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Si è conclusa da poco la missione in Turchia dell’Oiad (Osservatorio degli avvocati in pericolo), al quale aderisce il Consiglio nazionale forense, per monitorare le condizioni degli avvocati perseguitati. Tra gli osservatori anche Barbara Porta del Foro di Torino e Antonio Fraticelli del Foro di Bologna.
Nei giorni in cui i due legali italiani si trovavano ad Istanbul è avvenuta, dopo un anno di carcerazione preventiva, la liberazione delle avvocate Betul Kozaglaci e Seda Saraldi, coinvolte in un processo al centro proprio della missione Oiad delle scorse settimane. «In Turchia – dice Barbara Porta -, assistiamo ad un abuso, durante la celebrazione dei processi, dell’utilizzo di testimonianze segrete con una costante sovrapposizione ed immedesimazione tra assistiti e difensori, senza dimenticare l’applicazione da molti anni della legge emergenziale antiterrorismo. Una situazione che non giova allo svolgimento sereno della professione forense».
La vicenda giudiziaria di Betul Kozaglaci e Seda Saraldi dimostra il momento difficile che vive l’avvocatura turca, in modo particolare quella impegnata nella difesa dei diritti umani. A tal proposito il paragone con la Russia diventa quasi spontaneo, considerato che pure in Turchia spesso il difensore è assimilato al proprio assistito, soprattutto nei casi riguardanti oppositori e dissidenti politici.
La vicenda di Kozaglaci e Saraldi risale 6 febbraio 2024, quando tre persone furono uccise dalla polizia nel corso di un attacco armato al tribunale di Çaglayan. La polizia ha concentrato una serie di sospetti su un uomo e una donna ritenuti vicini al “Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo” (Dhkp-C). In merito all’episodio di un anno fa non c’è mai stata una rivendicazione ufficiale anche se la polizia e l’autorità giudiziaria hanno considerato i due attentatori appartenenti al partito Dhkp-C, classificato in Turchia come “organizzazione terroristica” (la terza vittima era un passante).
La smentita del “Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo” è arrivata subito: non si è trattato di un attentato nel tribunale. La reazione della polizia è stata sproporzionata, dato che sono stati colpiti a morte due componenti dell’organizzazione nonostante fossero disarmati. Durante le indagini sono stati accusati di complicità alcuni avvocati che in passato difesero i soggetti coinvolti nei fatti di Çaglayan. Tra questi Kozaglaci e Saraldi, componenti dell’Associazione degli avvocati progressisti (Çhd). Alle due professioniste è stato contestato il reato di appartenenza ad un'organizzazione terroristica.
«L’arresto delle due colleghe – evidenziano Barbara Porta e Antonio Fraticelli - non si è basato su alcuna prova concreta e conclusiva e, come spesso accade in Turchia, costituisce una chiara violazione del diritto internazionale a tutela degli avvocati, che vieta qualsiasi equiparazione degli avvocati ai loro clienti. L'Associazione degli avvocati progressisti del Çhd è ancora una volta nel mirino delle autorità giudiziarie. In passato, infatti, hanno già condannato diversi suoi appartenenti e leader a decine di anni di carcere e ucciso l’eroica Ebru Timtik».
In Turchia Porta e Fraticelli hanno assistito ad una udienza del processo Saraldi, svoltasi davanti alla Corte d’assise di Istanbul. Un particolare ha colpito i due avvocati dell’Oiad: l’intervento di testimoni le cui generalità non vengono diffuse. Una pratica a quanto pare diffusa che consente all’accusa di essere molto avvantaggiata per raggiungere i risultati che si prefigge.
«Il processo – commentano gli avvocati Porta e Fraticelli - ha mostrato con particolare chiarezza le prove discutibili contro Seda Şaraldı e l'assurdità generale del procedimento in cui è stata coinvolta. La difesa è riuscita a evidenziare numerose contraddizioni nelle dichiarazioni del testimone segreto. L'accusa si è concentrata in particolare sulle attività di avvocato di Şaraldı. La difesa, a sua volta, ha chiesto il rilascio immediato, facendo riferimento in particolare a casi simili in cui gli imputati erano già stati rilasciati. Durante la nostra missione in Turchia abbiamo potuto constatare che gli avvocati del Çhd sono perseguitati per il loro status professionale e per la rilevanza politica dei clienti che rappresentano e difendono. Tra questi, le famiglie dei minatori morti in alcuni incidenti, i lavoratori sfruttati, i politici che militano nei partiti di opposizione».
Altri avvocati sono tuttora in carcere in Turchia. Volkan Bilece è stato arrestato il 14 febbraio scorso. Yıldız İmrek e Nurcan Kaya sono stati invece arrestati quattro giorno dopo in una retata contro gli appartenenti ad un’organizzazione politica. «Questi arresti – concludono Barbara Porta e Antonio Fraticelli - fanno parte di una crescente criminalizzazione della professione legale e di una limitazione mirata del diritto di difesa. La situazione è grave: le organizzazioni degli avvocati turchi chiedono la solidarietà internazionale e l’immediato rilascio dei colleghi incarcerati. In questo contesto è necessario il sostegno dell’avvocatura internazionale».