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Nel “cuore dell’Europa”, con la guerra tra Ucraina e Russia, e sulle rive del Mediterraneo, con la guerra sulla Striscia di Gaza, si stanno di nuovo scrivendo alcune pagine molto tristi della storia. Il diritto può affermarsi nel tortuoso percorso contraddistinto dai conflitti armati e può tutelare le popolazioni civili che pagano sempre il prezzo più alto?
A questa e ad altre domande risponderanno i giuristi che interverranno il 7 e l’8 giugno prossimi a Siracusa, presso la Camera di Commercio, nel corso dell’evento intitolato “Guerra e diritto” organizzato dal Consiglio nazionale forense e dalla Fondazione dell’avvocatura italiana, in collaborazione con l’Ordine degli avvocati di Siracusa e dall’Unione degli Ordini forensi della Sicilia. I convegni sono accreditati dal Consiglio nazionale forense ed è previsto per i partecipanti il riconoscimento di 6 crediti validi per la formazione continua.
Il programma prevede diversi approfondimenti sul ruolo dei Tribunali internazionali, sul diritto umanitario, sul senso dei confini territoriali e sul delicato ruolo svolto dagli avvocati nelle zone di guerra e di confine. I lavori saranno aperti venerdì 7 giugno, a partire dalle ore 15, con i saluti del Sindaco di Siracusa, Francesco Italia. Il presidente del Consiglio nazionale forense e della Fondazione dell’avvocatura italiana, Francesco Greco, presenterà l’iniziativa che comprende quattro sessioni di lavoro. Interverrà Paolo Benvenuti (emerito di diritto internazionale dell’Università Roma Tre). Giuseppe de Vergottini (emerito di diritto costituzionale dell’Università di Bologna “Alma Mater”) affronterà il tema della Costituzione quale limite ai conflitti armati, mentre Julie Goffin (International criminal court bar association) parlerà del lavoro dei tribunali internazionali.
Nella seconda sessione (con inizio alle 17.30) si parlerà di confini, nemici e diritti della persona nella letteratura e nell’arte. I lavori saranno moderati dall’avvocato Mario Napoli, componente del Cnf e del Comitato direttivo della Fai. Interverranno Roberto Cazzola (“I limiti, confini e sentimenti”) e Alberta Bollati (“La finestra nell’arte”).
Sabato 8 giugno, a partire dalle ore 10, si terrà la tavola rotonda dedicata al tema “Essere avvocati in zone di guerra e di confine”. Le due sessioni saranno coordinate da Vittorio Minervini (componente del Cnf e vicepresidente della Fondazione dell’avvocatura italiana). Sono previsti gli interventi di Leonardo Arnau (componente del Cnf e coordinatore della commissione diritti umani del Consiglio nazionale forense) e Paolo Bargiacchi (ordinario di diritto internazionale dell’Università degli Studi di Enna “Kore”.
Durante l’ultima sessione (alle ore 11.30) si svolgerà un dialogo a più voci, moderato dal giornalista Marco Micciché, con al centro le storie degli avvocati che riaffermano la tutela dei diritti in tempo di guerra. Daranno il loro contributo Silvana Arbia (già prosecutor del Tribunale penale internazionale per il Ruanda), l’avvocato Dmitry Zakhvatov (difensore di alcuni dissidenti russi) e l’avvocata Darya Kondratyeva del Foro di Milano. Interverranno anche il direttore del Dubbio, Davide Varì, l’avvocata Barbara Porta del Foro di Torino (osservatrice Oiad per i processi internazionali), Francesco Favi (avvocato del Foro di Siracusa, componente del Cnf), Leonardo Arnau (Cnf) e Roberto Giovene di Girasole (avvocato del Foro di Napoli).
La giornata di lavori si concluderà con la proiezione dei servizi giornalisti dedicati agli avvocati turchi imprigionati Ebru Timtik e Aytac Unsal e la presentazione del libro “Avvocati di guerra” (edizioni Guerini e Associati).
La storia di Ebru Timtik è emblematica: la sua battaglia è durata 238 giorni. Giorni in cui ha scelto di non mangiare, usando il proprio corpo come arma contro la giustizia turca, che di diritti non vuol sentir parlare. Si è lasciata morire così Ebru, dopo esser stata arrestata insieme ad altri 18 colleghi per il suo impegno nella difesa dei diritti civili in Turchia. Il 14 agosto 2020 la Corte costituzionale turca ha respinto la richiesta di rilascio a scopo precauzionale sia per lei che per il collega Aytaç Ünsal (attualmente in carcere), entrambi in sciopero della fame, nonostante le loro condizioni di salute fossero già molto compromesse. Per la Corte, però, non c’erano «informazioni o reperti disponibili in merito all'emergere di un pericolo critico per la loro vita o la loro integrità morale e materiale con il rigetto della richiesta per il loro rilascio».
Le storie di Timtik e Unsal devono far riflettere; accendono i riflettori sulle condizioni in cui sono costretti a lavorare gli avvocati in alcuni Paesi, come la Turchia di Erdogan, attenti ad una continua legittimazione internazionale, ma cinici nel colpire chi è impegnato in prima linea nella difesa dei diritti.