di LEONARDO ARNAU PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI PADOVA

La Giornata europea della Giustizia, celebrata il 25 ottobre, è l’occasione per operare alcune riflessioni sul funzionamento della Giustizia nel nostro Paese. Giustizia è parola dalla pluralità di accezioni.

Evoca il sogno di libertà e uguaglianza per tutti che attraversa la storia dell'umanità. Ma indica anche gli strumenti messi a disposizione per raggiungere tale obiettivo, per dirimere le controversie tra i cittadini e perseguire i reati. Strumenti costituiti da leggi, tribunali, magistrati, avvocati. I due significati si intrecciano. Gli strumenti servono il sistema dei valori cui inerisco e sono accettati o contestati a seconda del livello di condivisione di quel sistema. Se per secoli ha trionfato la disuguaglianza è naturale che la giustizia non sia amata dai meno uguali.

Il primo dei significati della giustizia, quello che fa riferimento al valore, si affaccia, come speranza e prospettiva di riscatto, anche sul versante istituzionale. Ciò anche se, nel nostro Paese, una storia di divisioni abbia ostacolato il formarsi sulla giurisdizione di un comune sentire. Il quadro muta con la Costituzione, elemento di propulsione in difesa dei diritti e dell'uguaglianza delle persone.

È oggi opinione condivisa che la ripresa del Paese passi attraverso la riforma della giustizia, che Governo e Parlamento hanno da pochi giorni parzialmente approvato, chiamati ad attivarsi dall’Ue nella messa a punto del Recovery Plan e del Pnrr, finanziata con due miliardi di euro.

La riforma non può, tuttavia, prescindere dalla fiducia dei cittadini nei confronti dei protagonisti della giurisdizione. A partire dai magistrati. Per il recente Rapporto Italia 2021 dell’Eurispes, il consenso che i cittadini ripongono nella magistratura è stato negli ultimi tre anni stabile. Il calo più preoccupante si è registrato nell’ultimo anno (dal 49,3% del 2020 al 47,7% del 2021). Troppo semplice imputare questo andamento solo agli ultimi recenti scandali. Qualcosa nell’immaginario dei cittadini sta mutando. La fiducia degli italiani verso la giustizia è condizionata dalla lentezza dei procedimenti. Sul fronte civile, la possibilità di ottenere giustizia in tempi ragionevoli è ormai quasi una chimera, ma anche nel penale la lentezza della nostra macchina giudiziaria è scoraggiante.

Il 62,3% degli italiani individuano nella durata irragionevole dei processi la principale causa del malfunzionamento della giustizia italiana e di uno sviluppo economico rallentato.

Una convinzione che si è rafforzata nel tempo. La riforma del sistema, in direzione di una maggiore efficienza, rappresenta uno dei punti chiave della riforma. Obiettivi la riduzione della durata dei processi, l’innovazione dei modelli organizzativi e del personale, l’implementazione delle tecnologie e della digitalizzazione.

Il ragionamento è analogo nel penale ove la ragionevole durata del processo come diritto dell’imputato, ma anche delle vittime, rappresenta un principio costituzionale, purtroppo, costantemente violato nel nostro Paese.

È necessario ricordare che in un sistema democratico, la fiducia dei cittadini nella giustizia, lungi dall'essere un optional, è un elemento strutturale: se viene meno, si incrina il principio per cui le sentenze sono pronunciate “in nome del popolo” e si affaccia il rischio di derive disgreganti ed anticostituzionali. Fiducia vuol dire anche accettazione della giurisdizione come garanzia per i diritti dei cittadini e delle regole di convivenza, nonché come fattore di equilibrio del sistema istituzionale. Si tratta di un'accettazione che, lungi da rifiutare le critiche, se ne nutre, nella consapevolezza che aiutano a sbagliare di meno. Una fiducia che il sistema giustizia deve, oggi, guadagnarsi nuovamente.