«Il diritto, sempre e da sempre, è utile strumento di risoluzione dei conflitti». Si può sintetizzare in questa frase pronunciata dalla presidente del Cnf Maria Masi il senso più profondo dell’impegno dell’avvocatura istituzionale a farsi promotrice di una legislazione che riconosca il diritto all’acqua e la natura quale soggetto giuridico, per potenziare l’armonizzazione e l’evoluzione del diritto ambientale internazionale. Un impegno che verrà ribadito al padiglione italiano di Expo Dubai 2020 il 22 marzo, nel trentennale dall’istituzione, nel 1992, della Giornata Mondiale dell’Acqua, voluta dalle Nazioni Unite. Sarà quello il momento in cui il Cnf presenterà una pubblicazione giuridico normativa, per mettere in luce il vero valore del diritto all'acqua, nonché i progressi e le buone pratiche per garantire acqua pulita e adeguata alle persone, all'industria e al pianeta attraverso la creazione di una legislazione ecocentrica. Durante il forum, l'Italia lancerà sulla scena mondiale il “Decalogo del diritto all'acqua” promosso dal Cnf, dieci criteri che dovrebbero regolare la gestione del bene idrico e che partono dal principio, spesso dato per scontato, dell’acqua come risorsa essenziale, destinata prioritariamente ad assolvere il fabbisogno essenziale dei cittadini. Circa la metà della popolazione mondiale vive però in aree a rischio ed entro il 2050 si stima un peggioramento della qualità dell'acqua. L’Onu, già nel 2018, ha lanciato l’allarme circa il crescente fabbisogno di tale risorsa: la domanda globale aumenta al ritmo costante dell'1 per cento l'anno, con il risultato che, fra 30 anni, potremmo aver bisogno del 30 per cento di acqua in più. Ma si tratta di una risorsa finita, messa a rischio dai processi di industrializzazione, tant’è che attualmente sono 785 milioni le persone che non dispongono di acqua potabile e 2 miliardi coloro che non hanno accesso ai servizi igienici di base. Il tema scelto per il 2022 riguarda le acque sotterranee, che avranno un ruolo fondamentale nell’adattamento ai cambiamenti climatici. Il diritto all'acqua come diritto umano si è enormemente rafforzato negli ultimi decenni, ma permangono molte difficoltà nel garantirlo in modo equo e diffuso. Affrontare le cause di questi ostacoli in modo sistematico richiede una cooperazione internazionale che tenga conto di come affrontare le possibili conseguenze della ridotta disponibilità di acqua sia dal punto di vista legale che da quello tecnologico. Le regole pensate dal Cnf, condivise con Enel ed Eni, rappresentano il primo tassello di un lavoro «di promozione di una nuova generazione di diritti legati alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e delle risorse idriche, in particolare il diritto all’acqua e sull’acqua - ha spiegato Masi mercoledì scorso in occasione della presentazione del decalogo -, nella consapevolezza che il ruolo degli avvocati possa rappresentare una risorsa necessaria per la costruzione di equilibri fra attori di diversi ambiti». Il richiamo è al ruolo “pedagogico” dell’avvocatura, che si propone di fare da ponte tra gli Stati con il fine di affermare il diritto primario all’acqua, diritto che nemmeno le Costituzioni occidentali a democrazia avanzata sanciscono in maniera chiara. Con queste dieci regole si farà dunque un primo tentativo di armonizzazione delle norme che regolano l’uso di tale bene primario, per dare vita ad una codificazione giuridica del diritto all’acqua. Obiettivo che affonda le sue radici nel protocollo siglato nel 2018 dall’allora presidente del Cnf Andrea Mascherin e dal commissario generale di sezione per l’Italia per Expo Dubai, Paolo Glisenti, accordo con cui la “costituente” dell’ambiente, formata dalla rete dell’avvocatura dei paesi del Mediterraneo, ha assunto l’impegno di individuare le nuove forme del diritto all’acqua e allo sviluppo sostenibile, che l’Italia proporrà alla esposizione internazionale negli Emirati arabi, dove la presenza dell’avvocatura italiana è prevista come «eccellenza». Ed è la prima volta che ad un evento mondiale dove si parla di tecnologie, di scienza e sviluppo sostenibile si parlerà di diritti, che diventano dunque strumento di crescita e di sviluppo sostenibile. La giurisprudenza sull’acqua, ha evidenziato il commissario Glisenti, è attualmente «casuale», specie a Dubai, quinta smart city al mondo ma ultima in classifica per risorse idriche. Un paradosso che rappresenta però un «segnale di quanto ci sia bisogno di un lavoro di coordinamento della giurisprudenzializzazione, altrimenti tutto poggia su un terreno fragile». Una delle priorità è la sostenibilità, «necessaria e raggiungibile solo con un approccio multilaterale e collaborativo, che può portare l’acqua al centro delle politiche». E l’Onu potrebbe rappresentare una leva importante «per la diplomazia dell’acqua». Il decalogo prevede che la gestione e la distribuzione delle risorse idriche siano funzionali all’interesse delle comunità territoriali e di ciascun consociato all’approvvigionamento diffuso, secondo i principi del “social service coverage” e della “full affordability”. Il tutto con il fine di assolvere i bisogni essenziali di ciascun membro della collettività, sulla base di parametri di efficacia quantitativa e qualitativa, attraverso l’utilizzo di strumenti normativi, regolamentari e finanziari che garantiscano l’impiego efficiente delle nuove tecnologie ai fini di una gestione equa ed efficace delle risorse idriche. Tale regolamentazione, necessariamente democratica e trasparente, deve garantire il coinvolgimento delle comunità territoriali e deve prevedere la sostenibilità dello sfruttamento idrico, basandosi su un principio di solidarietà, che garantisca la fruizione dell’acqua anche ai soggetti meno abbienti. E su queste basi, verrà istituita una Corte Internazionale dell’Acqua, autorità di giustizia autonoma e indipendente, «con competenza a indirizzare le controversie interne relative al diritto umano all’acqua verso soluzioni eque e sostenibili». Questi, dunque, i dieci principi, realizzati grazie ad un lavoro di ricognizione delle fonti, con l’obiettivo, ha evidenziato Masi, di «rappresentare il momento genetico di una nuova forma collaborativa sotto il profilo ordinamentale e quindi sotto il profilo di promozione di diritti anche con gli altri Paesi»