Gruppi «armati russi» stano costringendo i residenti «delle zone occupate per costringere le persone a votare al cosiddetto referendum». É quanto rende noto il sindaco di Lugansk, Sergey Haidai, in un post su Telegram, secondo quanto riporta il Guardian. «Gli occupanti stanno impedendo alle persone di lasciare la città tra il 23 e il 27 settembre», afferma Haidai. Nei primi quattro giorni dei referendum, secondo quanto riferiscono le autorità filorusse delle regioni ucraine occupate, saranno i funzionari elettorali a portare le schede a casa delle persone e ad allestire seggi elettorali vicino a edifici residenziali, per quelli che definiscono motivi di sicurezza. Martedì, invece, sarà l’unico giorno in cui gli elettori saranno invitati a recarsi ai seggi. Si può votare inoltre in Russia, dove i rifugiati delle regioni occupate possono imbucare le loro schede. Denis Pushilin, leader separatista delle autorità filorusse nella regione di Donetsk, ha definito oggi il referendum «una pietra miliare storica». Nel voto si chiede ai residenti se vogliono che le loro regioni facciano parte della Russia ed è scontato che vada nella direzione di Mosca; ciò darebbe alla Russia il pretesto di affermare che i tentativi delle forze ucraine di riguadagnare il controllo del proprio territorio si configurino come attacchi alla stessa Russia, facendo salire drammaticamente la tensione dopo sette mesi di guerra. I referendum seguono l’ordine di mobilitazione parziale annunciato dal presidente russo Vladimir Putin, che potrebbe portare ad aggiungere ai combattimenti altri 300mila soldati. Il voto durerà cinque giorni, fino a martedì. E mentre si iniziava a votare nelle regioni occupate, sui social network russi dilagavano scene drammatiche di famiglie in lacrime per dare l’addio agli uomini che partono per andare a combattere. Intanto in Russia gli attivisti anti-guerra hanno in programma altre proteste contro la mobilitazione parziale.