Nel Pd adesso la parola d’ordine è evitare che il processo a Enrico Letta possa avviarsi proprio durante le ultime settimane di campagna elettorale. Gli ultimi sondaggi hanno lasciato il segno all’interno delle correnti e il malcontento è salito oltre i livelli di guardia. Le previsioni che danno il partito sotto il 20 per cento, unite a quelle che dimostrano un’avanzata incontenibile del Movimento Cinque Stelle al Sud, hanno messo fortemente in discussione la strategia fin qui messa in campo dal segretario dem che ha provato a radicalizzare sempre di più lo scontro con la destra e con Giorgia Meloni in particolare. Una linea che avrebbe dovuto portare al “voto utile” e a uno svuotamento del bacino dei grillini che, invece, stanno risalendo la china e stanno sferrando un duro colpo da sinistra al Pd. La stragrande maggioranza dei candidati Pd nei collegi uninominali del Sud ha improvvisamente capito che la probabile sconfitta nei confronti dei candidati di centrodestra si sarebbe potuta evitare con un’alleanza con i Cinque Stelle e sarebbero pronti a presentare il conto a Letta. Soprattutto se le urne dovessero davvero confermare il quadro che più preoccupa al Nazzareno. Con il paradosso all’interno del paradosso: molti tra questi candidati sono stati tra coloro che, almeno inizialmente, avevano spinto per la rottura con Giuseppe Conte. Le critiche, da questo punto di vista, sono alle stelle soprattutto nell’area ex Ds del partito che ha trovato spesso il suo portavoce in Andrea Orlando, ma non resta tranquilla neanche la corrente più moderata di Lorenzo Guerini. Qui a non andare giù è stata la rottura con Carlo Calenda che starebbe favorendo, per la sua quota, il centrodestra, sottraendo ulteriori collegi, merce rara dopo il taglio del numero dei parlamentari. Sotto osservazione anche la situazione in Sicilia, che voterà sempre il 25 settembre. La Regione sarebbe stata più che contendibile senza la rottura con il Movimento, mentre adesso addirittura il candidato di centrodestra Schifani potrebbe avere come reale sfidante l’outsider Cateno De Luca.

Una situazione esplosiva, dufare in modo che il processo a Letta sia avviato in maniera compiuta dopo le elezioni, nel momento in cui sarà acquisito il dato reale e, in caso di sconfitta, anche le dimensioni della stessa. Al segretario, dunque, non rimane che tirare dritto per la sua strada e sperare nel recupero degli ormai famosi 4 punti percentuali che, nella sua interpretazione, sarebbero in grado di sovvertire completamentenque, che fa scaldare i motori all’entourage del governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, eterno candidato alla segreteria e che già aveva puntato il Nazareno dopo la segreteria Zingaretti.

Bonaccini, stavolta, per raggiungere l’obiettivo potrebbe anche rivedere l’iniziale presa di posizione contraria a Giuseppe Conte e al M5s pur di provare a incarnare la candidatura di sintesi di tutto il malumore dem e spingere per il congresso a sconfitta maturata. Del resto sono diversi i governatori di area Pd che stanno guardando in questa direzione. Michele Emiliano, che Bonaccini ha incontrato questa estate in occasione della presentazione del proprio libro, difende a spada tratta l’alleanza con il Movimento con il quale continua a governare la regione.

Gli smottamenti, insomma, sono continui e rischiano di stravolgere anche gli equilibri di corrente precedenti all’avvio di questa campagna elettorale. Da qui l’ordine di scuderia di tenere le candidati di centrodestra si sarebbe potuta evitare con un’alleanza con i Cinque Stelle e sarebbero pronti a presentare il conto a Letta. Soprattutto se le urne dovessero davvero confermare il quadro che più preoccupa al Nazzareno. Con il paradosso all’interno del paradosso: molti tra questi candidati sono stati tra coloro che, almeno inizialmente, avevano spinto per la rottura con Giuseppe Conte.

Le critiche, da questo punto di vista, sono alle stelle soprattutto nell’area ex Ds del partito che ha trovato spesso il suo portavoce in Andrea Orlando, ma non resta tranquilla neanche la corrente più moderata di Lorenzo Guerini. Qui a non andare giù è stata la rottura con Carlo Calenda che starebbe favorendo, per la sua quota, il centrodestra, sottraendo ulteriori collegi, merce rara dopo il taglio del numero dei parlamentari. Sotto osservazione anche la situazione in Sicilia, che voterà sempre il 25 settembre. La Regione sarebbe stata più che contendibile senza la rottura con il Movimento, mentre adesso addirittura il candidato di centrodestra Schifani potrebbe avere come reale sfidante l’outsider Cateno De Luca.

Una situazio-ne esplosiva, du gli attuali pronostici.