Ci siamo quasi. Dal 1 marzo avvocati e magistrati si confronteranno con la riforma del processo civile, che originariamente sarebbe dovuta entrata in vigore dal 30 giugno. L’anticipazione di quattro mesi, che ha suscitato perplessità e preoccupazioni nell’avvocatura, ha pure una motivazione economica. Per evitare di perdere una tranche delle somme messe a disposizione dal Pnrr, pari a 19 miliardi, l’esecutivo ha preferito accelerare nello scorso mese di dicembre dopo una serie di approfondimenti svoltisi presso il ministero della Giustizia. L’entrata in vigore della riforma civile dal prossimo 1 marzo è addirittura in ritardo rispetto a quello che chiedeva l’Europa, considerato che già dal 2021 l’Italia si era impegnata a varare le riforme processuali e farle partire nel dicembre 2022. La riforma del processo civile è comunque una tappa importante per il diritto italiano. Sono trascorsi ottant’anni dall’entrata in vigore del Codice di procedura civile e il legislatore è intervenuto in maniera radicale e organica sull’impianto del Codice di rito.

LE PREOCCUPAZIONI DELLE TOGHE

L’avvocatura con il Consiglio nazionale forense e l’Organismo congressuale forense ha sin da primo momento fatto sentire la propria voce, criticando l’anticipazione della riforma civile. A seguito di un incontro avuto con il capo di Gabinetto del ministro della Giustizia, l’Ocf ha presentato un dettagliato documento in cui sono riportati i numerosi articoli del codice processuale oggetto di riforma, le principali criticità e alcune proposte di modifica, ovvero di soppressione.

«Abbiamo ribadito a più riprese con l’avvocatura istituzionale ed associativa – dice Mario Scialla, coordinatore dell’Ocf – che il rischio è quello del caos nei Tribunali civili. Questa preoccupazione non riguarda noi avvocati, ma l’organizzazione degli uffici giudiziari. Un tema che mi induce a replicare con garbo a qualche accademico, che, evidentemente, non ha ben compreso che l’avvocatura arriverà come al solito preparata. Non è così, però, per l’apparato giustizia. Noi non stiamo protestando perché ci tocca studiare con attenzione le nuove norme, ma perché, vivendo nei Tribunali, a differenza di chi ha una visione meno quotidiana delle disfunzioni della giustizia, abbiamo ben presente la realtà. Di qui la nostra scelta politica». Il riferimento del coordinatore di Ocf è a due “opposte ipotesi”. «Quella di ritirarci sull’Aventino – afferma - e criticare semplicemente oppure scendere in trincea e non assistere passivamente al naufragio annunciato, provando ad evitare tale previsione».

«Affinché la nostra protesta non sia sterile – aggiunge Scialla – ci stiamo adoperando in questi giorni per interloquire con via Arenula sui regolamenti attuativi. La vera possibilità è quella di recepire una parte delle nostre osservazioni in tali regolamenti che concedono maggiore elasticità e favorirebbero il miglioramento di una riforma ampia e complessa. Il documento inviato al ministero della Giustizia è stato fatto per suggerire interventi efficaci e possibili da realizzare. I tavoli di lavoro sono una conseguenza del nostro impulso e degli spunti offerti. In questi giorni ci saranno nuovi contatti e auspichiamo che ci sia una ricezione che tenga conto pure della situazione sul fronte informatico e telematico all’interno degli uffici giudiziari».

ALCUNE NOVITÀ DELLA RIFORMA

Gli avvocati si faranno trovare pronti di fronte «all’ennesima operazione di adeguamento», come la definisce l’avvocato Giandomenico Catalano del Foro di Roma. «Anzitutto – sostiene sarà necessario un nuovo codice aggiornato, facendo attenzione che siano indicate anche le modifiche apportate dai provvedimenti di fine dicembre 2022, legge di bilancio e mille-proroghe. È opportuno leggere i contributi della dottrina che hanno già ampiamente esaminato le principali innovazioni portate dal combinato disposto della legge delega n. 206/2021 e del decreto legislativo n. 149/2022».

