dell’orale. Non esistono altri casi del genere», dice il presidente dell’Aiga.

La semplificazione è al cuore della proposta condivisa da De Angelis: «Si è consapevoli della necessità di una revisione organica dell’accesso alla professione che parta da una seria riforma del percorso universitario, ma tale ristrutturazione», è l’analisi di Aiga, «avrebbe i primi effetti tra 8- 10 anni, tra approvazione e svolgimento del percorso universitario: possiamo permetterci per tanto tempo un sistema di accesso come quello attuale? No, perciò» per De Angelis «è necessaria anzitutto riformare l’esame». Il giudizio di Aiga sui ddl è diverso, come detto, da quello di Anf anche rispetto al «compenso minimo garantito» ritenuto dai giovani avvocati «tra gli spunti interessanti del testo Di Sarno». Serve dunque «una sintesi fra le due proposte, in tempi rapidi». Certo però le perplessità emerse finora, nel complesso, da parte delle rappresentanze forensi non sono poche, visti i rilievi già mossi da Cnf e Ocf, ed è dunque difficile prevedere il destino del percorso legislativo.