«Credo che il primo onore sia rispettare la parola data, vale in politica come nella vita. E non una parola data a casaccio, ma una firma fatta davanti alle telecamere (...) Se un politico, un uomo di Stato, fa saltare gli accordi che ha firmato perché ha cambiato idea non c’è più politica, siamo su Twitter, dove si può cambiare idea ogni minuto. Ecco, credo che Calenda abbia scambiato Twitter con il mondo reale«. Lo afferma il segretario del Pd, Enrico Letta, che in una intervista alla Stampa ribadisce la delusione per la scelta del leader di Azione di recedere dall’intesa elettorale siglata con il Pd e +Europa. «Nel documento - aggiunge Letta riferendosi al "contratto" firmato con Azione - c’era scritto che ci sarebbero state altre intese e avevamo chiarito che sarebbero state obbligate dalla legge elettorale, portando elementi di convergenza soprattutto di natura istituzionale. Per questo lo avevo chiamato "patto per la Costituzione". Calenda ragiona come se non sapesse come funziona questa legge elettorale, che impone di fare alleanze per la parte uninominale. Chi va da solo, sta regalando agli altri la vittoria». Se però fronte repubblicano doveva essere, per arginare il centrodestra, a quel punto bisognava ci fossero dentro tutti, 5 stelle compresi. O no? «I 5 stelle si sono assunti la gravissima responsabilità di aver fatto cadere Draghi. Per quanto ci riguarda le alleanze sono chiuse e definite. È stato fin troppo complicato. Ora pensiamo solo alla campagna elettorale, a parlare dei nostri temi, a incontrare le persone. Abbiamo 600 feste dell’Unità in corso in tutt’ Italia. Non dico che le farò tutte, ma tantissime». Calenda e Renzi ora potrebbero costruire un terzo polo che mangi voti soprattutto al Pd... «Questa logica del centro è residuale rispetto a comportamenti individuali, non c’è una strategia politica. E visto che non vedo folle di elettori leghisti o di Fratelli d’Italia che corrono verso di loro, è un modo per aiutare Meloni e Salvini, non per contrastarli». Italia viva e Azione »si stanno assumendo questa responsabilità. Ma quando vedo i sondaggi sono preoccupato fino a un certo punto: noi abbiamo il ruolo di partito guida. In questo c’è una differenza tra loro e il Pd perché il nostro è un lavoro collettivo. Ho preso il testimone da Nicola Zingaretti e lo passerò al mio successore, che spero sarà una donna. Ho imparato nella vita che non si sta bene solo a capotavola. In politica bisogna saper fare anche i numeri due, tre, o attaccare i manifesti».