Sin dalle prime battute del processo di cognizione gli avvocati dovranno inquadrare con nitidezza ogni aspetto della controversia. «Viene richiesta – spiega Catalano - la redazione di atti più completi fin dalla prima difesa sia dell’attore che del convenuto, nel rispetto del principio di chiarezza e sinteticità, ora codificato. Le memorie con le richieste istruttorie, i noti termini ex articolo 183 c.p.c., vengono anticipate con scambio di difese fra le parti nella fase antecedente la prima udienza. Qui il giudice vede aumentati i poteri direttivi di gestione delle udienze e potrà “potenzialmente” decidere la causa o comunque prendere le decisioni sulle richieste di prove, fissare il calendario del processo ovvero optare per il rito semplificato. Il riferimento è all’articolo 183-bis c.p.c., introdotto dal d.lgs. 149/2022. Per chi dovrà proporre nuovi giudizi dal 1 marzo, attenzione, dunque, soprattutto alla ricordata nuova competenza per valore del Giudice di pace, ferme restando le competenze per materie già esistenti».

La riforma prevede che il giudice compia delle verifiche preliminari. «Riguardano – aggiunge l’avvocato Catalano - la regolarità del contradditorio, l’esistenza di questioni rilevabili d’ufficio ed il rispetto delle condizioni di procedibilità ovvero l’esistenza di presupposti per procedere con rito semplificato, da segnalare alle parti per la redazione delle memorie integrative ed istruttorie. Anche i giudici hanno compiti di rilevante importanza e termini ristretti per agire ed è questa una delle scommesse sulle quali il legislatore ha investito. A tal riguardo l’avvocatura è scettica, conoscendo la grave situazione di carenza degli organici dei magistrati e di dissesto organizzativo degli uffici».

Altro aspetto importante riguarda le “avvertenze” per i legali. «Il termine a comparire di cui all’articolo 163 bis – evidenzia Catalano - non è più di 90 bensì di 120 giorni e va modificata pure la formula della vocatio in ius di cui al comma 7 dell’articolo 163 c.p.c., sia con riferimento al termine a comparire, non più di 20 ma di 70 giorni, sia per le avvertenze che ormai ricoprono molte righe dell’atto. Il convenuto deve ora costituirsi 70 giorni prima dell’udienza, prendendo posizione in modo chiaro e specifico sui fatti di causa e depositare i documenti che offre in comunicazione».

ASPIRANTI TOGHE ALLE PRESE CON LE NOVITÀ NORMATIVE

L’ormai famosa anticipazione della riforma civile avrà dirette ripercussioni sull’esame per diventare avvocato. A tal riguardo l’Aiga, presieduta da Francesco Perchinunno, ha proposto di escludere dalla prima prova i quesiti che hanno esclusivo e diretto riferimento alla riforma Cartabia e alle novità normative. L’entrata in vigore è prevista in concomitanza con le prime prove degli esami per l’iscrizione negli albi degli avvocati. La proposta dell’Aiga tiene conto dell’orientamento delle Commissioni esaminatrici delle Corti d’Appello di Roma, Napoli e Milano, che hanno previsto di non somministrare ai candidati, durante la prima prova orale, i quesiti sulle novità introdotte dalla riforma Cartabia, «pur ritenendo che le stesse potranno essere trattate dal candidato ovvero oggetto della seconda prova orale».

«Al contempo – rileva l’avvocato Perchinunno - diverse altre sottocommissioni sembrerebbero andare in direzione opposta e per questo è necessario uniformare gli orientamenti delle diverse Corti d’Appello, escludendo casi pratici riferibili alla riforma Cartabia, per evitare ingiustificate differenze di trattamento a seconda dell’orientamento delle singole Commissioni e della zona territoriale».