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Luigi Manzi
La Corte di Cassazione civile, sezione sesta, ha ribadito, con l’ordinanza n. 15443 pubblicata il 3 giugno, che il Tribunale deve liquidare il compenso dell’avvocato secondo i minimi tariffari, salvo quando ci siano motivi per una diversa remunerazione, che però vanno illustrati.Quello della mancata applicazione delle tariffe minime previste dal Dm 55/2014 (il “Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense”, o in breve “dei parametri forensi”) è un problema tutt’altro che raro per gli avvocati chiamati a svolgere attività professionali in procedimenti che spetta ai Tribunali stessi remunerare. L’ordinanza 15443 è stata emanata in risposta a un ricorso presentato dall’avvocato Maurizio Memmo, a seguito dell’ordinanza del Tribunale di Lecce del 3/6/2020, con la quale si liquidava con 600 euro le spese per il recupero di un credito, effettuato dall’avvocato Memmo nell’ambito di una sostituzione di un difensore d’ufficio. Il ricorso si basava sul principio per cui il compenso per l’attività svolta dal legale per il recupero del credito era parziale e forfettario, e pertanto lesivo del decoro professionale, oltre a violare gli articoli 82 e 116 del Dpr 115/2002 (“Testo unico in materia di spese di giustizia”). La Suprema corte ha ritenuto il motivo fondato, e ha richiamato il Dm 55/2014 recante i parametri medi per i compensi degli avvocati, per affermare che il giudice si può discostare da essi, purché si mantenga tra il minimo e il massimo, risultanti dall’applicazione delle percentuali di scostamento (in più o in meno). Chiarito questo, la Cassazione ha ammesso che i giudici possono discostarsi dai parametri, essendo nel Dm 55/2014 presente l’inciso “di regola”, ma tale possibilità può essere esercitata solo in presenza di una specifica motivazione, che va evidentemente illustrata. Pertanto, secondo la Suprema corte, i giudici devono indicare il sistema di liquidazione adottato, e quindi la tariffa applicata alle varie prestazioni svolte dall’avvocato, che sono riconosciute come meritevoli di compenso. Invece, la sentenza del Tribunale di Lecce impugnata, pur elencando le attività svolte dal difensore d’ufficio per il recupero del credito (richiesta del decreto ingiuntivo, notifica del decreto e dell’atto di precetto, esecuzione mobiliare, procedimento ex art. 492-bis c.p.c., ed esecuzione mobiliare presso terzi), ha liquidato il compenso in modo omnicomprensivo, senza indicare le ragioni della decurtazione rispetto all’importo risultante dall’applicazione dei parametri.