Liberali autentici, libertari, socialisti umanitari: qualunque sia il risultato delle urne il 12 giugno, i Radicali hanno già vinto
Qualcuno che era già radicale, forse troverà una nuova ragione per continuare ad esserlo. Qualcuno che non era radicale, magari penserà che può valerne la pena…
Dicono: sarà un flop. Dicono: gli elettori diserteranno le urne.
Dicono: andranno tutti al mare.
Dicono: i quesiti referendari sono difficili, complicati, nessuno li capisce. Dicono: sono questioni che non interessano, altri sono i problemi che urgono. Dicono: è il Parlamento che si deve occupare di queste cose, non si risolvono con un semplice SÌ o un NO ( lo dicano a quel tipo della Galilea, che invita a esprimersi a monosillabi, perché il resto appartiene al maligno). In questi giorni dicono tante scempiaggini, invece di fare la cosa più semplice, facile, giusta: informare senza tante filosofesserie; rispondere, come insegna un buon giornalismo, alle classiche domande: chi, come, perché.
Negano il fondamentale diritto alla conoscenza. Vogliono un popolo bue. Ci vogliono come tanti scolaretti che acriticamente devono eseguire e obbedire. Quello che George Bernard Shaw dice a proposito dei neri: gli si fanno pulire solo le scarpe, e poi li si rimprovera che solo le scarpe sanno pulire. Ci riducono alla stregua di sudditi privi di doveri e diritti ( in quest’ordine, come ricorda un padre della patria come Giuseppe Mazzini), e poi ci si accusa di essere scarsi cittadini. Il popolo che siamo sia messo nella condizione di poter agire con scienza e coscienza, poi si vedrà se di questa e quella si sa fare o no buon uso.
Come vada il 12 giugno, i radicali, liberali autentici, libertari, socialisti umanitari, hanno già vinto. Con una informazione, pubblica e privata, che sui referendum e la giustizia si comporta come quella di Vladimir Putin in Russia, che ci sia un 40, o un 30 o anche un 20 per cento di elettori che non “diserta” le urne, e rivendica il suo diritto a deporre una scheda, è di per sé uno straordinario successo.
Poi ce ne sono altri, “collaterali”.
Un successo che anche per una sola ora al giorno ci siano dei “trucidi” leghisti che si scoprono un po’ radicali. Tra zero e cento, certamente è preferibile cento; ma ogni riformatore sa che dieci è meglio di nulla, e che i primi passi sono i più difficili.
Lo faccia perché convinto, o strumentale, è un successo che il vice- presidente della Camera, leghista della prima ora, Roberto Calderoli non faccia discorsi di “pancia” e belluini, ma il suo sia un discorso di dialogo per con/ vincere: adotti il linguaggio non del forcone ma lo strumento nonviolento del digiuno, e citi come cita, Marco Pannella.
Un successo: qualcuno, sfiduciato e deluso, forse ora si accorge che non è solo, anche se isolato. Non tutto è perduto, e si perde.
Qualcuno forse avrà preso coscienza che si vive in una democrazia anomala dove gli strumenti della conoscenza e della partecipazione sono negati.
Qualcuno forse avrà preso coscienza che le questioni della giustizia riguardano anche lui, non sempre è vero che “se finisce in galera, qualcosa avrà pur fatto”.
Qualcuno forse comincia a rendersi conto che tanti sono contrari al referendum, ma non sanno, non possono, non vogliono proporre alternative, il loro NO è a prescindere: vogliono che tutto sia deciso da ristrette caste, in clandestinità, senza controllo.
Qualcuno, comincerà a porsi domande e cercare risposte.
Qualcuno comincerà a chiedere al suo partito, ai suoi leader, il perché di certi comportamenti, rivendicherà una sua autonomia di giudizio e coscienza.
Qualcuno comincerà a chiedere a Enrico Letta e a Giuseppe Conte: oltre al vostro NO, che cosa, e come, e quando? E perché non prima… Qualcuno si chiederà se oltre ai “posti” non ci siano anche valori da conquistare e difendere, per dare un senso minimo al nostro stare in questo mondo.
Qualcuno che era già radicale, forse troverà una nuova ragione per continuare ad esserlo.
Qualcuno che non era radicale, magari penserà che può valerne la pena… Qualcuno forse andando a votare, e scegliendo lui cosa gli garba, forse ci prenderà gusto, comincerà a rivendicare il diritto di essere protagonista, non solo spettatore.
Qualcuno si renderà conto che i costituenti non a caso hanno previsto in Costituzione il referendum abrogativo: siamo in un regime di democrazia rappresentativa, ma il popolo deve potersi esprimere e dire ai suoi rappresentanti: “Così non va, non ci piace”. Il referendum è la seconda gamba di una democrazia.
Il 12 giugno si andrà a votare per cinque referendum per una giustizia più giusta. “Le genti del bel paese là dove ‘ l sì suona”: sarebbe bello se quel giorno l’Italia celebrasse Dante in questo modo.
Sarebbe anche un miracolo laico, date le condizioni di partenza, se si raggiungesse il quorum, e i SÌ superiori ai NO. Ma a prescindere di come finirà, anche se si perde questa battaglia, la si è comunque vinta. Come un tempo si diceva a Parigi ( e Pannella negli ultimi anni lo ripeteva spesso): “ Ce n’est qu’un début, continuons le combat”.
