Dignità della funzione. Parità di trattamento con gli altri operatori della giustizia, magistrati e personale amministrativo. Uniformità fra le diverse Regioni. Sono i principi a cui guardano il Cnf e l’Ocf, rispetto alla tempistica dei vaccini, nelle lettere inviate alla ministra della Giustizia Marta Cartabia. Senza rivendicare diritti di precedenza assoluti per la professione forense. Ma senza neppure tollerare che in tribunale siano coperti solo i dipendenti pubblici, quali sono magistrati e cancellieri. Come se gli avvocati non stessero l’uno addosso all’altro negli stretti corridoi dei palazzi di giustizia, magari in attesa che il giudice vaccinato finalmente li riceva nella propria stanza sgombra. Masi: si metta fine alla doppia disparità L’ennesimo assurdo nella visione dell’avvocatura suscita dunque una reazione composta nel Consiglio nazionale forense e nell’Organismo congressuale. La lettera inviata martedì alla guardasigilli dalla presidente facente funzioni del Cnf Maria Masi ricorda innanzitutto che la vaccinazione degli avvocati «non è una questione di privilegio rispetto alla categoria» a cui si appartiene «ma solo ed esclusivamente di riguardo alla funzione». A Cartabia, Masi segnala che l’istituzione forense aveva «aderito alla richiesta formulata in prima battuta dall’Associazione nazionale magistrati di inserimento di tutti gli operatori del comparto giustizia tra i lavoratori dei servizi essenziali destinatari in via prioritaria del vaccino. Se la campagna vaccinale a tutti gli operatori della giustizia», spiega la presidente facente funzioni del Cnf, «è un’esigenza dell’intero comparto giustizia, è fondamentale che sia via Arenula a veicolare questa richiesta. Su questo solco», aggiunge Masi, «gli Ordini si sono adoperati a livello distrettuale al fine di ottenere, come in alcuni casi effettivamente avvenuto, l’inserimento, da parte delle Regioni, degli avvocati nei rispettivi piani di vaccinazione. Ciò, tuttavia, ha contribuito ad aggiungere un ulteriore profilo di disparità di trattamento a quello già in essere tra i diversi operatori del settore», fa notare ancora la presidente del Cnf nella lettera a Cartabia.«Purtroppo ci troviamo ad affrontare una situazione, che il Cnf sin dall’inizio desiderava scongiurare, di non parità di trattamento, non solo tra i diversi operatori del settore giustizia, ma anche all’interno della stessa categoria forense, che alcune Regioni hanno inserito nei piani di vaccinazioni mentre altre no. Ribadendo l’assoluta convinzione del Consiglio nazionale forense», conclude Masi nella lettera inviata alla guardasigilli, «che nella campagna vaccinale la priorità sia da riconoscere alle situazioni di soggettiva fragilità, si chiede, nel momento in cui il discrimine sia la funzione svolta, di riservare a tutti gli operatori del medesimo settore (magistrati, personale amministrativo, avvocati) pari trattamento e che, a maggior ragione, ciò avvenga all’interno della stessa categoria, assicurando uniformità sul territorio nazionale e di conseguenza anche maggiore efficacia alla procedura di immunizzazione». Malinconico: noi avvocati siamo anche più a rischio E l’altro aspetto paradossale che si aggiunge a quello odioso della esclusione inflitta alla sola avvocatura da alcune Regioni, come il Friuli-Venezia Giulia (caso di cui si è occupato il Dubbio due giorni fa). Di tenore analogo la lettera inviata ieri a Cartabia e al ministro della Salute Roberto Speranza dall’Organismo congressuale forense, che pure si sofferma molto non solo sulla discriminazione intollerabile all’interno del mondo giustizia ma anche sulle paradossali conseguenze negative che ne derivano in termini di inefficacia della profilassi: «Ocf, senza con ciò incidere sui criteri generali e sulle priorità che il governo ritiene di seguire in relazione al piano vaccinale, rinnova la richiesta di un intervento urgente, generale e uniforme», specifica innanzitutto l’Organismo, «volto a rendere possibile la sottoposizione degli avvocati italiani al piano di vaccinazione nella stessa sequenza temporale prevista per gli altri operatori di giustizia (magistrati e cancellieri)», scrive il coordinatore dell’Ocf Giovanni Malinconico.Che prosegue: «Gli avvocati esercitano la propria professione senza limitazioni territoriali e sono portati, per ragione del proprio ministero, a frequentare tutti gli uffici giudiziari sul territorio nazionale, senza eccezioni derivanti dalla zonizzazione sanitaria: il che li porta a essere esposti tanto quanto gli altri operatori di giustizia (se non di più) al contagio e a divenirne potenziale veicolo di trasmissione», è appunto la considerazione di interesse assolutamente “sistemico” avanzata nella lettera del coordinatore di Ocf. «È evidente dunque che una seria azione di profilassi relativa agli operatori di giustizia non può non estendersi a chi esercita la funzione di difensore, senza dare luogo a discriminazioni ingiustificate e conseguenze negative anche sotto il profilo dell’efficacia dell’azione di profilassi sanitaria», fa notare Malinconico ai ministri Cartabia e Speranza.Tra l’altro, come già fatto da Masi, anche l’Ocf cita l’intervento “universale” che inizialmente l’Anm aveva sollecitato al governo, con l’estensione più o meno esplicita della campagna vaccinale alla professione forense. «Spiace dover constatare che la questione al momento è stata affrontata in modo diseguale e contraddittorio», nota Malinconico, «giacché magistrati e cancellieri sono stati ammessi al piano di vaccinazione, mentre gli avvocati ne sono esclusi, se si fa eccezione per singole iniziative regionali che, anziché risolvere le problematiche di diseguaglianza, le hanno aggravate», ricorda la lettera, analogamente a quanto fatto dal Cnf nella nota inviata a via Arenula. L’avvocato in Costituzione è anche la risposta a certe assurdità La questione non è eludibile. È anzi forse l’occasione per mettere anche sul tavolo del nuovo esecutivo il tema più generale del coprotagonismo dell’avvocatura nella giurisdizione. Un principio che di cui aveva sollecitato il riconoscimento sempre il Cnf, innazitutto con il presidente Andrea Mascherin. E che si è tradotto nel ddl costituzionale, presentato al Senato da Movimento 5 Stelle e Lega, con cui si afferma l’indipendenza e la libertà dell’avvocato. Proprio la pandemia aveva costretto a mettere fra parentesi la battaglia politica dell’avvocatura. Ma per contrappasso, sono di nuovo le conseguenze del covid a rendere attuale, anche per il nuovo governo, la riforma dell’avvocato in Costituzione.