È un Matteo Renzi a tutto campo quello che convoca i giornalisti in Senato per parlare del Mostro, «il sistema che ha cercato di farmi fuori», dice, «e al quale io dico “sono ancora qua”». Parla del rapporto con l’Anm, poche ore dopo la dichiarazione dell’Associazione nazionale magistrati, del caso Mancini e del ruolo di Elisabetta Belloni, del Csm e della relazione tra politica e magistratura. «Il fatto che il Mostro sia in testa da qualche ora alle classifiche Amazon indica la crisi dell’editoria italiana - dice ironico per poi diventare improvvisamente serio - Tra coloro che hanno giudicato il libro, nessuno ha smentito uno dei fatti e questo è significativo: tutto ciò che abbiamo messo in fila in questi anni è dimostrato dagli addetti ai lavori». E sulla presa di posizione dell’Anm nei suoi confronti è netto. «Stavo in pensiero, perché le loro veline sono metodiche - commenta - L’Anm dice che Renzi delegittima la magistratura. Ma chi la delegittima, chi pur dicendo non mi fido dei magistrati va in udienza e scrive una denuncia circostanziata o chi non rispetta la Cassazione, come Luca Turco? Chi fa i ricorsi o chi molesta sessualmente una collega, a detta del Csm, come Giuseppe Creazzo? Delegittima la magistratura chi scrive il Mostro o chi fa indagini come il dottor Nastasi a Siena nella vicenda David Rossi? Se qualcuno pensasse che di fronte a ciò che è successo uno come me si impaurisce e si ferma, ha sbagliato persona. Continuerà a dire in faccia ai pm ciò che penso e a scrivere con documenti che provano ciò che dico». E poi annuncia un’interrogazione al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sull’operato di Turco. Insomma, il solito Renzi show, che sulla vicenda autogrill e il suo rapporto con Belloni dà spettacolo. «Non ci volevo credere che hanno messo il segreto di Stato sul mio colloquio con Mancini a Fiano Romano ma è così e aspetteremo la verità - dice - Su Belloni, io racconto come sono andatele cose e perché ho detto No alla sua candidatura al Quirinale: per me una direttrice dei servizi segreti non può in una notte diventare presidente della Repubblica». E annuncia per la prossima settimana una denuncia per violazione del segreto istruttorio «dal momento che il direttore di Report, Sigfrido Ranucci, dice di sapere i motivi per cui è stato posto il segreto di Stato sui fatti dell’autogrill». Poi giudica «poco elegante» il fatto che la direttrice del Dis abbia definito «leale» Luigi Di Maio e apostrofa come «fuori luogo» il colloquio tra la stessa Belloni e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non a palazzo Chigi o nella sede dell’Autorità delegata ma negli uffici di Fd’I alla Camera. Poi dà una notizia. «Ho chiamato il sottosegretario con delega ai Servizi Alfredo Mantovano, gli ho formulato gli auguri di buon lavoro e ho preso atto che la sua dichiarazione è finalizzata a garantire l’integrità dei servizi di questo paese - spiega - Segnalo che tra la integrità delle istituzioni c’è anche il diritto di un parlamentare di non essere intercettato contra legem, di non vedere il proprio conto corrente pubblicato su una rivista, di non essere pedinato e/o ripreso televisivamente in modo non corretto per come funziona la legge dello Stato e di essere finanziato in condizioni identiche a tutti gli altri partiti». Pochi minuti dopo, alla presentazione del libro in Sala Umberto (presenti tutti i vertici del terzo polo e, udite udite, Pier Ferdinando Casini), ribadisce gli stessi concetti. E, a domanda del Dubbio, ironizza sulla disparità di trattamento del Csm tra le vicende di Cosimo Ferri e Giuseppe Creazzo. «Vedremo come si comporterà il nuovo Csm - è il ragionamento - Anche noi puntiamo ad avere alcuni tra i dieci nomi da eleggere (il Parlamento si riunirà in seduta comune il 13 dicembre, ndr) ma non abbiamo né con il centrodestra né con il centrosinistra: segnalo che membri togati si sono permessi di commentare miei discorsi in parlamento nonostante l’insindacabilità prevista dall’articolo 68 della Costituzione». Poi torna a chiedere una commissione d’inchiesta covid e dice di «rispettare» la scelta di Meloni e Nordio di rinviare l’entrata in vigore della riforma Cartabia, «che resta una riforma inutile». Infine, la chiosa. «Questo libro racconta la verità dei fatti e per me chiude i conti - dice - Ma, se vorranno andare avanti, andremo avanti».