“Eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno”: così Ippocrate nel famoso giuramento dei medici, a mente di voler rifuggire da ogni influenza esterna, da interessi estranei alla propria funzione o al proprio compito. Parimenti, l’Avvocato quale figura necessaria e divisa tra il rispetto delle Leggi dello Stato, del Codice Deontologico e dei doveri di assistenza del Cliente da qualsiasi accusa. L’Avvocato quale Parte processuale, già costituzionalizzata e in via di ulteriore esplicitazione, con la riforma che sancirà l’indipendenza della sua funzione.

Ed è proprio l’indipendenza un tassello della professionalità che mira a mantenere mind free l’approccio dell’Avvocato al caso, sterilizzando rischi di conflitti d’interesse che possano minare il suo operato. Non stupisce dunque che il Codice Deontologico, come noto, dedichi ampio spazio proprio all’indipendenza del ruolo che è chiamato a svolgere l’Avvocato nell’esercizio delle sue funzioni.

La recente giurisprudenza del Consiglio nazionale forense (tra tutte, Pres. f. f. M. Napoli, rel. M. Napoli, arresto n. 217 del 23 ottobre 2023) è intervenuta sul tema del conflitto d’interessi, affermando il principio secondo il quale l’affidamento della collettività sulla capacità degli avvocati di far fronte ai doveri che l’alta funzione esercitata impone è segmento altamente tutelato e irriducibile. Nella formulazione dell’articolo 24 del Codice Deontologico Forense, la fattispecie viene espressamente ampliata all’ipotesi in cui il conflitto d’interessi sia anche solo potenziale (“… quando questa possa determinare un conflitto...”), in linea, dunque, con la Carta dei Principi dell’Avvocato Europeo, la quale esplicita che fosse sufficiente anche la mera potenzialità, il velato fumo d’interesse, per indurre l’Avvocato a non accettare l’incarico o a rimettere il fascicolo nelle mani del Cliente qualora quell’ombra si manifestasse in un momento successivo.

Ne consegue dunque che il divieto di prestare attività professionale in violazione del principio succitato risponde all’esigenza di conferire protezione e garanzia non solo al bene giuridico dell’indipendenza stessa e dell’autonomia del professionista, ma, altresì, alla necessità che tale natura appaia anche senza alcuna incertezza. L’apparire indipendenti è importante tanto quanto esserlo effettivamente, dovendosi in assoluto proteggere la dignità dell’esercizio professionale e l’affidamento della collettività sulla capacità degli Avvocati di far fronte ai doveri che la funzione esercitata impone, a tutela dell’immagine complessiva della categoria, in prospettiva ben più ampia rispetto ai confini di ogni singola vicenda professionale.

Su tale tracciato, le ultime vicende che vedono un Collega Avvocato, Michele Laforgia, candidato sindaco alle prossime Comunali di Bari e legato da un rapporto defensionale con il co- editore di una importante testata giornalistica, simbolo della città per la quale lo stesso è candidato, impongono una riflessione su alcune ipotesi. Innanzitutto: ci sono i presupposti per una remissione dell’incarico professionale? Ed eventualmente, i motivi di una simile decisione sarebbero di ordine deontologico o di mera opportunità?

Analizzando casi analoghi su precedenti sui quali si è espresso il Cnf, chi scrive ritiene che il citato articolo 24 del Codice Deontologico miri a evitare situazioni che possano far dubitare della correttezza dell’operato dell’avvocato e, quindi, perché si verifichi l’illecito, è sufficiente che potenzialmente l’opera del professionista possa essere condizionata da rapporti di interesse con la controparte. Peraltro, facendo riferimento alle categorie del diritto penale, la norma in questione è pari a un illecito di pericolo, quindi la mancanza di danno è irrilevante perché il danno effettivo non è elemento costitutivo dell’illecito in sé (così, Cnf, sentenza del 12/ 9/ 2018, n. 101; e, conformi, Cnf n. 38/ 18, 186/ 17, 394/ 16, 265/ 16, 110/ 14, 222/ 13; 90/ 13; 142/ 10). Ne consegue che l’interesse e quindi il conflitto di cui sopra emerge là dove s’ingeneri nella collettività la presupposizione che mantenere l’incarico professionale possa in qualche modo avvantaggiare il candidato sul piano mediatico e pubblicitario.

L’Avvocato è una figura cruciale per la democrazia. Ed è garanzia essenziale per il cittadino: finché l’Avvocato è libero di scegliere il cliente che vuole, il cittadino sa che qualsiasi cosa gli accada, in qualsiasi circostanza si trovi, potrà avere un difensore indipendente. La garanzia qui espressa alimenta la democrazia, così come lucidamente descritto nell’opera “L’Avvocato necessario” di A. Mittone e F. Gianaria, per i quali la professione dell’avvocato è “anfibia: galleggia tra l’interesse pubblico e quello privato e deve rispondere a pretese spesso confliggenti. L’avvocato è diviso tra il bene del cliente e la dimensione pubblico- giudiziaria: l’indifferenza emotiva è la condizione per difendere chiunque da qualsiasi reato”.