Riportiamo di seguito un ampio estratto delle lettera-appello indirizzata al ministro della Giustizia Carlo Nordio dai praticanti avvocati dell’Ordine di Milano in vista del prossimo esame di abilitazione.

Onorevole Ministro,

a nome di tutti i Praticanti Avvocati dell’Ordine di Milano iscritti al relativo registro dal 1° aprile 2022 al 7 luglio 2022, intendiamo rappresentarLe la situazione di difficoltà in cui ci troviamo a seguito dell’introduzione dell’art. 4 quater, comma 10, del D.L. 51/2023, convertito con modificazioni dalla L. 87/2023. Non vi è dubbio infatti che la disposizione richiamata abbia aggravato una situazione già di per sé caratterizzata da una notevole incertezza (...). A partire dal 1° aprile 2022, a seguito di numerose proroghe, è entrato in vigore il D.M. 9 febbraio 2018, n. 17, il quale ha stabilito l’obbligo per i praticanti avvocati di frequentare un corso obbligatorio per poter essere ammessi all’esame di abilitazione per l’esercizio della professione forense. In tale contesto, la previsione da parte della L. 87/2023 (in deroga al D.M. richiamato) di una verifica conclusiva della Scuola, intervenuta soltanto poche settimane fa e a ridosso del periodo estivo, considerato il breve lasso temporale che verosimilmente ci separa dall’esame di Stato, ci ha colto non poco di sorpresa, in quanto ci saremmo aspettati quel minimo di preavviso che in uno Stato di diritto non può essere negato a chi si appresta a svolgere un esame di abilitazione al fine di conseguire il proprio posto all’interno della società dopo anni di studio.

Allo stupore per il repentino cambiamento normativo si è poi aggiunta una certa preoccupazione, dettata dalle criticità che, a nostro avviso, investono la disposizione in questione, esponendola così ad eventuali censure di incostituzionalità. (...) Sembrerebbe che l’art. 4 quater, comma 10, introduca un regime fortemente discriminatorio per noi praticanti iscritti al relativo registro dal 1° aprile 2022 al 7 luglio 2022, in quanto, pur rientrando nella categoria generale di coloro che sosterranno l’esame di Stato nel 2023 (che comprende gli iscritti dal 6 maggio 2021 al 7 luglio 2022), siamo soggetti ad una disciplina senza dubbio maggiormente gravosa e penalizzante rispetto a coloro che si sono iscritti prima del 1° aprile 2022. Non soltanto, infatti, abbiamo l’obbligo di frequentare un corso obbligatorio di durata pari a 18 mesi, ma, ai sensi della disposizione sopra richiamata, il rilascio del certificato di compiuto tirocinio, e quindi la possibilità di essere ammessi all’esame di Stato, è per noi subordinato al previo superamento di una verifica che si pone quale prova aggiuntiva rispetto all’esame di abilitazione.

Conseguenza immediata di ciò è che all’interno del medesimo ciclo di praticanti si configura la “sottocategoria” composta da coloro i quali, soltanto per il fatto di essersi iscritti successivamente al 1° aprile 2022, ricevono un trattamento discriminatorio e fortemente penalizzante. La diversificazione appena descritta, d’altra parte, oltre a non essere supportata da alcun interesse pubblico prevalente rispetto al nostro interesse a un trattamento eguale e omogeneo, non si fonda neanche sull’esistenza di differenze sostanziali tra le due categorie richiamate. Al contrario tale distinzione è del tutto contingente in quanto costituisce il mero risultato delle ripetute proroghe che hanno procrastinato l’entrata in vigore del D.M. 17/2018 e, dunque, della Scuola Forense. A ben vedere, il Legislatore avrebbe potuto posticipare l’entrata in vigore del D.M. 17/2018 di soli tre mesi (all’8 luglio 2022) per eliminare la suddetta discriminazione e implementare il nuovo regime come unitario, per tutti i praticanti che dovranno sostenere l’esame di abilitazione nella sessione 2024.

Peraltro la necessità di ancorare l’entrata in vigore della Scuola ad un momento ben preciso era stata espressa dal Consiglio di Stato nel suo parere n. 256/2020, allorché lo stesso evidenziava l’opportunità di rinviare ulteriormente la decorrenza dell’obbligo di frequenza del corso obbligatorio allineandola definitivamente all’entrata in vigore della nuova disciplina dell’esame di abilitazione. (...)

Le criticità sopra riportate si riverberano inoltre sull’attività amministrativa demandata agli Ordini, la quale non potrà, a questo punto, che essere viziata essa stessa da eccesso di potere per violazione del principio del buon andamento della pubblica amministrazione. Benché infatti gli Ordini stiano tentando, con non pochi sforzi, di rimediare all’imposizione di una prova finale del corso disciplinata ex post rispetto all’erogazione del corso stesso, si trovano nella condizione di doverci sottoporre ad una verifica per lo svolgimento della quale la Scuola non ci ha preparato adeguatamente, incorrendo così negli stessi vizi di irragionevolezza che affliggono l’art. 4 quater, comma 10.

Non nascondiamo, infine, che la disposizione in parola ci appare di dubbia legittimità costituzionale anche sotto il profilo della proporzionalità, considerato che la tutela dell’interesse pubblico consistente nel garantire una sufficiente competenza di coloro che si accingono ad ottenere l’abilitazione per l’esercizio della professione, è già ampiamente assicurata mediante l’espletamento dell’esame di Stato, rispetto al quale la verifica si pone quale prova aggiuntiva (non ritenuta invece necessaria per i praticanti iscritti precedentemente al 1° aprile 2022). Ciò consegue al fatto che quest’ultima ha caratteristiche del tutto simili alla prova scritta dell’esame di abilitazione, con la conseguenza che le competenze che entrambe le prove sono preordinate a verificare sono le medesime. In tale prospettiva il principio sopra richiamato, che imporrebbe l’utilizzo del mezzo più mite per la realizzazione dell’interesse pubblico perseguito, a nostro parere non può dirsi rispettato da una disposizione che introduce una verifica altamente penalizzante senza fornire il minimo preavviso nonostante manchi qualsiasi requisito d’urgenza, posto che l’interesse pubblico risulta già ampiamente tutelato.

La mancanza di un preavviso sembrerebbe, in realtà, disvelare i tentativi del Legislatore di rimediare ai propri ritardi, i quali tuttavia non possono legittimamente tradursi in un peso ingiusto per coloro che da molti mesi a questa parte si impegnano ogni giorno al fine di poter svolgere la professione per cui hanno investito anni di studio.

Alla luce di quanto sopra rappresentato, nella speranza che sia ristabilita una situazione di giustizia che possa dirsi degna di questo Paese, Le chiediamo di considerare le nostre richieste affinché il mancato superamento della verifica finale del corso obbligatorio non risulti ostativo all’accesso all’esame di Stato.

Con osservanza,

i Praticanti Avvocati dell’Ordine di Milano