Il comma 890 dell’articolo 1 della legge 29 dicembre 2022 n. 197 (“Finanziaria 2023”) ha disposto che “Le competenze attribuite ai sensi dell'articolo 21 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, fermo quanto previsto dall’articolo 9, comma 1, del decreto- legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, si interpretano come assoggettate al regime di cui all'articolo 50, comma 1, lettera b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché escluse dalla disciplina di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446”.

In seguito all’entrata in vigore della suddetta disposizione di legge alcune amministrazioni locali avrebbero sospeso l’erogazione dei compensi professionali in favore dei legali appartenenti alle proprie avvocature interne, ad essi spettanti per contratto di lavoro e ai sensi del decreto- legge n. 90 del 2014 convertito dalla legge n. 114 del 2014.

Probabilmente, l’iniziativa intrapresa dalle suddette amministrazioni locali - che non si ritiene di potere condividere, per quanto di seguito indicato - prende spunto dai primi commenti interpretativi della citata norma di legge finanziaria, pubblicati in alcune riviste giuridiche, nei quali il regime di tassazione dei compensi previsti per gli Avvocati dello Stato, come da ultimo autenticamente interpretato dal legislatore, verrebbe ritenuto sovrapponibile a quello che interessa i legali delle altre avvocature pubbliche.

Ad avviso dello scrivente, invece, un attento esame interpretativo della nuova disposizione di legge dovrebbe escludere ogni sua incidenza sul regime giuridico della tassazione - e della contribuzione - dei compensi professionali spettanti ai legali delle diverse Avvocature pubbliche.

Al riguardo, si osserva innanzitutto che la nuova norma di interpretazione autentica si riferisce espressamente alle competenze professionali di cui all’articolo 21 del Regio Decreto 30.10.1933, n. 1611 che disciplina, in modo specifico, la “Approvazione del T. U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato” i cui legali, storicamente, sono stati sempre soggetti ad un regime giuridico del tutto particolare ed esclusivo.

Peraltro, nello stesso provvedimento legislativo ripubblicato in Gazzetta Ufficiale (in S. O. alla G. U. n. 12 del 16.01.2023) “corredato delle relative note”, nelle “glosse” il sopra citato comma 890 viene così annotato: “Interpretazione del regime fiscale delle competenze attribuite ad avvocati e procuratori dello Stato”.

Dunque, sia il dato letterale della norma in esame sia la sua chiara e specifica annotazione espressa dal legislatore, conducono a ritenere che le disposizioni contenute nella citata norma di interpretazione autentica, che regolano la disciplina fiscale - relativamente all’Irpef e all’Irap - delle citate “competenze” professionali, riguardino i soli Avvocati dello Stato. Quanto sopra ritenuto trova ulteriore conforto nella considerazione che la disciplina dei compensi professionali dei legali appartenenti alle avvocature degli enti pubblici contenuta nell’articolo 9 della legge n. 114 del 2014, che viene richiamato nella norma in esame, si differenzia sostanzialmente da quella che riguarda gli Avvocati dello Stato - fatta eccezione per i comuni limiti retributivi ivi previsti e per alcuni principi generali - rimanendo la prima regolata da specifici contratti collettivi di lavoro e/ o da disposizioni di legge differenti da quelle del citato R. D. n. 1611 del 1933 (e dalle successive leggi ad esso riferibili).

In conclusione, la circostanza che nel dato testuale del sopra citato comma 890 - e pure nella sua annotazione contenuta nel provvedimento legislativo ripubblicato in G. U. - viene indicata come destinataria solamente l'Avvocatura dello Stato mentre l’articolo 9 della legge n. 114/ 2014 disciplina invece la “Riforma degli onorari dell’Avvocatura generale dello Stato e delle avvocature degli enti pubblici”, deve fare escludere ogni eventuale interpretazione estensiva della volontà espressa dal legislatore con la disposizione in esame (ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit).

Per quanto sopra argomentato, si ritiene che eventuali sospensioni nell’erogazione dei compensi professionali dovuti ai legali delle avvocature pubbliche diverse dall’Avvocatura dello Stato sarebbero del tutto arbitrarie ed esporrebbero le relative amministrazioni o enti di appartenenza a contenziosi passivi con alto rischio di soccombenza. Peraltro, nella ipotesi in cui taluni enti pubblici dovessero ritenere applicabile - erroneamente anche ai legali delle proprie avvocature interne la norma di interpretazione autentica di cui trattasi, non potendo sottrarsi ai propri obblighi contrattuali e di legge gli stessi enti dovrebbero continuare comunque a liquidare i citati compensi professionali adeguandone però l’erogazione al regime di tassazione previsto per i cd. “redditi assimilati”, con la conseguente esclusione di ogni trattenuta per contribuzione a fini pensionistici.

Quanto sopra ipotizzato, pertanto, verrebbe a incidere sul trattamento pensionistico dei legali appartenenti alle avvocature pubbliche - e ciò nonostante la relativa disciplina sia rimasta immutata e porrebbe anche il problema, di non facile soluzione giuridica, della eventuale restituzione di contributi previdenziali fin qui trattenuti sui compensi professionali erogati agli stessi legali dalle rispettive amministrazioni o enti di appartenenza.