Versione di un ancor più antico: “ Fai quel che devi, accada quel che può”.
Liberali autentici, libertari, socialisti umanitari: qualunque sia il risultato delle urne il 12 giugno, i Radicali hanno già vinto
Dicono: sarà un flop. Dicono: gli elettori diserteranno le urne.
Dicono: andranno tutti al mare.
Dicono: i quesiti referendari sono difficili, complicati, nessuno li capisce. Dicono: sono questioni che non interessano, altri sono i problemi che urgono. Dicono: è il Parlamento che si deve occupare di queste cose, non si risolvono con un semplice SÌ o un NO ( lo dicano a quel tipo della Galilea, che invita a esprimersi a monosillabi, perché il resto appartiene al maligno). In questi giorni dicono tante scempiaggini, invece di fare la cosa più semplice, facile, giusta: informare senza tante filosofesserie; rispondere, come insegna un buon giornalismo, alle classiche domande: chi, come, perché.
Negano il fondamentale diritto alla conoscenza. Vogliono un popolo bue. Ci vogliono come tanti scolaretti che acriticamente devono eseguire e obbedire. Quello che George Bernard Shaw dice a proposito dei neri: gli si fanno pulire solo le scarpe, e poi li si rimprovera che solo le scarpe sanno pulire. Ci riducono alla stregua di sudditi privi di doveri e diritti ( in quest’ordine, come ricorda un padre della patria come Giuseppe Mazzini), e poi ci si accusa di essere scarsi cittadini. Il popolo che siamo sia messo nella condizione di poter agire con scienza e coscienza, poi si vedrà se di questa e quella si sa fare o no buon uso.
Come vada il 12 giugno, i radicali, liberali autentici, libertari, socialisti umanitari, hanno già vinto. Con una informazione, pubblica e privata, che sui referendum e la giustizia si comporta come quella di Vladimir Putin in Russia, che ci sia un 40, o un 30 o anche un 20 per cento di elettori che non “diserta” le urne, e rivendica il suo diritto a deporre una scheda, è di per sé uno straordinario successo.
Poi ce ne sono altri, “collaterali”.
Un successo che anche per una sola ora al giorno ci siano dei “trucidi” leghisti che si scoprono un po’ radicali. Tra zero e cento, certamente è preferibile cento; ma ogni riformatore sa che dieci è meglio di nulla, e che i primi passi sono i più difficili.
Lo faccia perché convinto, o strumentale, è un successo che il vice- presidente della Camera, leghista della prima ora, Roberto Calderoli non faccia discorsi di “pancia” e belluini, ma il suo sia un discorso di dialogo per con/ vincere: adotti il linguaggio non del forcone ma lo strumento nonviolento del digiuno, e citi come cita, Marco Pannella.
Un successo: qualcuno, sfiduciato e deluso, forse ora si accorge che non è solo, anche se isolato. Non tutto è perduto, e si perde.
Qualcuno forse avrà preso coscienza che si vive in una democrazia anomala dove gli strumenti della conoscenza e della partecipazione sono negati.
Qualcuno forse avrà preso coscienza che le questioni della giustizia riguardano anche lui, non sempre è vero che “se finisce in galera, qualcosa avrà pur fatto”.
Qualcuno forse comincia a rendersi conto che tanti sono contrari al referendum, ma non sanno, non possono, non vogliono proporre alternative, il loro NO è a prescindere: vogliono che tutto sia deciso da ristrette caste, in clandestinità, senza controllo.
Qualcuno, comincerà a porsi domande e cercare risposte.
Qualcuno comincerà a chiedere al suo partito, ai suoi leader, il perché di certi comportamenti, rivendicherà una sua autonomia di giudizio e coscienza.
Qualcuno comincerà a chiedere a Enrico Letta e a Giuseppe Conte: oltre al vostro NO, che cosa, e come, e quando? E perché non prima… Qualcuno si chiederà se oltre ai “posti” non ci siano anche valori da conquistare e difendere, per dare un senso minimo al nostro stare in questo mondo.
Qualcuno che era già radicale, forse troverà una nuova ragione per continuare ad esserlo.
Qualcuno che non era radicale, magari penserà che può valerne la pena… Qualcuno forse andando a votare, e scegliendo lui cosa gli garba, forse ci prenderà gusto, comincerà a rivendicare il diritto di essere protagonista, non solo spettatore.
Qualcuno si renderà conto che i costituenti non a caso hanno previsto in Costituzione il referendum abrogativo: siamo in un regime di democrazia rappresentativa, ma il popolo deve potersi esprimere e dire ai suoi rappresentanti: “Così non va, non ci piace”. Il referendum è la seconda gamba di una democrazia.
Il 12 giugno si andrà a votare per cinque referendum per una giustizia più giusta. “Le genti del bel paese là dove ‘ l sì suona”: sarebbe bello se quel giorno l’Italia celebrasse Dante in questo modo.
Sarebbe anche un miracolo laico, date le condizioni di partenza, se si raggiungesse il quorum, e i SÌ superiori ai NO. Ma a prescindere di come finirà, anche se si perde questa battaglia, la si è comunque vinta. Come un tempo si diceva a Parigi ( e Pannella negli ultimi anni lo ripeteva spesso): “ Ce n’est qu’un début, continuons le combat”.
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