È il 24 gennaio 1977, alle 22,30 un commando terrorista piomba in un appartamento di calle Atocha a Madrid, all’interno lo studio di un collettivo di avvocati specializzati in conflitti sociali e diritti del lavoro. Sono tutti membri del partito comunista che, nella Spagna della transizione post-franchista, era ancora fuorilegge. Stanno cercando Joaquín Navarro, leader del sindacato delle commissioni dei lavoratori dei trasporti di Madrid, nemico giurato dell’amministrazione municipale piena di uomini del vecchio regime che pochi giorni prima aveva definito «mafiosa».

Navarro non è in sede ma il commando porta a termine il lavoro, compiendo una strage: muoiono cinque persone, gli avvocati Enrique Valdelvira Ibáñez, Luis Javier Benavides Orgaz e Francisco Javier Sauquillo, lo studente di diritto Serafín Holgado de Antonio e Ángel Rodríguez Leal, un assistente amministrativo. I terroristi gli hanno sparato alle spalle, mentre avevano le mani in alto, con il volto rivolto verso il muro. Il massacro suscita un’emozione enorme, ai funerali delle vittime partecipano oltre 150mila persone e il sanguinoso colpo di coda dei nostalgici di Francisco Franco, la cosiddetta ”alleanza apostolica anti-comunista”, accelera la corsa della Spagna verso la democrazia.

È in memoria della mattanza de Atocha, del tributo di sangue pagato dai giuslavoristi spagnoli, che nel 2015 viene fondato l’Oiad, l’Osservatorio internazionale degli avvocati in pericolo, sotto l’impulso dei Consigli nazionali forensi italiano e francese, dell’ordine degli avvocati di Parigi e dal Consiglio generale dell’avvocatura spagnola. Dopo nove anni di lavoro l’Oiad conta oggi 49 membri attivi e 14 membri associati a sostegno della propria missione.

L’ambizione dell’Oiad è grande almeno quanto lo sono le violenze subite dagli avvocati in un mondo attraversato da nuove guerre e nuovi conflitti, dal sistematico attacco ai diritti umani e allo Stato di diritto, un focus permanente sugli abusi perpetuati dai regimi autoritari che calpestano la separazione dei poteri, ma anche da democrazie fragili sedotte dal populismo giustizialista o autentiche “democrature” dove le libertà permesse sulla carta vengono fatte a pezzi nella pratica quotidiana. Non si tratta soltanto di solidarietà e testimonianza, da quando è venuto alla luce l’Oiad funziona come strumento concreto di tutela che fornisce assistenza materiale, ma anche supporto psicologico e morale agli avvocati in pericolo nelle diverse aree di crisi, per richiamare all’attenzione della società civile e degli attori politici e istituzionali sulle violazioni del diritto di difesa e sugli enormi rischi che molti colleghi corrono solo per esercitare la propria funzione pubblica a tutela dei diritti individuali e collettivi. Questo lavoro di denuncia mediatica è necessario per illuminare le tante zone d’ombra in cui il diritto viene cancellato, a meno che l’esposizione mediatica non costituisca un serio pericolo per l’incolumità degli avvocati.

Nei suoi interventi l’Oiad segue una precisa metodologia di lavoro: in primo luogo l’individuazione e la verifica della situazione di rischio che avviene tramite una fitta rete di collaboratori e contatti sul campo. Una volta verificate le informazioni, viene presa una decisione sull'azione appropriata per aumentare la protezione dell'avvocato e redatta una segnalazione, una comunicazione o una lettera alle autorità competenti. Infine l'iniziativa viene approvata dal direttivo dell'Osservatorio, tradotta in cinque lingue e pubblicata sui social network.

Ci sono diverse tipologie di abusi subiti dai difensori, tra le più frequenti le detenzioni arbitrarie, spesso al termine di al termine di processi sommari, se e quando questi hanno luogo. Come lamenta lo stesso Oiad è una pratica corrente a latitudini diverse: «Tali atti sono spesso conseguenza di dichiarazioni pubbliche, sia che si tratti di critiche alle forze dell'ordine o ai servizi di sicurezza – i quali, con le loro azioni vessatorie, zittiscono i dissidenti politici (Mohammed Ziane - Marocco) – sia che si tratti di smentire accuse formulate contro dei clienti (Joseph Sanane Chiko - RDC). Queste minacce si estendono anche ai familiari degli avvocati, come nel caso del Presidente dell’ordine di Diyarbakir (Nahit Eren - Turchia), membro dell’OIAD, del quale sono state divulgate sui social notizie importanti attinenti alla vita privata e familiare». Un altro punto dolente sono i diritti delle donne, dall’Afghanistan del talebani risprofondato nella segregazione femminile alla Colombia dove le avvocate che si battono contro la violenza di genere e difendono le vittime delle sparizioni forzate da parte della polizia sono costantemente minacciate e intimidite.

Quest’anno i riflettori dell’Oiad puntano sull’Iran dove è in corso una feroce repressione come risposta al movimento di protesta che scuote le fondamenta della teocrazia sciita. Decine gli avvocati sbattuti carcere (almeno 66) per aver offerto sostegno ai manifestanti fermati dalla polizia politica, “difesi” d’ufficio da legali approvati dal regime. Il volto della dissidenza e della resilienza dell’avvocatura iraniana è incarnato da Nasrin Soutudeh la legale condannata a 38 anni di prigione e 148 frustate.

Non è facile ottenere una banca dati esaustiva di tutti gli avvocati vittime di arbitrio nel mondo, i legali radiati da ordini professionali legati a doppio filo ai regimi, i difensori dei dissidenti politici assimilati ai loro clienti e sbattuti in prigione, quelli addirittura assassinati, dalla violenza di Stato o da gruppi privati, paramilitari, narcotrafficanti, organizzazioni criminali. Molti casi sono ancora sommersi, nascosti dalle dittature e dalle loro burocrazie ed è per questo che l’Oiad è un osservatorio necessario per chiunque abbia a cuore i diritti e l’avvenire e l’anima stessa della democrazia.