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Le strade della Camera penale di Roma e di Renato Borzone si dividono dopo quasi 35 anni. Lo ha annunciato lui stesso su Facebook. «Da tempo non mi riconosco più nella politica associativa», scrive lo storico penalista che nel 2018 sfidò a Sorrento, perdendo per soli 27 voti, l’attuale presidente Ucpi Gian Domenico Caiazza. L’epilogo era inevitabile, leggendo anche le motivazioni che lo hanno portato ad allontanarsi dall’attuale dirigenza romana ma, se vogliamo, anche da quella nazionale: «Succubanza nei confronti della magistratura associata; acquiescenza a scelte nazionali violative dello Statuto, con la singolare proroga di un anno della “legislatura” dell’Ucpi; modalità di conduzione delle campagne elettorali, ormai assimilabili a quelle ordinistiche, fondate su slogan insulsi e aperitivi serali; assoluta carenza di ogni capacità di elaborazione politica - condivisibile o men - ridotta allo “scimmiottamento” di pensieri da altri provenienti; prosecuzione della politica consociativa di convegni e convegnetti privi di alcuno spessore, destinati alla visibilità personale nei confronti della magistratura da parte di “esponenti” della Camera penale destinatari di molteplici cariche e sottocariche distribuite a pioggia; completa abdicazione ad ogni possibile intervento e discussione politica circa le vicende che hanno coinvolto l’ex pm Palamara; incapacità assoluta di affrontare i temi relativi alle permanenti violazioni della difesa negli uffici giudiziari romani». In passato Borzone è stato presidente della Cp di Roma, dopo aver rivestito le cariche di segretario e vicepresidente. Importantissimo, sebbene non valorizzato come avrebbe meritato, anche il lavoro da lui svolto in qualità di responsabile dell'Osservatorio informazione giudiziaria dell'Ucpi (il Libro bianco del 2017 sui rapporti tra mezzi di comunicazione e processo penale da lui curato anticipa molti temi oggi divenuti di grande attualità). Anche alla luce di questi suoi trascorsi, l'attuale presa di posizione di Borzone è destinata a far discutere. Dalle parole che ha deciso di rivolgere ai vertici della Cpr, infatti, traspare l'orgoglio di esercitare una funzione, quella difensiva, fondamentale in uno Stato democratico, ma anche un senso di unione e di comunità che secondo molti oggi si sarebbe un po' perso all'interno delle Camere penali. Sulle motivazioni che hanno spinto il noto penalista romano a fare questa sofferta scelta si possono avere i giudizi più disparati, ma è indubbio che la storica associazione dei penalisti deve molto all'impegno di avvocati come Borzone, la cui assenza avrà comunque un peso all'interno della Cpr. Dopo la polemica sui rapporti con la massoneria, ora anche queste dimissioni: l'avvio della presidenza Scalise non può dirsi certo esaltante.