Roberto Calderoli, senatore della Lega, è in prima fila per l’approvazione dei quesiti referendari, tanto da aver iniziato qualche giorno fa uno sciopero della fame. Spiega di star bene ma di essere consapevole che più andrà avanti «e più la situazione peggiorerà». E sul quesito riguardante le misure cautelari è netto: «Non può esistere - dice - un paese civile dove il 40 per cento della popolazione carceraria è in attesa di giudizio, un 20 per cento è in attesa di giudizio di primo grado, e mille innocenti vengono tenuti in ingiusta detenzione tanto che lo Stato spende 28 milioni e mezzo di euro in risarcimenti».

Senatore Calderoli, innanzitutto, come sta?

Da un punto di vista fisico, ho perso tre chili. Al momento non sento per niente la fame, quindi per ora sto bene. Magari mi sta aiutando dall’alto anche il vecchio Marco Pannella, anche se lui avrebbe iniziato lo sciopero un mese fa. Poi è chiaro che più andrò avanti e più la situazione peggiorerà. Ho 66 anni e da 8 anni curo un tumore quindi devo fare più attenzione degli altri, ma per fortuna sono un medico e se qualcosa non va me ne accorgo subito.

Andrà avanti fino a domenica prossima?

Ho detto che sarei andato avanti finché non si fosse rotto il muro del silenzio. Questo è avvenuto, ma temo che se anche domani tutti parlassero di referendum si arriverebbe a un’informazione pari al minimo sindacale. Basti pensare che il richiamo dell’Agcom al servizio televisivo affinché ognuno faccia il proprio dovere è arrivato solo il 31 maggio. Insomma, non credo nei miracoli.

Pensa che stia comunque aumentando l’informazione sui quesiti?

Devo dire che lo sciopero della fame inizia a produrre degli effetti, quantomeno nel risultato. Nel senso che ho cominciato a fare interviste in Rai, a Mediaset e Sky, che prima erano totalmente assenti. Ho ricevuto anche la chiamata della presidente Casellati. Insomma qualcosa succede, poi però spunta la Littizzetto che fa il suo show per mistificare il referendum senza un contraddittorio e Gratteri che da Costanzo lancia l’anatema contro la riforma e i referendum, anche qui senza contraddittorio. Così non si fa. Ma non demordo e lancio un appello: chi già sa di andare a votare convinca qualcuno che vuole astenersi. E vedrete che raggiungiamo il quorum.

Crede che oltre al problema dei media ci sia anche un problema di comprensibilità dei quesiti?

Nei media siamo passati dallo zero virgola zero allo zero virgola qualcosa, ma siamo ben lontani anche dall’un per cento di visibilità. E non è solo un problema di quantità ma anche di qualità dell’informazione. Perché anche chi è intenzionato ad andare a votare, se segue le tribune politiche viene disincentivato. Sui quesiti, purtroppo non scelgo io i testi ma la Cassazione. E il cortocircuito è proprio questo: facciamo referendum sui magistrati e a decidere i quesiti sono gli stessi magistrati.

L’ex procuratore Armando Spataro ieri ha parlato di «spinta populista» e di «ansia punitiva nei confronti della magistratura». Cosa risponde?

Sono felice dell’atteggiamento di Spataro, perché mi fa pensare di essere ancora più nel giusto. Io ho messo la faccia in questo referendum ma posso assicurare che non l’ho fatto contro la magistratura. Ritengo che la stragrande maggioranza dei magistrati siano competenti e indipendenti, ma sono gli stessi che non si fanno sentire perché lavorano tutti i giorni negli uffici. Poi c’è quella casta minoritaria legata al consociativismo che difende solo se stessa. Purtroppo si è rotto l’equilibrio dei poteri citato da Montesqueiu e oggi la magistratura non è uno dei poteri ma il Potere, con la p maiuscola.

Come si è arrivati a questo punto?

Grazie al controllo capillare dei magistrati sugli altri poteri dello Stato. Basti pensare che c’è una loro rappresentanza alla presidenza della Repubblica e anche a palazzo Chigi. Per fare un esempio concreto, riguardo alla legge sul rinnovo delle concessioni balneari era stato approvato un emendamento che stabiliva che le gare sarebbero ripartite nel 2033. Poi il Consiglio di Stato ha anticipato la data di dieci anni. Ma i magistrati dovrebbero applicare le leggi, non scriverle o inventarsele.

Luciano Violante ha spiegato sul Dubbio che i quesiti «sanno di vendetta della politica contro la magistratura», ma ha specificato che voterà sì a quello sulla Severino. Si aspettava questa presa di posizione?

Fermo restando che ho il massimo rispetto di Violante, che è stato un grande presidente della Camera, va detto che anche lui era un magistrato. Detto questo mi chiedo: è un intento punitivo pretendere che i membri del Csm siano indipendenti e non legati alle correnti? Il fatto che ci sia una separazione delle funzioni da giudice a pm non credo abbia niente di punitivo. Lo sosteneva lo stesso Giovanni Falcone, figuriamoci. La valutazione dei magistrati affidata anche ad avvocati e professori di diritto è qualcosa di equo, non di punitivo. Oggi il 99,8 per cento dei magistrati ha la qualifica di eccellenza, perché si giudicano tra di loro. È chiaro che così la meritocrazia sparisce. Se poi mi dicono che può essere punitiva la limitazione all’abuso della custodia cautelare, questo non lo accetto. Perché non può esistere un paese civile dove il 40 per cento della popolazione carceraria è in attesa di giudizio, un 20 per cento è in attesa di giudizio di primo grado, e mille innocenti vengono tenuti in ingiusta detenzione tanto che lo Stato spende 28 milioni e mezzo di euro in risarcimenti.

Sulla Severino, chi vota No, in primis il Pd, teme che con l’abrogazione si rischia di vedere i mafiosi candidarsi a cariche pubbliche. Cosa risponde?

Rispondo che con l’abrogazione si aumenta addirittura il potere dei magistrati, verso i quali riponiamo fiducia. Chi viene condannato per mafia non si potrà mai più candidare. E comunque, per gli altri tipi di reati, una volta recuperata la propria posizione c’è l’obbligo di pubblicazione degli estratti dei casellari giudiziari. Dunque sarà l’elettore a decidere se punire o meno i fatti per cui qualcuno è stato condannato, dopo che ha espiato la propria pena. Se il mafioso potrà candidarsi sarà semplicemente perché qualche giudice ha preso la decisione sbagliata.

Più volte lei ha detto che non si pente di aver condotto questa battaglia: come si sente a pochi giorni dal voto?

Sono rammaricato del non accoglimento del quesito sulla responsabilità diretta dei magistrati. Mi addolora moltissimo, perché è il quesito sul quale avevo lavorato di più. Credo sia giusto che quei 28 milioni e mezzo citati prima debbano essere posti a carico dei magistrati che hanno sbagliato e non dello Stato. Non capisco perché lo stesso quesito che nel 1987 è stato accolto e approvato, nel 2022 venga dichiarato irricevibile. Ma non posso che riscontrare che in un solo giorno sono stati rifiutati tre quesiti, che erano anche quelli più attrattivi per la popolazione.