Egregi Signori, Mi scuso da subito per il nuovo disturbo che Vi arreco ma la tragica attualità del suicidio in carcere di Donatella mi costringe ancora una volta a rivolgermi a chi come Voi non ha mai smesso di occuparsi della triste condizione di chi vive l'esperienza carceraria. Ma soprattutto provo dolore fisico a leggere le postume lacrime di coccodrillo di chi oggi si dichiara fallito per mondarsi temporaneamente la coscienza in vista del pranzo di ferragosto. Trovo davvero insopportabile l'ipocrisia del giorno dopo. Io dal 6 di aprile 2022 sono finito, in qualità di difensore di fiducia di due detenute nel carcere di Milano, in questo girone infernale che è la giustizia di sorveglianza che ha avuto la capacità unica di smentire se stessa nel giro di 17 giorni. Due mie assistite commettono lo stesso reato (peculato per essersi impossessate di rifiuti e già questo suscita rabbia verso il fu ministro Bonafede). Dopo due mesi e mezzo il tribunale di sorveglianza di Milano accoglie l'istanza di affido ai servizi per una delle due. L'altra ha udienza 17 giorni dopo. Visto il precedente c'è un cauto ottimismo. Incredibilmente il tribunale sconfessando la sua stessa ordinanza di 17 giorni prima non decide nulla e differisce il procedimento a fine settembre costringendo la povera sventurata, vedova, la cui figlia nata invalida è morta a 22 anni, che si occupava da libera della madre 92enne, a trascorrere luglio, agosto e settembre in carcere dove, causa pausa estiva, si ferma ogni attività e si sopravvive se si riesce, altrimenti si muore come cani. Alla mia istanza di anticipare l'udienza nessuno si è degnato di rispondere. Troppo presi forse a organizzare le vacanze. Se questa povera signora perderà ogni speranza come successo a Donatella io non voglio una sola goccia di sangue sulle mie mani. Altri dovranno risponderne. E che nessuno pianga false e comode lacrime postume. Ognuno faccia la sua parte, almeno quella per cui si percepisce lauto compenso. Cordialmente, Avv. Pasquale Cuomo