Il caso dell’avvocata Daniela Agnello approda a Salerno: verrà affrontato per competenza dal Consiglio giudiziario presso la Corte di Appello e dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati. Il 6 maggio scorso, nel corso di una udienza davanti alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, il presidente della sesta sezione ha definito la penalista “scorretta e maleducata” per il leggero ritardo con cui si è collegata da remoto per discutere una causa tra una multinazionale (difesa da Agnello) e l’Agenzia dei Monopoli. Una condotta, quella del giudice tributario, che non poteva passare inosservata. La professionista, che ha studio a Milano e a Messina, ha chiesto l’astensione del presidente e l’intervento del Coa di appartenenza. È bene ricordare che il collegamento a distanza, come riporta il verbale, risulta «perfettamente riuscito alle ore 9.43» con la presenza di entrambe le parti e con orario dell’udienza fissato alle 9. Oltre alla avvocata Agnello, apprezzata in tutta Italia per la rilevante giurisprudenza ottenuta in materia di giochi con le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la sua collega Vittoria Varzi. Quest’ultima ha chiesto in udienza «il rinvio per un tentativo di conciliazione con l'ufficio», considerata la momentanea assenza dell'avvocata Agnello. La Commissione tributaria provinciale però non ha accolto la richiesta di rinvio. Alle 9.50 (sette minuti dopo l’inizio dell’udienza) interviene Agnello, che presenta una ulteriore richiesta (la riunione in trattazione di tre fascicoli), rigettata dalla Commissione tributaria provinciale, chiedendo di far mettere a verbale le parole nel frattempo pronunciate dal presidente di sezione, circostanza, tra l’altro, non contestata nel medesimo verbale di udienza. Nel mandare gli atti a Salerno il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Messina, presieduto da Domenico Santoro, evidenzia che costituisce «una lesione della dignità e del decoro della funzione difensiva svolta l’additare un avvocato, impegnato nello svolgimento del mandato professionale, quale maleducato e scorretto sol perché sopraggiunto tardivamente in udienza (malgrado un pur dedotto e contestuale impegno professionale)». Gli avvocati della città dello Stretto, inoltre, hanno manifestato «piena solidarietà alla collega Agnello per il disdicevole episodio». Sull’evolversi della vicenda interviene la diretta interessata. «Sono fortemente amareggiata – dice al Dubbio - per quanto accaduto. L’episodio sconveniente e offensivo poteva trovare un epilogo con delle formali scuse, pubbliche e private. Il provvedimento adottato dal Consiglio dell’Ordine di Messina con cui sono stati trasmessi gli atti al Consiglio giudiziario della Corte di Appello competente, per le valutazioni in merito al comportamento tenuto dal presidente del collegio in pubblica udienza, era inevitabile». La mente ritorna al 6 maggio scorso. «Rammento – prosegue l’avvocata Agnello - che quel giorno mi sono collegata con la Commissione con sette minuti di ritardo, ma nella piena consapevolezza di non creare intralcio alla regolare trattazione del procedimento per la presenza del co-difensore. Quando ho attivato il collegamento da remoto, ho riscontrato sin da subito un atteggiamento ostile da parte del presidente di cui non ho precedenti ricordi di conoscenza. Prima di chiedere l’astensione dalle mie cause, ho chiesto se si volesse scusare pubblicamente, ma lui ha mantenuto l’atteggiamento ostile e offensivo al mio indirizzo e per l’intera categoria». Sicuramente l’amarezza è tanta per il nervosismo che alcune volte serpeggia in udienza e che intacca l’autorevolezza e la delicata funzione del difensore. «Il Coa – conclude Agnello - ha ritenuto l’episodio lesivo della dignità e del decoro della funzione difensiva. Auspico, a questo punto, che in sede disciplinare si possano adottare i provvedimenti più idonei per rammentare all’intero mondo giudiziario l’importanza della funzione e del ruolo degli avvocati. Troppo spesso dobbiamo constatare la mancanza di rispetto nella dinamica processuale e un forte dislivello tra le due categorie professionali con il rischio di determinare inevitabilmente effetti negativi anche sull’espletamento del mandato difensivo e nel quotidiano perseguimento dei principi di equità e di giustizia. Nelle aule dei Tribunali italiani si devono esercitare i diritti di difesa garantiti dalla Costituzione della Repubblica nel pieno rispetto delle funzioni, con piena e incondizionata stima dei ruoli, consentendo a ciascun attore della dinamica processuale di esercitare i propri incarichi con determinazione, passione e professionalità».