La telenovela sul Ddl dell’Equo compenso (AS 2419) continua. Se non ci fossero in gioco il futuro reddituale e la dignità professionale di migliaia di professionisti direttamente interessati dal provvedimento, sarebbe pure avvincente, susseguendosi momenti di speranza e attimi di sconforto. Il Dubbio aveva dato sostanzialmente per morto (ma non seppellito) il disegno di legge sull’Equo compenso, al quale mancava un unico passaggio per andare in Gazzetta Ufficiale: l’approvazione dell’aula del Senato. Rispetto a quanto già riportato, sono intervenute non poche novità, a cominciare dal fatto che in serata anche la discussione sullo stesso Decreto Aiuti-bis è stata rinviata al 13 settembre, e tutto questo costituiva un ulteriore colpo alle speranze, già ridotte al lumicino. Al tempo stesso emergeva l’ipotesi che il Parlamento continuasse ad operare fino all’insediamento dei nuovi eletti, anche per convertire gli eventuali nuovi decreti legge, e questo ridava fiato all’ottimismo. Insomma, senza la pretesa di proporre in questa sede analisi politiche, era chiaro anche a un bambino che gli interessi elettorali dei partiti, e le relative impuntature ideologico-politiche, stavano avendo la meglio sugli interessi degli elettori, ed in questo caso dei circa 1,7 milioni di professionisti ordinistici (che è il numero di iscritti nelle casse previdenziali associate a Adepp). Un primo segnale di questa consapevolezza si è avuto nella tarda mattinata di oggi, quando il sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto (esponente di Forza Italia), che ha seguito il provvedimento per conto del Governo, ha lanciato un appello ai partiti del centrosinistra, affermando che «abbiamo l’opportunità, il dovere e la responsabilità di dare una risposta seria e concreta alle aspettative dei professionisti italiani approvando la norma sull’equo compenso. Non possiamo perdere questa occasione. C’è ancora il tempo e lo spazio per farlo, anche la prossima settimana. Basta volerlo. Con il via libera definitivo a queste norme, lungamente attese, potremmo garantire il pieno rispetto degli articoli 1 e 36 della Costituzione, e tutelare, finalmente, la dignità del lavoro dei professionisti, in particolare più giovani, mettendoli al riparo da quei patti leonini a cui ancora troppo spesso si trovano a dovere sottostare. Smettiamo di chiederci come riavvicinare politica e cittadini e iniziamo a farlo, concretamente, approvando quelle leggi che sono in grado di migliorare la loro vita». Gli faceva eco il collega di partito di Sisto, ossia il deputato Andrea Mandelli, responsabile professioni di Forza Italia, il quale dichiarava che «la fine della legislatura non può esimerci dall'assolvere fino in fondo il nostro dovere per rispondere alle richieste dei cittadini e sanare le situazioni di criticità. Per questo, mi auguro che il centrosinistra decida di condividere con noi la volontà di approvare in via definitiva le norme che introducono l'equo compenso per i professionisti: è un obiettivo ancora possibile. Siamo chiamati a dare a questi lavoratori il giusto sostegno, attraverso il riconoscimento di un principio doveroso: il loro lavoro va pagato, sempre e in modo equo. Se la sinistra non dovesse consentire di raggiungere questo traguardo, saremo noi a farlo presto, appena tornati al governo». In effetti, in prima mattinata c’è stato un J’accuse piuttosto esplicito da parte del capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida, che aveva stigmatizzato: «È evidente oramai l’approccio ideologico della sinistra, che da sempre considera i professionisti come figli di un dio minore, dei privilegiati da trattare come nemici, e mai come risorse da valorizzare. Il Pd ha dunque gettato la maschera, e dimostrato con i fatti, affossando l’iter della legge a prima firma Giorgia Meloni, già approvata all'unanimità alla Camera, impedendone l’arrivo in Aula per l’ultimo voto, da che parte sta: quella dei poteri forti e dei committenti forti». Certo, una dichiarazione che non facilitava il raggiungimento di un accordo, tanto che a queste parole dell’esponente FdI ha risposto Anna Rossomando, vicepresidente del Senato, e responsabile giustizia e diritti del Pd, affermando che «abbiamo cercato di migliorare il testo correggendo alcune criticità emerse, mentre la destra si è opposta. Nonostante questo, lo abbiamo comunque votato alla Camera, e successivamente in commissione al Senato. Il nostro impegno è estendere e rafforzare l'equo compenso, tanto che si tratta di un punto specifico del programma del Pd. Noi eravamo pronti per questo e altri provvedimenti», ha aggiunto, ricordando che l’interruzione della legislatura non è certo addebitabile al Pd. Al coro di voci polemiche si aggiunge poi il botta e risposta tra la deputata Pd Chiara Gribaudo e la deputata di Fdi Carolina Varchi. «La legge sull’equo compenso - ha dichiarato la dem - è stata affossata dalla destra quando, ignorando le richieste degli stessi professionisti, ha preferito portare avanti per ragioni esclusivamente elettorali un testo che non avrebbe assicurato alcun compenso equo ai professionisti». Il testo della legge, secondo Gribaudo, «invece di punire i committenti forti inadempienti sanziona i professionisti sottopagati. Senza contare che la proposta della destra avrebbe escluso - come evidenziato, anche in questo caso, dagli stessi professionisti - le centinaia di migliaia di lavoratori autonomi non iscritti gli ordini. Abbiamo provato più volte a correggere tali distorsioni, ma abbiamo trovato un muro di gomma». Accuse rispedite al mittente da Varchi: «Ricordiamo all’onorevole Gribaudo che in Italia i professionisti, pur di vedere cancellati i disastri compiuti dalla sinistra, avevano accolto di buon grado il testo Meloni considerandolo migliorativo rispetto allo status quo. Gribaudo, piuttosto, riesce a spiegare la ragione per la quale lei e il suo partito, il Pd, alla Camera hanno votato a favore della legge per poi affossarla in Senato?». Basterà l’appello di Sisto per riportare le forze politiche alla responsabilità? Per saperlo, dovrete leggere la prossima puntata...